anticipi di fantascienza

Lo spazio di Musk, Bezos e Branson apre la new èra di Internet

Umberto Minopoli

L’investimento privato sta, letteralmente, rivoluzionando il volo spaziale: nuove filosofie di volo, razzi di nuova concezione, combustili e materiali innovativi, capsule abitabili e con alto grado di automazione. ma il vero boost è la rete per tutti

Che emozioni evoca la gara, a colpi di pillole di fantascienza, tra Jeff Bezos, Richard Branson ed Elon Musk (quello più avanti di tutti)! La prima, purtroppo, è un po’ triste: è una gara, tutta e solo, americana. L’Europa appare lontana, ma anche Cina e Russia lo sono. L’impresa privata Usa sta, intanto, risolvendo il più grande handicap della corsa allo spazio, almeno, dalla fine (esattamente mezzo secolo fa) delle missioni lunari del programma Apollo: quello del budget per lo spazio. Solo la Nasa può contare su risorse private che alleggeriscono l’Agenzia pubblica dal carico totale della spesa: dalla progettazione, all’ingegneria dei prototipi, al dispiegamento delle macchine. L’investimento privato sta, letteralmente, rivoluzionando il volo spaziale: nuove filosofie di volo, razzi di nuova concezione, combustili e materiali innovativi, capsule abitabili (simili a camere di albergo) e con alto grado di automazione, manovrabili, persino, da equipaggi non esperti.

  

Gli oggetti di Musk, Bezos e Branson sono, per tanti aspetti, sorprendenti anticipi di fantascienza. Intanto uno: umani comuni, non astronauti di professione, che vanno oltre la linea di Karman. E’ quella sorte di confine ideale, ma anche reale, dove il guscio dell’atmosfera finisce e inizia lo spazio vuoto. È una frontiera vera: comincia a 100 km sopra il livello del mare (per l’esattezza 91.400 m). A quell’altezza, le molecole dei gas in aria si fanno così poche, rarefatte e separate tra loro, che il cielo cambia: si inverte il rapporto tra la forza di Keplero (spinta centrifuga) e portanza, la spinta dell’aria, che consente ad un velivolo di non precipitare o sfuggire e restare in alto. Insomma lì inizia lo spazio di Newton e Keplero: i corpi celesti si danzano intorno, nel vuoto assoluto, governati dalla sola legge magica, pura e matematica, della gravità. Il resto è l’esperienza raccontata da Bezos e dai suoi ospiti miliardari: provare l’assenza di peso o ammirare la perfetta rotondità della terra: che magnifico racconto per qualche ostinato terrapiattista.

 

Ma c’è ben altro dietro le avventure dei ricchi imprenditori americani: innovazioni tecnologiche rivoluzionarie che schiudono davvero alla space economy, al cosmo del terzo millennio. Anzitutto, la recuperabilità dei velivoli spaziali. Sinora, ovviamente, si recuperavano, avventurosamente, nei non numerosissimi voli umani del secolo scorso, solo le capsule abitate. Tutto il resto, con le costose tecnologie a bordo, finiva in detrito o rifiuto. L’atterraggio verticale dello stadio (booster) del Blue Shepard, ammirato in tv – che fa seguito ad atterraggi analoghi dei razzi di Musk – apre un’epoca nuova. Grazie al recupero del missile in ogni sua parte (lanciatore e booster) si potranno moltiplicare, a prezzi sostenibili, i servizi di trasporto orbitali di merci e persone. Che diventeranno numerosi e frequenti per dispiegare le nuove infrastrutture spaziali: moduli e componenti di nuove stazioni orbitali o cislunari; componenti e materiali per le prossime basi abitabili sul nostro satellite.

 

La recuperabilità e il riutilizzo sono la chiave di quello che Musk chiama l’Interplanetary Trasport System (ITS) che dà il nome ai suoi innovativi lanciatori. Il fondatore di Space X e quello di Amazon hanno due filosofie diverse del futuro volo abitato: Musk lavora per Marte; Bezos sogna nuove grandi città abitate, ma più vicine e raggiungibili dalla Terra che il pianeta rosso. La filosofia è diversa, ma le esigenze tecnologiche per realizzarle sono le stesse: razzi recuperabili, capsule di trasporto umano per equipaggi numerosi, combustibili (e altri prodotti organici) per il ritorno da produrre in loco, risoluzione delle problematiche sanitarie (radiazioni cosmiche) per la vita nello spazio. Tutto questo è un ambito di ricerca, di prototipi e di nuove tecnologie.

  

Gli americani hanno abbattuto le paratie: fine del monopolio pubblico o militare; l’investimento privato concorre a tutte le fasi, dalla progettazione alla realizzazione delle missioni, dalle tecnologie del volo a quelle dei moduli abitabili, dalla costruzione delle infrastrutture alla gestione delle attività commerciali per ripagare gli investimenti. I lanciatori e le navicelle di SpaceX, Virgin e Blue Origin hanno anche un retropensiero: l’idea di essere utilizzate non solo per volare in alta atmosfera o fuori di essa.

  

L’idea e’ di rivoluzionare anche il trasporto aereo terrestre, annullando con gli spazioplani del futuro le attuali distanze fra punti diverse della terra: per ridurle tutte a velocità di minuti. La nuova filosofia Usa produce anche esperienze inedite e solleva interrogativi curiosi e molto attuali. Chi direbbe, ad esempio, che Elon Musk ha ridimensionato la funzione dell’idrogeno nelle camere di combustione dei suoi razzi? Per riscoprire, invece, quella del bistrattato metano? Con un ragionamento su cui riflettere: la molecola dell’idrogeno è talmente piccola, rispetto a quella carbonica del “gas di città” da risultare incontenibile dai reticoli cristallini delle condutture di metallo e, anche, da quelle nei nuovi materiali in composito o fibre di carbonio. Ma ancora, in controtendenza con diffuse convinzioni green, per risolvere problemi di peso o taratura e resistenza dei suoi veicoli spaziali, Musk si è prodotto in una sorprendente rivalutazione dei vecchi materiali: a partire dall’acciaio.

  

Nella visione degli imprenditori Usa, checchè se ne dica, l’economia dello spazio non comincia dal turismo: quisquiglie. Il vero boost è uno: Internet per tutti. La portata egualizzante delle nuove tecnologie di comunicazione, con l’enorme possibilità di migliore qualità della vita di tutti, con i servizi che consentono – medicina, sicurezza, cultura alimentare – schiudono a una rivoluzione egualitaria (oltre che ad un colossale mercato).

     

Ma Internet per tutti significa una nuova architettura delle comunicazioni satellitari: non più solo i grandi satelliti in orbita geostazionaria, ma una rete di satelliti più piccoli e diffusi che gestiscono segnali da portare al singolo smartphone. Musk con Starlink (42.000 satelliti) e Bezos con Kuiper (3.200 satelliti) si sfidano anche su questo. Ma il dispiegamento di questa flotta pone, anche, problemi enormi: di affollamento delle orbite, di conflitti tra satelliti per varie funzioni, di moltiplicazione dei detriti orbitali. E schiude all’esigenza di nuove regolazioni nell’uso dello spazio. Davvero Musk, Bezos e Branson ci stanno portando in una nuova era.

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