PUBBLICITÁ

Piste da sci e alberghi in attesa del prossimo dpcm. Così la montagna resiste alla pandemia

Alberto Chiumento

Il 15 febbraio scade l'obbligo di chiusura degli impianti di risalita ma non si sa ancora quali saranno le nuove regole. Per molti operatori la stagione invernale sarà comunque persa 

PUBBLICITÁ

Le comunità montane degli Appennini e dell’arco alpino si trovano in grandi difficoltà economiche a causa della pandemia e la crisi che stanno vivendo ha effetti su due differenti livelli. Da marzo 2020 il tessuto industriale di queste zone ha subito gravi danni dovuti al lockdown. Inoltre, per chi opera nel settore del turismo si sono aggiunti i problemi causati da una stagione invernale soffocata in partenza. Il 15 febbraio scade l’obbligo di chiusura degli impianti di risalita contenuto nel dpcm di inizio gennaio, ma la freddezza con cui il comitato tecnico scientifico ha ricevuto la proposta di linee guida per sciare in sicurezza dalla conferenza delle regioni e delle province autonome fa capire che sarà comunque una ripartenza controllata e ridotta nei numeri, al momento limitata alle sole regioni gialle.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Le comunità montane degli Appennini e dell’arco alpino si trovano in grandi difficoltà economiche a causa della pandemia e la crisi che stanno vivendo ha effetti su due differenti livelli. Da marzo 2020 il tessuto industriale di queste zone ha subito gravi danni dovuti al lockdown. Inoltre, per chi opera nel settore del turismo si sono aggiunti i problemi causati da una stagione invernale soffocata in partenza. Il 15 febbraio scade l’obbligo di chiusura degli impianti di risalita contenuto nel dpcm di inizio gennaio, ma la freddezza con cui il comitato tecnico scientifico ha ricevuto la proposta di linee guida per sciare in sicurezza dalla conferenza delle regioni e delle province autonome fa capire che sarà comunque una ripartenza controllata e ridotta nei numeri, al momento limitata alle sole regioni gialle.

PUBBLICITÁ

 

Sulla possibilità di ricevere ospiti ed appassionati della neve durante l’inverno erano nate le prime preoccupazioni già al termine delle vacanze estive. Poi, in autunno i dubbi su una seconda ondata sono diventati purtroppo una certezza; la chiusura delle frontiere dell’Unione Europea e la probabilità che venissero imposti periodi di quarantena per chi sarebbe andato all’estero, pur restando all’interno dell’Ue, hanno quasi azzerato la quota di turisti stranieri; infine, la gestione governativa della pandemia con un sistema a colori ha evidenziato che anche la mobilità interna non avrebbe avuto il solito flusso. La combinazione di questi fattori quindi ha compromesso la stagione ancor prima che cominciasse.

 

PUBBLICITÁ

Tuttavia, i gestori degli impianti di risalita, gli albergatori e i rappresentati politici delle regioni montane hanno provato a definire protocolli comuni per gestire le criticità e i possibili momenti di assembramento. La loro speranza era che non venisse completamente bloccato un settore che produce, secondo varie stime, più di 10 miliardi di euro di indotto nei soli mesi invernali. A livello europeo, però, ha prevalso una linea condivisa da più paesi, Austria esclusa, per una netta chiusura delle attività turistiche sulla neve.

 

  

Le piste da sci sono la principale attrazione e su questo elemento intere valli basano la propria economia: “Negli ultimi anni in Valle d’Aosta il turismo di lungo periodo era in forte crescita e questo generava effetti positivi per molti operatori, non solo per chi si occupa di sci”, dice al Foglio Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa S.p.A., la società che gestisce gli impianti di risalita dell’omonimo comprensorio. Ora questa situazione si è interrotta, “a livello regionale abbiamo deciso di innevare comunque le piste per essere pronti ad una eventuale partenza, ma questo ci ha costretto ad aumentare l’esposizione bancaria.”

 

PUBBLICITÁ

Sono stati limitati anche gli eventi sportivi di rilevanza internazionale che le piccole comunità montane organizzano e che sono momenti significativi per le economie locali. La marcialonga, ad esempio, è una gara di sci di fondo cui partecipano atleti professionisti ed amatori: i 70 km del percorso tra le valli trentine di Fiemme e Fassa attirano oltre settemila fondisti, tra cui molti scandinavi. Solitamente la manifestazione genera – secondo uno studio della Libera Università di Bolzano - un valore di 8 milioni di euro per il territorio, cifra che però quest’anno si è nettamente ridotta poiché hanno potuto iscriversi solamente un migliaio di atleti.

PUBBLICITÁ

     

Il mancato arrivo di turisti ha colpito in modo identico grandi e piccole località che da qualche anno invece stavano vivendo un percorso di sviluppo opposto. Chi gestisce gli impianti di risalita dei comuni con maggiore capacità ricettiva riusciva più facilmente a sostenere gli elevati costi di manutenzione e d’innevamento. Ma, per Munari, gli effetti sul futuro sono già chiari: “Anche se dovessimo partire a breve, la programmazione degli investimenti sarà tutta da rivedere.”

PUBBLICITÁ

 

Nei comprensori più noti si è anche seguita una strategia di internazionalizzazione, plasmando un’offerta per stranieri attenta anche ai calendari delle festività estere in modo da coprire i momenti di minor turismo nazionale. “I voli low cost avevano agevolato l’interscambio con paesi stranieri”, infatti in inverno le presenze dei turisti britannici valgono quasi quanto quelle dei lombardi in Valle d’Aosta, “bisognerà capire se si riprenderà a viaggiare con lo stesso ritmo. E solo il vaccino ci potrà aiutare a ricreare questo trend”, si augura Munari.

  

  

Per le piccole realtà, invece, le difficoltà attuali si sommano a quelle degli ultimi anni, in cui è stato complicato tenere il passo con zone più rinomate, specialmente per quanto riguarda gli investimenti. “Di recente i costi di gestione e la concorrenza sulle piste da sci sono molto cresciuti” racconta al Foglio Sonia, che gestisce un rifugio sull’Altopiano di Asiago. In molti casi, piccole comunità hanno modificato l’offerta puntando maggiormente su una clientela che preferisce le ciaspole, lo sci alpinismo e le strutture di benessere.

 

Secondo Sonia “la stagione quest’anno è persa. Se si ripartisse il 15 febbraio forse il nostro rifugio a conduzione familiare recupererebbe le spese, ma i grandi hotel con affitti e dipendenti non so come faranno a sostenere costi ben più elevati, anche perché i ristori non sono arrivati”. Anche Munari sugli aiuti statali è molto dubbioso: “La scorsa primavera Monterosa S.p.A. ha avuto un calo di fatturato di 2,5 milioni di euro, e abbiamo ricevuto 71.000 euro di sostegno dallo stato”. L’unica nota positiva sulle piste finora è di tipo sociale, perché gli impianti sono stati aperti almeno per i giovani agonisti degli sci club, che hanno così potuto godere di un momento di distacco dai tablet.

  

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ