Un po' Succession

La saga transatlantica di Springer e Politico

Michele Masneri

La startup delle news è diventata tedesca. Come si è arrivati a pagare 1 miliardo quello che solo sei anni fa valeva un quarto?

Quando si parla di acquisizioni europee negli Stati Uniti, quasi sempre si tratta di biscottifici che rilevano merendine o viceversa, così fa un po’ impressione che una delle più ganze startup informative americane sia passata in mano tedesca.

 

La vicenda è nota: “Politico”, il sito washingtoniano di news, è stato rilevato dalla berlinese Axel Springer, per un miliardo di dollari. Certo non sono i 15 miliardi pagati da Lvmh per Tiffany, e però in questo caso è una succosa “Succession” familiare transatlantica. Robert Allbritton, cinquantadue anni, fondatore di Politico, è figlio di Joe, morto nel 2012, imprenditore prima cimentatosi con le banche e poi con le televisioni e i giornali. Acquistato il “Washington Star” nel ’75, lo voleva trasformare in un rivale destrorso del più compassato “Post” (un po’ “Il Tempo” americano, insomma). Ma nel 2007 il figlio fonda “Politico”, una specie di “Airone” che invece che spiegare le meduse spiega con la precisione dell’entomologo la politica, tutto un rimescolare di fatti washingtoniani, quello di cui si parla in quelle cene da “Heartburn” di Nora Ephron.

 

Per dirigerlo chiama due talentuosi del Post, Jim VandeHei, e John Harris. Cooptano poi  una vecchia volpe del “Time” magazine, Mike Allen. Nel 2013 il giovane Allbritton vende tutto il mammozzone mediatico di famiglia tenendosi solo il piccolo sito Internet. Due anni dopo, nel 2015, la Springer, che pubblica la “Bild” e “Die Zeit”, già socia nella versione europea del gruppo (“Politico Europe”), propone di rilevarlo per duecentocinquanta milioni di dollari, ma l’erede rifiuta suscitando le ire di VandeHei, a quel punto amministratore delegato, che per ripicca va a fondare quella che è oggi un altro gioiello dell’informazione online americana, “Axios”.

 

Tutta la storia è insomma pura autobiografia dei nuovi media (e la racconta colui che incarna al massimo questa autobiografia: Ben Smith, già capoccione della popolare Buzzfeed e oggi analista media chic al vecchio “New York Times”): nei mesi scorsi sembrava che “Axios” fosse in trattativa per vendere a Springer, scrive, forse per mettere i bastoni tra le ruote a "Politico" (insomma, non si sono lasciati bene). Ma forse Springer si potrebbe comprare entrambi, e VandeHei sovrintendere a questa costola americana del gruppo berlinese.

 

Secondo Smith è particolarmente interessante poi la ratio economica dell’operazione: come si è arrivati a pagare 1 miliardo quello che solo sei anni fa valeva un quarto? Non si tratterebbe tanto di bolla, piuttosto del fatto che i tedeschi hanno in cassa un sacco di soldi, da quando due anni fa la vedova Springer ha ritirato l’azienda dalla Borsa e venduto la maggioranza al fondo Kkr per più di 3 miliardi di dollari. Però questi di Kkr non è che si divertano a buttar soldi: sono infatti passati i tempi in cui gli Allbritton dovevano rifondere attualmente le casse di Politico.

 

Da dieci anni a tenere in piedi la baracca è una specie di uber-abbonamento, “Politico Pro”, informazioni molto di nicchia fondamentalmente per lobbisti: come e quando si riuniscono comitati e commissioni, roba di questo genere: magari non emozionante, ma un abbonamento parte da 10.000 dollari annuali: dunque i conti vanno benissimo (e forse i tedeschi vorranno fare un po’ di spionaggio a Washington, o forse gli pare solo un buon investimento, che mettere i soldi in banca si sa che non frutta niente, di questi tempi). 

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