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Oltre Mustier. La francofobia della classe dirigente italiana

Luciano Capone e Valerio Valentini

Da Mustier a Mediaset, passando il caso Tim e quello di Del Vecchio. E poi l'acquisizione di Parmalat da parte di Lactalis e quella (saltata) di Alitalia da parte di Air France. Politica e intelligence italiane vivono ormai da anni in una specie di villaggio di Asterix ribaltato, con i romani assediati impegnati a respingere l’invasione dei Galli.

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Che si sia trattato del solito sospetto per il vicino invadente, o magari uno slancio di emulazione dettato dall’ammirazione che spesso si nutre per chi ci minaccia, sta di fatto che anche su Jean Pierre Mustier nella classe dirigente italiana era scattata la paura del francese. E infatti oggi, nelle telefonate tra Milano e Roma, chi ha seguito da vicino gli sviluppi della vicenda Unicredit ha tirato un sospiro di sollievo, come quando si sventa un’imboscata. Perché, più ancora che le sue ritrosie verso l’acquisizione di Mps, a rendere inviso l’ad uscente a larghi settori della politica e dell’intelligence italiana è stato proprio il dubbio che, in quanto francese, potesse favorire le scorribande transalpine a piazza Gae Aulenti. 

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Che si sia trattato del solito sospetto per il vicino invadente, o magari uno slancio di emulazione dettato dall’ammirazione che spesso si nutre per chi ci minaccia, sta di fatto che anche su Jean Pierre Mustier nella classe dirigente italiana era scattata la paura del francese. E infatti oggi, nelle telefonate tra Milano e Roma, chi ha seguito da vicino gli sviluppi della vicenda Unicredit ha tirato un sospiro di sollievo, come quando si sventa un’imboscata. Perché, più ancora che le sue ritrosie verso l’acquisizione di Mps, a rendere inviso l’ad uscente a larghi settori della politica e dell’intelligence italiana è stato proprio il dubbio che, in quanto francese, potesse favorire le scorribande transalpine a piazza Gae Aulenti. 

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L’allarme è nato infatti quando sono state diffuse le prime bozze del piano industriale Team 23: è stato allora, a fine 2019, che gli apparati di sicurezza hanno ravvisato, segnalandolo ai ministeri coinvolti, il rischio di una manovra francese connesso alla “creazione di una subholding nella quale dovrebbero essere incluse tutte le attività estere della banca”. E dunque “il timore – c’è scritto in una relazione ad hoc del Copasir, approvata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica il 5 novembre scorso – è che tale iniziativa sia prodromica alla cessione delle attività estere di Unicredit, che perderebbe così la sua anima internazionale; altra ipotesi potrebbe essere – si legge ancora – un’operazione d’integrazione della banca con un altro istituto estero, che potrebbe sancire il definitivo disimpegno della banca dall’Italia”. Insomma, la macchinazione intravista è questa: Mustier agevola la vendita del pacchetto “estero” di Unicredit, su cui da tempo i tedeschi di Commerzbank hanno allungato gli occhi, e a quel punto la seconda banca italiana verrebbe esposta alle mire di Bnp Paribas, in una riedizione dell’operazione che ha portato Crédit Agricole ad accaparrarsi il Credito Valtellinese. Una tenaglia franco-tedesca a cui sottrarsi. Un lavoro, questo, a cui, stando alla versione di alcuni parlamentari del Pd, avrebbe contribuito anche Pier Carlo Padoan, presidente designato di Unicredit da metà ottobre.

 

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Poi, certo, ci sono le ragioni del mercato. Quelle a cui Mustier non a caso si appellava per giustificare i suoi piani, e magari per opporsi all’acquisizione di Mps. Ma in fondo, per chi intravede manovre oscure, l’appellarsi al mercato è solo un modo per giustificare le operazioni anti-italiane. E l’essere francese non aiuta, è di per sé sospetto. E forse solo così si spiega l’incoerenza – forse inconsapevole, se è vero che la consapevolezza presuppone il senno – del M5s che si oppone alla privatizzazione di Mps e contesta la nomina di Padoan imputandogli la volontà di favorire l’acquisizione dell’istituto senese da parte di Unicredit, e ora tuttavia lascia trapelare la sua soddisfazione per il siluramento del francese Mustier. Ovvero di colui che Mps non voleva accollarsela, lasciandola al Tesoro.

 

Ma c’è da dire che Di Maio e soci arrivano buoni ultimi a sventolare la loro francofobia. La classe dirigente italiana vive ormai da anni in una specie di villaggio di Asterix ribaltato, con i romani assediati impegnati a respingere l’invasione dei Galli. Nel 2008 il ceo di Air France Jean-Cyril Spinetta si rassegnò come si fa di fronte alle reazioni isteriche (“Qui ci vorrebbe un esorcista”), dopo che il governo Berlusconi aveva respinto “l’assalto francese” su Alitalia sulla base della tesi che i francesi avrebbero dirottato i turisti verso Parigi. Vennero preferiti gli italianissimi capitani coraggiosi che garantirono un’italianità che gli italiani continuano a pagare a caro prezzo. I fiumi di retorica patriottica iniziarono a scorrere sul latte versato di Parmalat, con tanto di interrogazioni parlamentari, segnalazioni alla Consob e alle procure contro la francese Lactalis, e con gli allora ministri dell’Agricoltura a minacciare le barricate intorno all’industria “strategica” di Collecchio. In epoca renziana il governo si è messo di traverso in Tim, prima con l’ingresso di Cdp e poi con l’aiuto dell’americano Elliott, per bloccare l’avanzata del corsaro bretone Bolloré. Più recentemente siamo arrivati al paradosso, o alla paranoia, quando Leonardo Del Vecchio, uno degli imprenditori italiani più famosi nel mondo, ha tentato di rafforzare la sua posizione in Mediobanca e Generali: sono scattate le vedette sul Col di Tenda e i posti di blocco a Ventimiglia perché Del Vecchio ha pur sempre fuso la sua Luxottica con Essilor. Vuoi vedere che è un collaborazionista al servizio degli interessi francesi? Serve il golden power!

 

Un perenne sospetto che non manifesta una volontà di riscatto, ma solo la difesa del villaggio. Come dimostra il caso Mediaset-Vivendi (ancora Bolloré), l’Italia si attiva solo in funzione protezionistica, perennemente sulla difensiva. Qualcuno deve aver confuso il golden power con la pozione magica di Asterix. Ma la realtà è diversa dai fumetti. Se mai si riuscisse a dare una spinta propositiva alle nostre ansie di accerchiamento, magari si potrebbe anche giocare all’attacco, talvolta.

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