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Dal virus ci salveranno gli scienziati da laboratorio (non quelli da tv)

Gilberto Corbellini

La scienza ha insegnato come far funzionare il mondo liberale, ma alcuni uomini di scienza si comportano come giullari del circo mediatico. A tirarci fuori dai guai sarà alla fine l’odiato capitalismo

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A tirarci fuori dai guai sarà alla fine l’odiato capitalismo. Che si tratti dei vaccini o degli anticorpi monoclonali promessi da Rino Rappuoli e altri scienziati-imprenditori dell’immunoprofilassi e immunoterapia. Come è accaduto per quasi tutte le cure efficaci, sarà la ricerca governata da interessi privati, cioè basata su sistemi di produzione efficienti in quanto dedicati al profitto che svilupperà risposte razionali contro il coronavirus. Non saranno gli esperti (virologi, epidemiologi, infettivologi), che predicano da mesi opinioni polarizzate e pannicelli caldi, che tirano in ballo le imparagonabili gestioni asiatiche della pandemia, che invece di studiare passano il tempo in televisione o al telefono coi giornalisti e che hanno generato un’entropia ingovernabile nell’informazione.

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A tirarci fuori dai guai sarà alla fine l’odiato capitalismo. Che si tratti dei vaccini o degli anticorpi monoclonali promessi da Rino Rappuoli e altri scienziati-imprenditori dell’immunoprofilassi e immunoterapia. Come è accaduto per quasi tutte le cure efficaci, sarà la ricerca governata da interessi privati, cioè basata su sistemi di produzione efficienti in quanto dedicati al profitto che svilupperà risposte razionali contro il coronavirus. Non saranno gli esperti (virologi, epidemiologi, infettivologi), che predicano da mesi opinioni polarizzate e pannicelli caldi, che tirano in ballo le imparagonabili gestioni asiatiche della pandemia, che invece di studiare passano il tempo in televisione o al telefono coi giornalisti e che hanno generato un’entropia ingovernabile nell’informazione.

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I ricercatori che nel contesto dell’industria o dell’accademia percorrono soluzioni tecnologiche spianate da investimenti privati coltivano un’etica del lavoro largamente più funzionale di quella paternalistica elargita urbi et orbi dai colleghi televisivi. Si gira intorno a misure sempre limitative delle libertà personali e poco efficaci. Nessuno ha considerato, in attesa di vaccini e cure, che ci sarebbero altri modi per salvare insieme vite umane, economia e tessuto sociale: per esempio far leva sulle scelte individuali, invece che su logiche stataliste ed equivoci sentimenti paternalisti, che in società complesse come quelle che abbiamo costruito equivale ad avvelenare le basi razionali della convivenza. In un paese pervaso di familismo e analfabetismo funzionale e dove la cultura individualistica della responsabilità non è mai decollata, tornerebbe comodo avere goduto di qualche iniezione di sana etica protestante. Visto che in occidente non abbiamo avuto un’evoluzione sociale collettivista e conformista, come nei paesi asiatici ai quali si guarda come esempi di controllo della pandemia. L’individualismo protestante può essere altrettante efficace, come dimostrano i paesi scandinavi, ma probabilmente anche per il contesto demografico ed educativo.

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Il panico sembra colpire di più chi dovrebbe dare l’esempio, spiegando e parlando onestamente di fatti ed evitando di fare moralismo e terrorismo. Le persone comuni non sembrano spaventarsi più di tanto, visto che in numero ancora eccessivo non vogliono capire di portare sempre la mascherina e di evitare contesti sociali dove sono presenti più di tre-quattro persone nelle vicinanze. Sappiamo che nelle cosiddette società della conoscenza le persone usano pochissimo le conoscenze controllate per decidere. Peraltro, non si fidano di una politica screditata e di élite incompetenti. Non è stato fatto nulla, sin dall’inizio della pandemia per diffondere capillarmente informazioni credibili usando metodi, persone e contesti adeguati.

 

Nella storia recente, post medicina sperimentale, della lotta contro le malattie infettive, per esempio contro la malaria, la tubercolosi, la poliomielite o l’Aids, un ruolo centrale lo ha svolto la propaganda: nelle scuole, attraverso i medici di base, usando manifesti e distribuendo opuscoli capillarmente. Invece di confuse e ansiogene conferenze stampa e talk show che somigliano a stucchevoli ring pugilistici, si sarebbero dovuti fare programmi a reti unificate con una persona di cui gli italiani si fidano, come Piero Angela, che spiegasse la drammaticità della situazione e cosa ognuno di noi può e dovrebbe fare per abbattere la trasmissione del virus. La comunicazione paranoica, il disordine culturale e istituzionale sono alimentati dagli stessi medici e scienziati. I medici ed esperti, nel migliore dei mondi realizzabili, parlerebbero usando la logica e facendo riferimento a prove. Evitando di scadere nell’opinionismo mediatico, moralistico e autoreferenziale, o di arrampicarsi in ragionamenti che vanno bene dentro l’accademia, ma dai quali le persone non alfabetizzate che ascoltano trarranno informazioni fuorvianti. La scienza ha insegnato come far funzionare il mondo liberale, ma alcuni scienziati si comportano come giullari del circo mediatico. Chi finisce davanti a una telecamera non riesce a dire “non lo sappiamo, ma lavoriamo con quello che di sicuro sappiamo”, commenta e pontifica al di fuori delle proprie competenze: virologi che discutono di modelli epidemiologici; clinici che discettano di vaccini; immunologi che parlano di clinica, epidemiologi e fisici-statistici che parlano di tutto… e l’entropia cresce.

 

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E’ stata condotta tra specialisti, per così dire, una surreale discussione se i contagiati e asintomatici siano malati. E’ dai tempi di Robert Koch (fine Ottocento) che si chiamano “portatori sani”. La salute di queste persone non promette nulla di buono rispetto ai sani, e in regime di epidemia si preferisce considerarli “portatori” (nell’intuizione semplicistica diventano quindi “malati”), a causa di un bias psicologico nella percezione del rischio. L’enfasi della comunicazione sui positivi forse voleva essere funzionale a indurre prudenza, ma la nostra psicologia innata porta a sovrastimare il rischio per eventi poco probabili (es. incidente nucleare) e sottostimare quello per eventi molto probabili (es. incidente stradale). In questo caso, siamo portati a sovrastimare il rischio di ammalare/entrare in terapia intensiva/morire di Covid-19 sotto l’influenza della comunicazione terroristica, rispetto al rischio ad esempio che la chiusura di reparti ospedalieri dedicati al trattamento di malattie con mortalità superiore a Covid 19 causi un ingente numero di morti – tumori, malattie cardiovascolari continuano a esistere e mietere vittime. Fa specie che i “professionisti” di Covid-19 non dicano mai nulla su questo punto. E’ tipico di situazioni dove mancano elementi per decidere e trovare soluzioni che chiunque, senza specifiche competenze, creda di saperne più di tutti gli altri su come stanno le cose e cosa si dovrebbe fare – gli psicologi cognitivi lo chiamano overconfidence effect (effetto presunzione) ed è molto presente nella pseudoscienza. A meno che vaccini e cure efficaci non arrivino in soccorso, al momento solo il virus ci può graziare.

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