editoriali
I confini di una crisi senza spread
I mercati non sono scossi dalla fine del governo (purché ne nasca presto un altro)
Per condannare la scelta di Matteo Renzi di aprire la crisi di governo, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha cercato di drammatizzare le ricadute economiche: si è detto “che si voleva il Mes per fare risparmiare l’Italia, oggi sta accadendo l’opposto, mi sembra evidente che non era quella la ragione fondamentale”, ha dichiarato il titolare di Via XX Settembre, sottolineando come nella sola asta di oggi a causa dell’aumento dello spread “gli italiani hanno perso quasi 8 milioni di euro”. L’obiezione di Gualtieri è in parte corretta nell’evidenziare i costi della mossa di Renzi, ma in parte si autosmentisce perché proprio il fatto che il rendimento sui titoli di stato sia aumentato rende il ricorso al Mes più conveniente e opportuno di prima.
Per condannare la scelta di Matteo Renzi di aprire la crisi di governo, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha cercato di drammatizzare le ricadute economiche: si è detto “che si voleva il Mes per fare risparmiare l’Italia, oggi sta accadendo l’opposto, mi sembra evidente che non era quella la ragione fondamentale”, ha dichiarato il titolare di Via XX Settembre, sottolineando come nella sola asta di oggi a causa dell’aumento dello spread “gli italiani hanno perso quasi 8 milioni di euro”. L’obiezione di Gualtieri è in parte corretta nell’evidenziare i costi della mossa di Renzi, ma in parte si autosmentisce perché proprio il fatto che il rendimento sui titoli di stato sia aumentato rende il ricorso al Mes più conveniente e opportuno di prima.
Ma la realtà più importante da evidenziare è un’altra: questa è la prima crisi di governo da un po’ di anni a questa parte che non è condizionata dallo spread né lo condiziona. Questo indice, al momento, non scandisce più i tempi della politica. Nella giornata di ieri lo spread con i titoli tedeschi è sì salito, ma di 7 punti, chiudendo a 119, lo stesso livello dello scorso novembre e uno dei più bassi degli ultimi anni. Nulla a che vedere con le fiammate che in pochi giorni hanno portato lo spread oltre i 300 punti nel 2018, quando i mercati finanziari erano estremamente preoccupati per l’agenda antieuropea del Conte I (M5s e Lega).
L’incertezza politica non fa più paura come una volta, ma provoca piccole oscillazioni sul rendimento dei titoli di stato perché il contesto è completamente diverso: la Bce ha varato un ampio programma di acquisti, i tassi di interesse globali sono bassi e l’Unione europea ha varato con il Next Generation Eu un piano fiscale di trasferimenti fra i paesi membri. Inoltre, lo scenario che i mercati più temono, ovvero le elezioni anticipate, è quello che le forze politiche di (ex) maggioranza, ma non solo, vogliono evitare in ogni modo. Dato che la crisi non rischia di diventare un terremoto economico, è un’occasione da sfruttare per risolvere i problemi che il paese deve affrontare, dalla pandemia al Recovery plan.