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Non solo Mps, davanti al nuovo ceo di Unicredit c’è la sfida delle fusioni europee

Mariarosaria Marchesano

La crisi innescata dalla pandemia spinge verso un sistema di banche panaeuropee: quali ripercussioni ci sarebbero nel nostro paese

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Chiunque sarà il nuovo capitano della nave Unicredit, dovrà essere in grado di navigare nel mare aperto delle fusioni bancarie europee. I nomi più accreditati per entrare nella short list che sarà sottoposta al consiglio d’amministrazione il 10 febbraio – l’ex banchiere di Ubs Andrea Orcel, l’ex ad di Bnl-Bnp Parisbas Fabio Gallia, l’ex ceo di Deutsche Bank Italia Flavio Valeri – hanno tutti una formazione internazionale, ma, a differenza di Jean Pierre Mustier, sono italiani, il che, a quanto pare, ha giocato a loro favore per entrare nella rosa finale. Unicredit è una banca privata e farà le scelte strategiche che riterrà più opportune nell’interesse degli azionisti, ma è evidente che nell’ottica di valutare una banca pubblica come Mps tra le aggregazioni possibili, l’italianità del ceo renderebbe più semplice l’interlocuzione con il Mef. Una questione pragmatica, insomma, che però non andrebbe enfatizzata considerando quanto ampia sia la sfida che il futuro ceo di una banca molto presente anche sui mercati esteri come Unicredit si troverà ad affrontare.

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Chiunque sarà il nuovo capitano della nave Unicredit, dovrà essere in grado di navigare nel mare aperto delle fusioni bancarie europee. I nomi più accreditati per entrare nella short list che sarà sottoposta al consiglio d’amministrazione il 10 febbraio – l’ex banchiere di Ubs Andrea Orcel, l’ex ad di Bnl-Bnp Parisbas Fabio Gallia, l’ex ceo di Deutsche Bank Italia Flavio Valeri – hanno tutti una formazione internazionale, ma, a differenza di Jean Pierre Mustier, sono italiani, il che, a quanto pare, ha giocato a loro favore per entrare nella rosa finale. Unicredit è una banca privata e farà le scelte strategiche che riterrà più opportune nell’interesse degli azionisti, ma è evidente che nell’ottica di valutare una banca pubblica come Mps tra le aggregazioni possibili, l’italianità del ceo renderebbe più semplice l’interlocuzione con il Mef. Una questione pragmatica, insomma, che però non andrebbe enfatizzata considerando quanto ampia sia la sfida che il futuro ceo di una banca molto presente anche sui mercati esteri come Unicredit si troverà ad affrontare.

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Tanto più che, come scrive il Financial Times di ieri, quest’anno potrebbero essere in arrivo fusioni e acquisizioni transfrontaliere tra le banche dell’Unione europea, con il secondo semestre indicato come momento chiave. Poco più di un anno fa Mustier dovette rinunciare a un’ipotesi di fusione sul fronte tedesco (si parlò di Commerzbank) per l’opposizione delle autorità di regolamentazione. Ma i tempi sono cambiati e la pandemia ha accelerato il favore con cui la Bce guarda a questo tipo di operazioni. In seguito all’approvazione del Recovery fund, c’è stata una forte spinta a completare l’Unione bancaria europea anche in vista dell’impatto che la pandemia potrebbe avere sui bilanci delle banche a causa dell’aumento dei crediti deteriorati. Le economie di scala che si generano dalle fusioni aiuterebbero a mantenere solidi i requisiti patrimoniali aiutando, così, la stabilità finanziaria dell’Eurozona.

 

Eppure, nel 2020 la maggior parte delle operazioni è avvenuta a livello domestico e sono state per lo più spinte dalla necessità di far fronte ai tassi di interesse negativi. Il matrimonio Intesa Sanpaolo-Ubi è stato una delle più grandi transazioni bancarie europee dallo scoppio della crisi finanziaria del 2008, insieme con l’acquisto di Bankia da parte di CaixaBank in Spagna. E quest’anno è previsto un ulteriore consolidamento interno. Ma, secondo i dati elaborati da Dealogic, il valore medio dei 27 accordi di fusione e acquisizione tra banche europee annunciati nel 2020 è aumentato a 477 milioni di dollari rispetto ai 74 milioni dell’anno precedente e questo già riflette una crescente propensione verso operazioni di dimensione più grande. In più, se finora l’Unione europea ha bloccato gli accordi crossborder, la diffusione del coronavirus li ha resi molto più probabili. Secondo una ricerca di Mediobanca, “le combinazioni transfrontaliere possono essere finanziariamente sostenibili, con le banche francesi e italiane che molto probabilmente parteciperanno a una prima ondata di consolidamento”.

 

Secondo quest’analisi, “le stelle si stanno allineando” grazie all’ormai esplicita richiesta di banche panaeuropee che viene dal nuovo piano Ue. “In un mondo multipolare che mette a confronto Stati Uniti e Cina, crediamo che l’Europa debba rispondere con una maggiore integrazione economica a tutti i livelli. In campo aziendale, significa mettere insieme campioni nazionali per creare concorrenti globali. Questo sta succedendo in tutti i settori e le banche non possono rappresentare un’eccezione”. Le fusioni e le acquisizioni tra banche di paesi diversi, però, non sono semplici perché devono soddisfare azionisti, autorità di controllo e politici. Questi vincoli, osserva Mediobanca, identificano le banche francesi come partner ideali per quelle italiane, considerando anche che la Germania è concentrata nella creazione di un supercampione nazionale e le grandi banche spagnole non godono della migliore posizione date le loro valutazioni sui minimi di mercato.

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