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editoriali

La guerra alla plastica

Redazione

Oltre le giuste intenzioni, i problemi dei divieti a un’industria in evoluzione

Sabato prossimo entra in vigore la direttiva europea sulla plastica monouso, che mette al bando molti prodotti come cannucce, posate, cotton fioc e così via, accusati di contribuire all’inquinamento dei mari. Le nuove regole si inseriscono nel solco dello sforzo dell’Ue di reclamare, e ostentare, la leadership globale in campo ambientale. Ma è davvero così? Ci sono almeno due aspetti da considerare. Il primo: è vero che i prodotti monouso sono causa di un gigantesco problema ambientale, ma questo dipende solo per una piccolissima parte dal comportamento degli europei. Dei 380 milioni di tonnellate di plastica prodotti globalmente ogni anno, il 3 per cento finisce nei mari: solo il 3-4 per cento di tale quota arriva dall’Ue. La gran parte proviene dalle turbolente economie asiatiche. Questa asimmetria suggerisce che il problema non sta tanto nell’uso della plastica, quanto nel suo corretto smaltimento.

Il tema della plastica monouso è, insomma, assai rilevante a livello mondiale, molto meno nei paesi industrializzati. In ogni caso – si dirà – per quanto ridotto, ogni contributo è il benvenuto. Vero. Ma arriviamo qui al secondo aspetto: nel furore che muove alcune delle decisioni di Bruxelles in campo ambientale, l’applicazione della direttiva è stata estesa anche a prodotti quali la plastica compostabile e gli imballaggi in carta plastificata. Due strumenti fondamentali per rendere sostenibile l’uso della plastica e nei quali, peraltro, l’industria italiana è all’avanguardia. La Commissione Ue ha riconosciuto la fondatezza delle critiche, impegnandosi col ministro Roberto Cingolani a risolvere il problema, ma tant’è. Al di là delle questioni specifiche, c’è comunque un dato generale: se usiamo tanto la plastica è perché ha caratteristiche di igiene, resistenza, peso che la rendono difficilmente sostituibile. Se avessimo avuto dei dubbi, ce li ha tolti la pandemia. Anziché condurre una guerra pregiudiziale, allora, sarebbe meglio concentrarsi sulle plastiche sostenibili e sull’adozione di adeguati processi di raccolta e smaltimento.

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