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EDITORIALI

Fca-Psa cambia anche le relazioni industriali. Meglio guardare avanti

Redazione

La complessità societaria di Stellantis può produrre innovazione oppure ostacoli, dipenderà dal management. Ma i sindacati devono cogliere la nuova sfida: superare i confini nazionali

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La costituzione della società Stellantis tra Fca e Psa rappresenta una novità rilevante nel mercato automobilistico, anche per i problemi di integrazione finanziaria, tecnologica e produttiva che dovrà affrontare. E’, tra le grandi imprese del settore, l’unica transatlantica, il che le conferisce un vantaggio commerciale nelle aree europea e americana (del nord e del sud), che dovrebbe compensare la scarsa penetrazione nel mercato asiatico. E’ anche un’impresa a capitale misto, vista la presenza dello stato francese e di quello cinese, oltre ai fondi pensione americani. La complessità oggettiva della costruzione societaria può produrre capacità innovative o ostacoli, tutto dipenderà dalla capacità del management (oltre che dall’andamento dei mercati). Tra le altre questioni da sciogliere c’è anche quella delle relazioni industriali, che risentono ovviamente delle diverse tradizioni e legislazioni vigenti in Francia, in Italia e negli Stati Uniti.

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La costituzione della società Stellantis tra Fca e Psa rappresenta una novità rilevante nel mercato automobilistico, anche per i problemi di integrazione finanziaria, tecnologica e produttiva che dovrà affrontare. E’, tra le grandi imprese del settore, l’unica transatlantica, il che le conferisce un vantaggio commerciale nelle aree europea e americana (del nord e del sud), che dovrebbe compensare la scarsa penetrazione nel mercato asiatico. E’ anche un’impresa a capitale misto, vista la presenza dello stato francese e di quello cinese, oltre ai fondi pensione americani. La complessità oggettiva della costruzione societaria può produrre capacità innovative o ostacoli, tutto dipenderà dalla capacità del management (oltre che dall’andamento dei mercati). Tra le altre questioni da sciogliere c’è anche quella delle relazioni industriali, che risentono ovviamente delle diverse tradizioni e legislazioni vigenti in Francia, in Italia e negli Stati Uniti.

 

Su questo tema sono interessanti le dichiarazioni dei sindacalisti italiani riportate da Repubblica. Per la Cisl e la Uil non c’è dubbio che l’entrata di un rappresentante dei lavoratori nel consiglio di amministrazione rappresenti un’opportunità per difendere meglio l’occupazione e la condizione dei lavoratori. Per la segretaria della Fiom-Cgil, Francesca Re David, invece, si tratta di aprire una fase negoziale che coinvolga il governo italiano “che, come quelli passati, è immobile” e serve anche una “legge sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte industriali”. E’ comprensibile che un sindacato da sempre ostile a ogni forma di “cogestione” fatichi a entrare nella logica aziendale, anche quando essa apre spazi di confronto ravvicinato nello stesso cda, ma si fa prima a dire di no che attendere una legge nazionale che non è nemmeno all’ordine del giorno. In realtà la sfida per i sindacati è quella di riuscire a superare i tradizionali confini nazionali per trovare un collegamento con le rappresentanze francesi e americane, altrimenti il loro ruolo sarà solo quello di difendere l’occupazione nazionale in contrasto gli uni con gli altri, con l’effetto di non contare quasi nulla.

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