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Editoriali

Un’Italia da Draghi in Europa

Redazione

Cambiare le regole fiscali Ue è possibile, ma serve affidabilità nelle riforme

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Lo choc della pandemia ha portato alla sospensione del Patto di stabilità, ma ha anche avviato una discussione sulla modifica della costituzione fiscale europea. “Per più di tre decenni, le politiche fiscali dei paesi membri dell’Ue sono state vincolate da regole sempre più complesse costruite intorno a obiettivi comuni di debito e deficit”, scrivono in un articolo sulla rivista Grand Continent Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, e gli economisti Álvaro Leandro e Jeromin Zettelmeyer.

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Lo choc della pandemia ha portato alla sospensione del Patto di stabilità, ma ha anche avviato una discussione sulla modifica della costituzione fiscale europea. “Per più di tre decenni, le politiche fiscali dei paesi membri dell’Ue sono state vincolate da regole sempre più complesse costruite intorno a obiettivi comuni di debito e deficit”, scrivono in un articolo sulla rivista Grand Continent Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, e gli economisti Álvaro Leandro e Jeromin Zettelmeyer.

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“C’è un ampio consenso sul fatto che le regole dovranno essere riformate prima di essere ripristinate – a causa degli elevati livelli di debito contratti durante la pandemia, ma anche per affrontare i loro difetti di lunga data”. Siccome “nessuna regola può adattarsi alla diversità delle situazioni possibili”, la proposta di Blanchard e colleghi è quella di “scartare le regole fiscali in favore di standard fiscali”. Insomma, l’idea è quella di sostituire i parametri rigidi come i limiti al 3% di deficit/pil e del 60% di debito/pil, che poi vengono applicati in maniera flessibile dalla Commissione europea con una serie di eccezioni, con standard interpretabili in maniera flessibile che poi vanno fatti rispettare in maniera più rigida da istituzioni come la Corte di giustizia Ue. Una riforma del genere è complicata perché richiede la riforma dei trattati. Ma sulle regole fiscali una cosa conta più di tutte: la fiducia tra gli stati. In questo senso l’Italia di Mario Draghi può aprire una discussione in Europa e trovare orecchie attente, ma solo se tutta la classe politica italiana mostra serietà nel percorso di riforme e di controllo conti pubblici. Insomma, se l’Italia si mostra affidabile ai partner europei e non pronta ad approfittare della crisi per spendere senza cambiare ciò che non funziona. Se in Europa invece si diffonde l’idea che Draghi è solo una parentesi tra una sbornia populista e l’altra, la discussione sulle nuove regole fiscali è già chiusa.

 

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