PUBBLICITÁ

Editoriali

Il buon perimetro del Recovery italiano

Redazione

Primi progetti, prime idee. Ma sono le riforme a costo zero la vera svolta

PUBBLICITÁ

Si litiga sull’assegnazione dei poteri tecnici per la realizzazione nei dettagli del piano italiano per la ricostruzione post-pandemica e su chi deve avere invece i poteri di controllo e di indirizzo. Ci sarebbe da stupirsi del contrario e qualche scontro in Consiglio dei ministri, e, c’è da immaginare, anche dopo, non rientra nel novero delle notizie sorprendenti. Diventerà un sottogenere giornalistico, via via meno interessante, anche perché se non si litigasse sulla gestione di 196 miliardi davvero ci sarebbe da preoccuparsi.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Si litiga sull’assegnazione dei poteri tecnici per la realizzazione nei dettagli del piano italiano per la ricostruzione post-pandemica e su chi deve avere invece i poteri di controllo e di indirizzo. Ci sarebbe da stupirsi del contrario e qualche scontro in Consiglio dei ministri, e, c’è da immaginare, anche dopo, non rientra nel novero delle notizie sorprendenti. Diventerà un sottogenere giornalistico, via via meno interessante, anche perché se non si litigasse sulla gestione di 196 miliardi davvero ci sarebbe da preoccuparsi.

PUBBLICITÁ

 

Più rilevante è guardare al modo in cui il gigantesco fondo è costruito e agli obiettivi che si pone. L’approccio è straordinariamente liberal-liberista, ma non ditelo in giro se no al governo si sentono male. Non c’è neppure l’ombra di interventi come quelli visti nei grandi piani di ricostruzione del passato, dal New Deal americano ai grandi progetti di investimento pubblico nell’Italia degli anni 50. L’impianto somiglia più alle linee guida che sono emerse negli anni dai documenti delle associazioni d’impresa, perché molto di ciò che viene indicato rientra tra quelle che si chiamavano riforme a costo zero. Solo che ci sono un sacco di miliardi. Ma non è una contraddizione, semmai è un rafforzamento del progetto.

 

PUBBLICITÁ

I tre grandi pilastri del progetto sono l’efficienza dello stato, la trasformazione di produzione e consumi per renderli più coerenti con gli obiettivi di medio termine della politica ambientale, la parità di genere. Cose che si possono, come dicevamo, realizzare senza grandi appostamenti di bilancio, ma che vengono meglio se a oliare il meccanismo ci sono un bel po’ di miliardi. Non è sarcasmo, ma è una constatazione. 

 

La giustizia civile, il suo cattivo funzionamento, da anni viene indicata come il primo fattore di mancata attrattività per gli investimenti esteri in Italia. Ovviamente non tutto nasce dalle inefficienze dei tribunali, perché a volte a essere ingestibili sono le leggi scritte male, ma è certo che aumentando gli investimenti (e quindi organici e dotazioni tecniche) si potranno ridurre i tempi per far valere i diritti contrattuali e le altre questioni civilistiche. Lo stesso vale, ma è impresa anche più titanica, per il miglioramento della macchina statale, intesa come burocrazia pubblica. Anche in quel caso non si tratta solo di soldi, ma una bella manciata di miliardi può aiutare. La politica ambientale, invece, di miliardi ne ha bisogno per compensare i costi della transizione verso forme di produzione e di consumo ritenute più accettabili secondo gli obiettivi ecologici. Energia e mobilità possono sì trasformarsi ma certamente c’è bisogno di consentire al settore privato di attingere a consistenti incentivi per superare la transizione senza abbandonare la partita. Non è casuale che uno dei pochi provvedimenti specifici indicati è il mantenimento in modo strutturale del bonus sulle ristrutturazioni per efficienza energetica al 110%. E’ un modo per finanziare, con la grande riserva del piano europeo, la trasformazione della proprietà immobiliare verso criteri ritenuti sostenibili ed efficienti. Anche la parità di genere si poteva considerare riforma fattibile a costo zero, ma vale quanto detto per gli esempi precedenti, e anche in questo caso una manciata di miliardi potrà rendere ben più effettive le riforme della formazione (soprattutto, è il punto principale), dell’accesso al lavoro privato e alle carriere pubbliche, delle regole aziendali sul trattamento economico dei e delle dipendenti. E qualcosa di questo approccio lo troviamo anche nella parte di riforma fiscale che, stando alle prime proposte operative, potrebbe essere realizzata a breve a valere sul fondo per la ricostruzione, e cioè nel taglio delle tasse per i redditi tra i 40 e i 60 mila euro.

 

Sia per i tre pilastri del piano, sia per questi interventi specifici, vale l’approccio basato sulla fiducia nel sistema imprenditoriale, mentre un taglio di tasse è tipicamente il contrario di un trasferimento assistenziale (rovesciando l’approccio neostatalista che sembrava emergere dal dibattito nella maggioranza). Certo, restano, attraverso l’ordinarietà della legge di Bilancio, interventi diretti a sostegno delle imprese, come Industria 4.0, ma il grande piano per la ricostruzione è fatto per creare le condizioni per l’attività produttiva (in tutte le sue forme). Come dire: stiamo facendo il campo di gioco e cerchiamo di farlo, secondo le regole europee, nel modo migliore possibile, adesso però giocate.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ