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E' l'ora del populismo borsistico

Michele Masneri

Presidenti autoproclamati, politici veri, Robinhood e aziende color nostalgia. I giorni pazzi di Wall Street 

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Forse doveva succedere, forse era ovvio che il nuovo conflitto americano non avrebbe potuto che scoppiare in Borsa, luogo metafisico che rappresenta una delle poche eredità positive dell’èra Trump.

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Forse doveva succedere, forse era ovvio che il nuovo conflitto americano non avrebbe potuto che scoppiare in Borsa, luogo metafisico che rappresenta una delle poche eredità positive dell’èra Trump.

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Sarà nemesi o conseguenza del lockdown, ma ecco che gli spiriti animali, i vichinghi, si sono trasferiti sul trading online. Non è solo il titolo GameStop, azienda decotta di negozi di videogiochi, che ha visto salire le sue azioni di un assurdo 1.900 per cento in un mese. Ci sono un sacco di altre azioni alle stelle senza motivo. Si è capito infine cosa c’è dietro: tantissimi investitori minuscoli soprattutto ragazzini, molto incattiviti, che puntano, un po’ per guadagnare e un po’ per protesta, su titoli sconfitti dalla storia: ora la catena di videogiochi, ieri Hertz, autonoleggio fallito, o Kodak, rullini appassiti, o BlackBerry, smartphone nostalgici; o addirittura la catena di cinema AMC (manca solo una fabbrica di fax). 


E’ la Rust Belt del listino, che chiede di essere vista e ascoltata. Sono “azioni-meme”, come vengono chiamate. Azioni che generalmente gli hedge fund vendono allo scoperto, cioè scommettendo sul loro declino. Gli investitori ragazzini invece le comprano, in una specie di colossale flashmob, una “Poltrona per due” che scorre su piattaforme di discussione come Reddit, sul cui canale WallStreetBets è partito tutto (un Parler borsistico).

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E su una app che fa trading senza commissioni né limiti. Si chiama Robinhood: nata qualche anno fa da due studenti di Stanford che militavano nel movimento Occupy Wall Street; col suo sfondo verde è diventata lo strumento preferito dei giovani. La app è “gamificata”, ci sono azioni in palio nella schermata iniziale, e invoglia a vendere e comprare come un gratta e vinci. Il fondatore applica il mantra populista: “Ai piccoli investitori privati hanno sempre detto che non valgono nulla, adesso vediamo invece come tutto questo li ha empowered”. Insomma, uno vale uno (anche da morto: un giovane s’è suicidato, quest’estate, credeva di aver perso 700 mila dollari con la sua app, ma poi s’era sbagliato). 


Il populismo borsistico ha già i suoi profeti. Chamath Palihapitiya, già dirigente di Facebook, dove era criticato per gli atteggiamenti bullistici, e oggi ceo del fondo di investimento Social Capital, ha detto ieri alla Cnbc che questi investitori ragazzini “fanno meglio degli analisti professionali”. “E’ una rivolta contro l’establishment. Sono ragazzi che sono cresciuti con la crisi del 2008, che erano al liceo quando i loro genitori hanno perso la casa per la crisi dei mutui, e le banche sono state salvate dallo stato, ma loro no. Così adesso, invece che protestare, semplicemente si mettono davanti a un computer e ci mettono la faccia”. 


Ieri, colpo di scena: dopo gli ennesimi assurdi rialzi di GameStop, Robinhood ha detto che smetterà di trattarla, e subito è esplosa la rivolta: un autoproclamato presidente di WallStreetBets, forse bot ma con largo seguito, ha detto che “se chiuderanno anche noi, dovranno chiudere pure ogni hedge fund di Wall Street che fa soldi facili con tecniche da gangster”. Il populismo borsistico sta galvanizzando tutti. Donald Trump jr., figlio dell’ex presidente, ha detto che “big tech, i media e il governo si sono alleati contro i piccoli investitori” (vabbè).


Alexandria Ocasio-Cortez si è detta pronta a mettere su una commissione d’inchiesta su come Robinhood possa bloccare un’azione mentre i fondi possono fare ciò che vogliono. E’ riemerso dalle tenebre pure Tyler Winklevoss, uno dei due gemelli belloccioni che accusarono Mark Zuckerberg di avergli copiato l’idea di Facebook: “Presumo che la prossima volta che un hedge fund farà soldi vendendo allo scoperto le azioni di una società distruggendola, verrà bloccato anche quello”. Insomma tutti d’accordo contro l’establishment, qualunque cosa esso sia. Tutti pronti a trasferirsi su un’altra piattaforma e in un’altra bolla. Forse vichinghi, comunque ribelli; di sicuro comodi, col proprio computer, nella propria cameretta. 
 

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