Stefano Caselli, pro rettore dell’Università Bocconi di Milano (Ansa) 

Il risiko della banche

Banche? Draghi guiderà l'éra delle fusioni. Parla Caselli (Bocconi)

Mariarosaria Marchesano

"Non sbaglia chi pensa che una stagione europea di aggregazioni bancarie possa partire dall’Italia”, dice il pro rettore della Bocconi. E il governo è pronto a fare la sua parte

A volte le cose accadono anche per caso: Fininvest ha venduto il suo pacchetto del 2% in Mediobanca per questioni di liquidità in vista di importanti operazioni e anche forse perché non aveva più senso far parte di un accordo di consultazione come quello che oggi riunisce i soci storici di piazzetta Cuccia. Il Biscione deve aver pensato che meglio sarebbe stato approfittare dell’attivismo di Leonardo Del Vecchio su Mediobanca per incassare 174 milioni di euro da destinare ad altri investimenti. Non c’è prova che sia stato il patron di Luxottica a comprare da Fininvest salendo così al 15,4% del capitale con in tasca l’autorizzazione della Bce per arrivare al 20. Comunque sia andata, la motivazione che la società della famiglia Berlusconi ha dato all’operazione avvenuta con il supporto di Unicredit in qualità di broker dovrebbe far riflettere su quanto le cose stiano cambiando in Mediobanca che è sempre meno salotto finanziario e sempre più una merchant bank, sotto scalata, con un gioiello della corona: la partecipazione di controllo in Generali.

 

 Da tempo si ipotizza che ci potrebbe essere l’interesse per la compagnia del Leone dietro le manovre di Del Vecchio. In realtà, la strategia dell’imprenditore non è chiara, così come si sa poco delle motivazioni che hanno spinto Francesco Gaetano Caltagirone a entrare in Mediobanca con l’1% e allo stesso tempo a manifestare dissenso nei confronti della governance di Generali che, però, sotto la guida di Philippe Donnet continua a raggiungere buoni risultati. Una cosa è certa: questa è una fase in cui alcuni tipi di azionisti (Caltagirone e Del Vecchio tra questi) sembrano meno attenti alle performance sui profitti e prestano più interesse alle scelte strategiche. “La spinta che il governo Draghi sta dando a fusioni e aggregazioni bancarie – ci dice Stefano Caselli, pro rettore dell’Università Bocconi – sta andando al di là del tentativo di risolvere il problema Mps perché rappresenta un obiettivo politico in linea con l’indirizzo europeo. Il momento di muoversi è adesso perché gli investitori internazionali stanno tornando a rivolgere l’attenzione nei confronti dei gruppi finanziari e quelli del nostro paese sono solidi. Non sbaglia chi pensa che una stagione europea di aggregazioni bancarie possa partire dall’Italia”.

 

Caselli, però, dice di non credere che un tale processo possa spingersi fino al punto di favorire un matrimonio tra Unicredit e Mediobanca. “Sul mercato saranno vincenti gli operatori specializzati, e Mediobanca lo è come banca d’investimenti, o quelli che sapranno guardare a una dimensione europea e immagino sia l’obiettivo a cui Unicredit punti con una guida come Andrea Orcel. Ed è senz’altro il ruolo che potrebbe giocare un grande gruppo come Generali”. L’Italia può dominare il risiko europeo e anche per questo il governo  è disposto a sostenere le fusioni bancarie con incentivi fiscali che si calcola potrebbero avere un impatto di 7-8 miliardi sul settore. Ovviamente, nella partita deve rientrare Mps per la quale si sta profilando la soluzione spezzatino con una parte degli asset, quelli toscani, che andrebbero a Unicredit e la restante parte che resterebbe nell’orbita del Mediocredito centrale, quindi dello stato. Una privatizzazione a metà, ma digeribile dal momento,  conclude Caselli, che “rientra in uno scenario più ampio di potenziamento del sistema finanziario dell’Italia nell’anno del Recovery plan”. 

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