PUBBLICITÁ

Perché “urge salvare pubblicità, trasparenza e concorrenza per gli appalti”

Giuseppe De Filippi

C'è un problema se vogliamo utilizzare le ingenti somme del Recovery fund a vantaggio delle infrastrutture, delle opere grandi e piccole, della manutenzione, della sicurezza idrogeologica. Rebecchini (Acer) lancia l’allarme

PUBBLICITÁ

C’è una questione legata ai tempi e un’altra legata ai modi per riuscire a utilizzare le ingenti somme del Recovery fund a vantaggio delle infrastrutture, delle opere grandi e piccole, della manutenzione, della sicurezza idrogeologica. I costruttori sono preoccupati e tentano di porre questioni vitali all’attenzione del governo. Lo ha fatto anche il commissario europeo Paolo Gentiloni, ci ricorda il presidente dell’Acer (Associazione costruttori edili di Roma e provincia) Nicolò Rebecchini, quando ha detto all’Italia che “o si trovano delle modalità tecniche per arrivare alle autorizzazioni in modo nuovo, anche commissariale, oppure noi i fondi del Recovery non li prenderemo mai perché i tempi previsti dall’Europa sono strettissimi. Entro febbraio bisogna dare la definizione della lista di opere, entro dicembre 2022 bisogna avere tutta la progettazione e aver completato le gare di appalto, ed entro il 2023 bisogna aver realizzato una parte dei lavori per poi proseguirli prima del termine dei successivi tre anni”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


C’è una questione legata ai tempi e un’altra legata ai modi per riuscire a utilizzare le ingenti somme del Recovery fund a vantaggio delle infrastrutture, delle opere grandi e piccole, della manutenzione, della sicurezza idrogeologica. I costruttori sono preoccupati e tentano di porre questioni vitali all’attenzione del governo. Lo ha fatto anche il commissario europeo Paolo Gentiloni, ci ricorda il presidente dell’Acer (Associazione costruttori edili di Roma e provincia) Nicolò Rebecchini, quando ha detto all’Italia che “o si trovano delle modalità tecniche per arrivare alle autorizzazioni in modo nuovo, anche commissariale, oppure noi i fondi del Recovery non li prenderemo mai perché i tempi previsti dall’Europa sono strettissimi. Entro febbraio bisogna dare la definizione della lista di opere, entro dicembre 2022 bisogna avere tutta la progettazione e aver completato le gare di appalto, ed entro il 2023 bisogna aver realizzato una parte dei lavori per poi proseguirli prima del termine dei successivi tre anni”.

PUBBLICITÁ

 

Rebecchini fa notare che allo stato dei fatti questo calendario è impensabile perché è stata persa l’occasione del decreto “Semplificazioni” che è la base legislativa su cui innestare i grandi investimenti pubblici. “Purtroppo – ci dice il presidente dell’Acer – quel decreto non semplifica un bel niente in tutto il processo a monte della gara d’appalto, perché la fase autorizzativa e di definizione della progettazione non viene toccata, ma si è modificata solo quella del confronto concorrenziale tra le imprese, cioè della gara d’appalto. E così, e si è già visto negli ultimi due mesi, la situazione diventa pericolosa”.

   

PUBBLICITÁ

Rebecchini va su alcuni punti specifici. “Col dl ‘Semplificazioni’ spariscono le gare pubblicate sulla Gazzetta ufficiale e ci si limita a una notizia relegata nei siti, sovente difficilmente accessibili, delle singole stazioni appaltanti. Fino a oggi la regola era che la gara veniva pubblicata sulla Gazzetta e le imprese in possesso dei requisiti potevano partecipare, senza limitazioni di sorta. Ora, invece, ci si limita a fare degli inviti a pochi operatori selezionati dalle stazioni appaltanti in appositi elenchi di imprese di fiducia. E di ciò viene data mera notizia solo sul sito della stazione appaltante. Anche le gare indette da privati, destinate a opere di urbanizzazione all’interno di un piano urbanistico, prima dovevano essere rese note sui maggiori quotidiani o in Gazzetta ufficiale, ora finiranno in siti a scarsa accessibilità. Per ovviare a tutto questo, in sede di conversione del dl ‘Semplificazioni’, è stata introdotta una norma per cui gli inviti debbano essere preceduti da un avviso informativo. Questo per consentire a tutte le imprese di candidarsi ed essere selezionate a essere invitate alla gara. Purtroppo così non è a seguito dell’interpretazione del Mit”.

 

Perché cosa ha detto il Mit? “Il ministero ha interpretato l’avviso informativo come mera notizia preventiva dell’indizione della gara e questa viene svolta sempre attingendo dagli elenchi. Rimane il vulnus alla pubblicità e alla concorrenza. In tal modo per giunta alle gare non possono più partecipare le associazioni temporanee di impresa che non possono iscriversi preventivamente agli elenchi ma devono formarsi solo dopo la pubblicazione del bando gara acquisendo conoscenza delle caratteristiche dell’appalto. Viene di fatto cancellato l’unico strumento di crescita delle pmi”. Prosegue Rebecchini: “Poi ci sarebbe da vedere come vengono gestiti questi elenchi, con quale grado di trasparenza, come vengono formati e se viene rispettato il principio di rotazione degli inviti per garantire pari opportunità a tutti. C’è poi il paradosso del numero degli inviti che cresce sino alla soglia comunitaria (5,2 milioni di euro) per poi calare bruscamente per gli appalti più grandi. Fino alla soglia comunitaria si ha una crescita progressiva degli inviti: da 0 a 150 mila euro si invita una impresa; da 150 a 350 cinque, da 350 a un milione dieci e da un milione a 5,2 milioni quindici. Sopra 5,2 milioni si scende bruscamente a cinque inviti. E’ evidente che per sbrigarsi le stazioni appaltanti si fermeranno a cinque inviti e faranno il possibile per limitare la concorrenza. In sintesi, ci troveremo con poca pubblicità e con un ristretto numero di imprese, scelte in liste di fiducia. Se in questo scenario prendiamo in considerazione l’arrivo, certo, di imprese di stato o, per capirci, quasi di stato, allora mi chiedo, a maggior ragione, come farà la concorrenza a essere garantita. Finirà che lo stato diventa contemporaneamente appaltatore, controllore e realizzatore: un po’ troppo”.

 

Per cercare qualche analogia Rebecchini si rifà agli anni Ottanta: “Sono film già visti che hanno portato all’esplosione dei costi e poi alla demonizzazione del sistema perché, quando la magistratura è andata a guardare nell’intreccio che si era creato per l’eccessiva presenza statale, si è dovuto ricorrere a norme penalizzanti per l’intero mondo delle imprese”. E come se ne viene fuori? “Non è facile, il rischio che noi vediamo è la fine delle pmi nel settore delle costruzioni per l’impossibilità di accedere a questo tipo di gare in mancanza di spazi concorrenziali. Serve anche che accanto alle grandi opere finanziate con il Recovery fund e spesso in modo sostitutivo rispetto a stanziamenti già esistenti, si dia un impulso anche a tutti quegli interventi di piccolo e medio importo per la sicurezza e la riqualificazione del territorio e per le mobilità. Ci pare, invece, di capire che a tale tipologia di opere non venga dedicato grande interesse. Peraltro, se è vero che le risorse del Recovery sono destinate in modo privilegiato a programmi di grandi opere già definiti e per cui erano già previsti i relativi finanziamenti, si potrebbe pensare di liberare le risorse già stanziate e per cui arriveranno in sostituzione i fondi comunitari per finanziare un vasto programma di piccole e medie opere tipicamente destinate alle pmi. Certo occorrerebbe anche recuperare pubblicità, trasparenza e concorrenza per gli appalti superando la deregulation introdotta col dl ‘Semplificazioni’”.

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ