Foto LaPresse

La mossa di Lagarde

Guido Tabellini

La Bce non fa passi indietro sui titoli di stato e si prepara così al duello con la Fed

Due erano gli interrogativi su cosa avrebbe fatto la Banca Centrale Europea (BCE). Primo, se avrebbe aumentato gli acquisti dei titoli di stato, per contrastare l’aumento dei tassi di interesse indotto dalla svolta nella politica fiscale americana. Nonostante l’aumento dei tassi sulla parte lunga della curva per scadenze, finora gli acquisti settimanali della BCE erano rimasti invariati. Tra marzo e giugno 2020, la BCE acquistava in media 27 miliardi di Euro di titoli di stato ogni settimana nell’ambito del programma PEPP creato per reagire allo shock economico della pandemia. Da luglio 2020 la media settimanale degli acquisti è scesa a 15 miliardi, rimanendo intorno a questi livelli fino a oggi. Nell’ultima settimana la BCE ha acquistato poco meno di 12 miliardi, al netto dei titoli in scadenza, sotto le aspettative del mercato. 

 

Il secondo interrogativo, altrettanto importante, era se, nel caso di maggiori acquisti, questi sarebbero avvenuti nell’ambito del PEPP, oppure nell’ambito del programma di acquisti già avviato prima della pandemia. La risposta è tutt’altro che irrilevante, perché il PEPP è molto più flessibile; in particolare non è soggetto ai vincoli su come gli acquisti vengono distribuiti tra paesi in relazione alla loro partecipazione nel capitale della BCE – vincoli che invece riguardano l’altro programma di acquisti. L’aumento dei tassi internazionali è dovuto alla politica fiscale americana, non alla pandemia, e quindi potrebbe non esservi ragione per usare il più flessibile PEPP.

 

La presidente Lagarde ha risposto a entrambi gli interrogativi in maniera positiva per l’economia europea. Nel corso del prossimo trimestre la BCE aumenterà significativamente gli acquisti dei titoli di stato, per contrastare il peggioramento delle condizioni finanziarie legato agli eventi internazionali. E lo farà nell’ambito del più flessibile PEPP. Questa decisione è un’ulteriore conferma che, durante le circostanze eccezionali causate dalla pandemia, la BCE non starà a guardare, e farà tutto ciò che le è concesso per sostenere l’economia della zona Euro.  Su questo non devono esserci dubbi.

 

Tutto bene quindi, e almeno sul fronte della politica monetaria possiamo dormire sonni tranquilli? Fino a un certo punto. Gli Stati Uniti sono una delle incognite. Molti pensano che in quel paese sia in corso un vero e proprio cambiamento di regime economico. Negli ultimi quarant’anni, la politica monetaria americana è sempre riuscita a tenere bassa l’inflazione. Questo potrebbe cambiare nei prossimi anni. L’espansione fiscale americana arriva in un momento in cui l’economia americana è già in forte ripresa, e ha dimensioni così ingenti che è ragionevole aspettarsi un aumento dell’inflazione. Un po’ di inflazione oggi sarebbe benvenuta. La scommessa dell’amministrazione Biden e della banca centrale americana è che, anche se l’inflazione salirà, sarà un aumento temporaneo. Una delle ragioni è che effettivamente, a differenza di quanto accadde negli anni ’70, lo stimolo fiscale americano è concentrato soprattutto nel 2021-22 e poi tende ad esaurirsi. Tuttavia l’andamento dell’inflazione è molto difficile da prevedere. Non si può affatto escludere che l’incendio causato da una fiammata inflazionistica risulti molto più difficile da spegnere di quanto oggi appaia alle autorità americane. Se questo dovesse accadere, le ripercussioni internazionali sarebbero profonde, e anche la politica monetaria europea potrebbe essere costretta a fare scelte difficili e controverse. Ma questo riguarda un futuro non prossimo. Fino a che il Covid-19 sarà diffuso in Europa, la BCE continuerà a tenere aperto il suo ombrello protettivo.

Di più su questi argomenti: