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Un Recovery scampato

redazione

La crisi ha permesso di accantonare l’inadeguato Piano del governo Conte

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Il giudizio più pesante sul Recovery plan presentato dal governo Conte è sicuramente quello della Banca d’Italia, che in audizione parlamentare ha indicato due gravi problemi: serve “una netta discontinuità con il passato” per quanto riguarda l’impiego più produttivo delle risorse e “una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità dell’impresa”. Altrimenti se non sono impiegate produttivamente,  le maggiori risorse europee, che in gran parte sono prese a prestito, “i problemi del Paese non saranno alleviati ma accresciuti dal maggiore indebitamento”. L’altro punto che manca sono le riforme strutturali, necessarie a sostenere la crescita oltre lo stimolo di breve periodo: “Su questo le indicazioni presenti nel piano non sono ancora adeguatamente sviluppate”, dice Bankitalia. E non è l’unica. Perché critiche analoghe sono arrivate dalla Corte dei conti e dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui la “frammentazione eccessiva” delle spese “rischia di diluire le potenzialità del piano di incidere in modo strutturale sulla realtà del paese”.

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Il giudizio più pesante sul Recovery plan presentato dal governo Conte è sicuramente quello della Banca d’Italia, che in audizione parlamentare ha indicato due gravi problemi: serve “una netta discontinuità con il passato” per quanto riguarda l’impiego più produttivo delle risorse e “una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità dell’impresa”. Altrimenti se non sono impiegate produttivamente,  le maggiori risorse europee, che in gran parte sono prese a prestito, “i problemi del Paese non saranno alleviati ma accresciuti dal maggiore indebitamento”. L’altro punto che manca sono le riforme strutturali, necessarie a sostenere la crescita oltre lo stimolo di breve periodo: “Su questo le indicazioni presenti nel piano non sono ancora adeguatamente sviluppate”, dice Bankitalia. E non è l’unica. Perché critiche analoghe sono arrivate dalla Corte dei conti e dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui la “frammentazione eccessiva” delle spese “rischia di diluire le potenzialità del piano di incidere in modo strutturale sulla realtà del paese”.

 

E c’è da considerare che le stroncature riguardano una bozza del Recovery plan che le stesse forze della precedente maggioranza, dal Pd al M5s, giudicavano nettamente migliore rispetto a quella di dicembre. Evidentemente il piano iniziale del governo Conte era davvero impresentabile, e infatti aveva fatto allarmare non poco la Commissione europea. Eppure senza l’iniziativa politica di Matteo Renzi, la maggioranza avrebbe approvato tranquillamente il vecchio Recovery peggiore di quello bocciato oggi. Questo piano di spesa e investimenti non solo è una grande opportunità per il paese, ma può trasformarsi in una seconda disgrazia dopo il Covid se impiegato male (un po’ com’è accaduto con la gestione dei fondi post sisma in Irpinia). Da questo punto di vista l’incarico a Mario Draghi è davvero provvidenziale.  La grande preoccupazione  nel paese è stata il rischio  di una crisi al buio. Non si era considerato abbastanza il pericolo di proseguire con quel Recovery plan.

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