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L’effetto Draghi su Mps e consolidamento bancario

Mariarosaria Marchesano

Caso Montepaschi e crediti deteriorati, cosa può cambiare nella gestione dei dossier più delicati con l'insediamento del nuovo governo 

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“Penso che con il governo Draghi non vedremo più quel protagonismo sul consolidamento bancario che ha caratterizzato gli ultimi anni. A volte ho sentito esponenti del Parlamento e anche del governo spiegare chi dovesse fondersi con chi e anche come dovesse farlo. Detto questo, è molto probabile che nuova ondata di fusioni tra banche avvenga e anche molto presto, ma io dico: attenzione, non tutti i consolidamenti generano risultati positivi o non ne generano nella misura attesa. Bisogna stare attenti a che queste operazioni non abbiano, come spesso accade in Italia, una connotazione difensiva perché questo finirebbe con l’indebolire il sistema bancario e non per renderlo più forte”. Nicola Rossi, economista (Università di Roma Tor Vergata) e presidente dell’Istituto Bruno Leoni, è tra gli osservatori più critici delle manovre messe in atto finora dal Mef per cercare uno sbocco al caso Montepaschi perché, spiega, non è dato di sapere se siano state considerate tutte le alternative possibili – per esempio riducendo il perimetro operativo della banca entro i confini regionali – per evitare di gravare ancora una volta sulle tasche dei contribuenti. Mentre la questione è stata posta in termini tali da condizionare le scelte di altri operatori di mercato.

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“Penso che con il governo Draghi non vedremo più quel protagonismo sul consolidamento bancario che ha caratterizzato gli ultimi anni. A volte ho sentito esponenti del Parlamento e anche del governo spiegare chi dovesse fondersi con chi e anche come dovesse farlo. Detto questo, è molto probabile che nuova ondata di fusioni tra banche avvenga e anche molto presto, ma io dico: attenzione, non tutti i consolidamenti generano risultati positivi o non ne generano nella misura attesa. Bisogna stare attenti a che queste operazioni non abbiano, come spesso accade in Italia, una connotazione difensiva perché questo finirebbe con l’indebolire il sistema bancario e non per renderlo più forte”. Nicola Rossi, economista (Università di Roma Tor Vergata) e presidente dell’Istituto Bruno Leoni, è tra gli osservatori più critici delle manovre messe in atto finora dal Mef per cercare uno sbocco al caso Montepaschi perché, spiega, non è dato di sapere se siano state considerate tutte le alternative possibili – per esempio riducendo il perimetro operativo della banca entro i confini regionali – per evitare di gravare ancora una volta sulle tasche dei contribuenti. Mentre la questione è stata posta in termini tali da condizionare le scelte di altri operatori di mercato.

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Il punto è che fino a quando non sarà sciolto il nodo Mps nessun operatore oserà fare la prima mossa perché potrebbe suonare come un intralcio a Palazzo Chigi. Questo è un po’ il clima che si è creato. Rossi si augura che il cambio della guardia al Mef, da Roberto Gualtieri a un fedelissimo di Draghi come Daniele Franco, porti non solo a un cambio di passo ma anche a dichiarare pubblicamente quanto è costato fino a oggi alle casse dello stato togliere dai guai Mps tutte le volte (35 miliardi, secondo le stime di alcuni analisti ma c’è chi sostiene che il conto finale potrebbe salire a 50 miliardi). “Spesso si ripete che la priorità è salvaguardare la stabilità finanziaria, ma non si considera abbastanza che quando si spinge una realtà sana a inglobarne una malata il risultato è di rendere più fragile il sistema”. Le aggregazioni, secondo questa visione, hanno senso se realizzate per affrontare con una base più ampia la sfida digitale, che implica investimenti elevati, e per crescere di dimensione. Eppure, la spinta che arriva dalla vigilanza europea, che arriva a sollecitare operazioni tra banche di paesi diversi, viene motivata con la necessità di fare fronte all’ondata pandemica di crediti deteriorati il che è di per sé una strategia di difesa.

 

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“Mi domando perché parliamo ancora di consolidamento in Italia se dopo l’operazione Intesa-Ubi e data per acquisita l’opa di Credit Agricole su Creval, il tasso di concentrazione di mercato delle prime cinque banche sale al 56 per cento contro il 31 per cento della Francia e il 48 per cento della Germania”, osserva Mario Comana, economista dell’Università Luiss ed esperto di gestione bancaria. “Siamo dopo la Spagna il paese con la concentrazione di credito più elevata in Europa e mi pare che non si consideri abbastanza la necessità di preservare una giusta dose di libera concorrenza nel settore bancario a beneficio di cittadini e imprese. Detto questo, sono d’accordo che risolvere il problema Mps debba essere una priorità e confido che con il nuovo assetto di governo venga archiviato una volta per tutte quel disegno pasticciato di accorpare Siena con Popolare di Bari sotto la regia del Mediocredito centrale. Ma direi anche che bisogna separare le questioni: il consolidamento, a torto o a ragione che sia, è una cosa e i salvataggi sono tutt’altra”. Una svolta su Siena, comunque, ci sarà e considerato lo stile del nuovo presidente del consiglio e del nuovo capo del Tesoro arriverà in breve tempo e senza che venga accompagnata da troppe indiscrezioni alla vigilia. “Il prestigio del governo Draghi potrebbe far aumentare l’attrattività del sistema bancario italiano nei confronti dei gruppi esteri – dice Andrea Monticini, professore di finanza all’Università Cattolica – E potrebbe anche dare una mano al capo della vigilanza, Andrea Enria, che sta cercando una soluzione condivisa per affrontare il tema degli npl. E’ possibile che tra i due si possa creare un asse di collaborazione in questo senso. In più la riduzione dello spread che è stata registrata migliora la posizione di tutte le banche esposte nei confronti del debito italiano. In questo quadro non mi sembra difficile immaginare che anche una soluzione per Montepaschi potrebbe arrivare più dall’estero che dall’Italia”.

 

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