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editoriali

La concertazione che ci piace

Redazione

Il silenzio di Draghi davanti alle parti sociali si tradurrà presto in scelte politiche

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Mario Draghi ieri ha fatto una bella scorpacciata di ascolto, una prova dura anche per le orecchie più disponibili. Praticamente un’intera giornata, tranne si spera una pausa pasto, a sentire cosa avessero da dirgli pressoché tutte le rappresentanze immaginabili tra quelle dei lavoratori, delle imprese, dell’associazionismo. Presi tutti un po’ in contropiede, perché non avevano mai partecipato a incontri con un presidente incaricato, condotti e organizzati nello stile delle consultazioni politiche per formare un governo. E anche per questa ragione erano tutti in cerca di una giusta sintassi, di qualche appiglio per capire come comportarsi.

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Mario Draghi ieri ha fatto una bella scorpacciata di ascolto, una prova dura anche per le orecchie più disponibili. Praticamente un’intera giornata, tranne si spera una pausa pasto, a sentire cosa avessero da dirgli pressoché tutte le rappresentanze immaginabili tra quelle dei lavoratori, delle imprese, dell’associazionismo. Presi tutti un po’ in contropiede, perché non avevano mai partecipato a incontri con un presidente incaricato, condotti e organizzati nello stile delle consultazioni politiche per formare un governo. E anche per questa ragione erano tutti in cerca di una giusta sintassi, di qualche appiglio per capire come comportarsi.

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Non era il tavolo delle trattative, né il classico confronto sulla manovra. E’ stata una presentazione di problemi e di opportunità. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, andando davanti ai microfoni, appunto come si esce da una consultazione politica, preso dal clima, ha utilizzato una formula forse non proprio adatta al ruolo di parte sociale, dicendo che “abbiamo espresso al premier il nostro più convinto sostegno all’azione che vorrà intraprendere”. Intendendo evidentemente che i progetti per la crescita economica avranno l’appoggio di Confindustria, ma lasciando qualche ambiguità nell’uso del termine “sostegno” che, riguardo a un governo, dovrebbe essere appannaggio solo dei partiti.

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Ma, appunto, era forse quasi un lapsus dovuto alla situazione insolita. Per il resto Confindustria intende, come tutti gli altri, avere un ruolo nella definizione del piano nazionale di ricostruzione. Bonomi ha detto anche di aver informato Draghi delle prese di posizione recenti di Confindustria e di aver indicato “la necessità di una grande alleanza tra pubblico e privato per moltiplicare gli investimenti e concentrarli dove servono di più alla ripresa”.

 

E qui si vede un abbozzo di politica industriale e forse c’è qualcosa di molto sostanzioso, con l’obiettivo di spingere anche in Italia la formazione di grandi poli produttivi e di ricerca. Draghi in ascolto e silenzioso anche davanti a Cgil, Cisl e Uil. Nessuno si azzarda a fare riprese o a twittare dall’interno, tutto fila liscio, e i sindacati incassano la promessa di avviare un nuovo processo di concertazione (impossibile non ricordare che era il metodo caro a Carlo Azeglio Ciampi, in anni così diversi da questi perché dominati ancora dalla necessità di far rientrare l’inflazione e superare gli automatismi dei contratti aprendo a una nuova stagione nei rapporti industriali). Per Maurizio Landini, segretario Cgil, questo significa “strutturare un sistema di confronto che, sia sui fondi europei, sia su riforme fondamentali come lavoro, fisco, pensioni, pubblica amministrazione e rilancio degli investimenti, garantisca ai sindacati di svolgere il loro ruolo”.

 

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Nell’immediato la richiesta di intervento sulle questioni urgenti è di tutti, ma prendiamo le parole di Annamaria Furlan, segretario Cisl, che riferisce di “aver posto la questione del mantenimento del blocco dei licenziamenti e del prolungamento della cassa integrazione Covid”. Mentre anche da parte della Cisl e della Uil c’è la richiesta di dar seguito a quella che sembra una disponibilità al coinvolgimento dei sindacati nella definizione del piano italiano di ricostruzione.

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La clausola antiretroscena ha funzionato. Aprendo alla possibilità futura di un confronto forse più maturo tra parti sociali e governo. Chi ha in questi giorni a che fare con la base più colpita dagli effetti delle restrizioni e della pandemia, come la Confcommercio, ha dovuto riprendere la sua lista di problemi urgenti e aperti e portarla a Draghi. “Rischiano di chiudere 300 mila imprese” ha detto Carlo Sangalli al presidente incaricato, che è sembrato, attento e pronto a dare risposte positive. Quella della distruzione di un capitale di imprese avviate, per quanto non tutte nelle migliori condizioni, è una corda che per Draghi è molto importante. Non c’era riservatezza da rompere in quel caso, perché lo stesso Draghi ne aveva parlato nel suo citatissimo intervento pubblico durante la prima fase della pandemia. Un silenzio, quindi, il suo, che dice molto e che si tradurrà presto in scelte di politica economica.

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