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Editoriali

La delegittimazione di un sindacalista

Redazione

La trappola della Uil a Conte è il manifesto di un sindacato dilettantistico

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Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha teso una trappola mediatica al premier Giuseppe Conte. Gli ha telefonato e ha trasmesso, senza avvertirlo, il colloquio in streaming. Voleva, forse, sottolineare la durezza della sua confederazione nell’esigere una concertazione del bilancio dello stato, ma ha rimediato soltanto una figuraccia. Al di là di questo, però, usando un mezzuccio deplorevole ha perso ogni credibilità come soggetto negoziale. I rapporti personali tra le controparti sono una pratica che punteggia i momenti più difficili delle trattative da sempre, ma debbono rispettare la regola dell’assoluta riservatezza. Questi colloqui servono per misurare le distanze e in qualche caso per cercare una via d’uscita accettabile.

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Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri ha teso una trappola mediatica al premier Giuseppe Conte. Gli ha telefonato e ha trasmesso, senza avvertirlo, il colloquio in streaming. Voleva, forse, sottolineare la durezza della sua confederazione nell’esigere una concertazione del bilancio dello stato, ma ha rimediato soltanto una figuraccia. Al di là di questo, però, usando un mezzuccio deplorevole ha perso ogni credibilità come soggetto negoziale. I rapporti personali tra le controparti sono una pratica che punteggia i momenti più difficili delle trattative da sempre, ma debbono rispettare la regola dell’assoluta riservatezza. Questi colloqui servono per misurare le distanze e in qualche caso per cercare una via d’uscita accettabile.

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Anche Giuseppe Di Vittorio, segretario della Cgil, incontrava il presidente di Confindustria Angelo Costa nel vagone letto del treno tra Milano e Roma, ma di questi colloqui si è avuta notizia solo decenni dopo il loro svolgimento e nessuno ne conosce i contenuti. Bombardieri, invece, ha cercato di utilizzare il linguaggio meno formale dei colloqui riservati per cercare di far ammettere a Conte di aver consentito alla concertazione dei contenuti della legge Finanziaria. Non solo non c’è riuscito, ma ha seppellito ogni credibilità contrattuale della sua organizzazione. Non si tratta solo di una questione di stile o di rispetto di regole non scritte, ma di un atteggiamento furbesco e dilettantesco. Conte, sorpreso e probabilmente irritato, ha biascicato qualche parola sul “non abbiamo niente da nascondere”, e ha fatto capire che la sua conclusione era che ormai non c’era più niente da discutere con un interlocutore di dubbia serietà e di nessuna attendibilità. Usare questi mezzucci sarebbe riprovevole sempre, lo è ancora di più in una situazione straordinariamente pesante per tanti lavoratori e tante imprese, che meriterebbero che dei loro problemi ci si occupasse con competenza e non con scherzi di cattivo gusto.

 

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