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I tre cambiamenti per rilanciare la crescita nel Mezzogiorno

Carlo Amenta

Per valorizzare il sud è arrivato il momento di cambiare paradigma, analizzando gli errori del passato per costruire politiche più efficaci

Ieri si sono chiusi gli “Stati Generali” sul Sud promossi dalla ministra Mara Carfagna. Il senso dell’iniziativa sta nella necessità di creare un dibattito che consenta di indirizzare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).  L’iniziativa segue di qualche mese la presentazione del “Piano Sud” dell’ex ministro Giuseppe Provenzano nel quale hanno trovato posto, oltre ai consueti piagnistei retorici per le risorse scippate dal nord cattivo e affamatore, anche iniziative di corto respiro come la defiscalizzazione dei contributi previdenziali, finalizzata alla riduzione del costo del lavoro. Una misura che ha avuto effetti positivi sulla crescita solo nel breve periodo.

Il Piano Sud ha certamente trovato ampio spazio nel Pnrr che ne replica molte delle proposte. Ed entrambi, Piano Sud e Pnrr, sembrano basati perlopiù su incentivi di breve respiro e sul vecchio adagio, tanto caro allo Svimez, del “chi più spende più guadagna”. Non basterà. Serve una severa analisi degli errori del passato per costruire politiche più efficaci e i riferimenti alla migliore qualità della spesa del Pnrr non devono restare lettera morta. E’ arrivato il momento di cambiare paradigma lavorando su 3 direttrici: – maggiore efficienza dei processi di spesa negli investimenti; – lotta alla criminalità organizzata ed efficiente riallocazione delle risorse confiscate; – maggiore libertà per le imprese e riduzione generalizzata della tassazione. Il gap infrastrutturale tra le diverse aree del paese non è certo una novità e appare ormai intollerabile. Senza infrastrutture, ivi comprese quelle di natura digitale, non sarà possibile tornare a crescere. Se da un lato è vero che le risorse nazionali per gli investimenti si sono negli anni ridotte, quelle di provenienza comunitaria sono state ingenti e spesso non utilizzate al meglio. Al netto di evidenti problemi legati alla farraginosità delle norme di spesa comunitaria, resta una evidente incapacità delle strutture pubbliche di spendere. Non è un problema di “quanto” ma di “come”. Il problema delle competenze di una burocrazia pubblica mediamente anziana e poco moderna è evidente e speriamo si possa risolvere con l’assunzione delle 2.800 “nuove professionalità”. Innovare la Pubblica amministrazione significa però rivedere gli incentivi individuali, investire su software e hardware che riducano il ricorso all’intervento umano e definire le responsabilità in modo più chiaro e meno rigido, superando le resistenze al cambiamento e le pulsioni corporativistiche. La lotta alla criminalità organizzata resta il più grande successo dello stato al Sud. Alcune organizzazioni criminali sono state fortemente ridimensionate e la strategia ispirata da Giovanni Falcone del “follow the money” ha portato all’utilizzo efficiente dei provvedimenti di natura patrimoniale. L’equilibrio tra rispetto dei diritti individuali ed efficacia di queste misure deve essere un obiettivo costante ed è necessario un cambio di passo sulla riallocazione delle risorse confiscate.

 

Vanno rafforzate le competenze di natura economica e gestionale dell’Agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata (Anbsc), consentendogli di velocizzare le procedure di assegnazione dei beni e quelle di valutazione delle prospettive economiche delle imprese confiscate. Le imprese sono un volano fondamentale della crescita economica. Al Sud sono spesso impegnate a orientare le proprie competenze verso la cattura di fondi pubblici più che a comprendere le dinamiche di mercato. Serve un’attenta analisi dei processi di autorizzazione delle iniziative private per eliminare sovrapposizioni di competenze e ridurre i tempi. Vanno eliminati tutti i sussidi alle imprese, orientando queste risorse verso una riduzione generalizzata della loro tassazione. Imprese libere di creare e investire sono l’unica soluzione possibile per la crescita economica. Nel Mezzogiorno serve più libertà e un ruolo meno invasivo del pubblico: non ci abbiamo mai provato, vale la pena tentare.