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Se i contagi aumentano i ristori non bastano. Servirà altro deficit

Maria Carla Sicilia

Il virus potrebbe superare per velocità il decreto con gli aiuti alle imprese e imporre nuove restrizioni per altre categorie produttive. Finora il Mef è riuscito a cucire insieme stanziamenti non utilizzati, il prossimo passo è approfittare dello scostamento di bilancio già autorizzato 

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Con la curva dei contagi che cresce in modo esponenziale, il virus potrebbe superare per velocità il decreto ristori, pubblicato in fretta e furia nella notte tra mercoledì e giovedì in Gazzetta ufficiale. Perché se nuove misure restrittive dovessero colpire altre categorie produttive, allora si dovrà mettere mano a nuove risorse. Un’ipotesi che resta valida anche nel caso in cui l’assetto attuale delle attività chiuse – cinema, teatri, bar e ristoranti – dovesse prolungarsi oltre il mese di novembre, dal momento che l’orizzonte temporale dei ristori stanziati è limitato alla durata delle misure introdotte con il Dpcm del 25 ottobre. Ci sono tre mesi di credito di imposta cedibile per gli affitti e le due mensilità in più che estendono il reddito di emergenza fino a dicembre, ma con i 2,4 miliardi a fondo perduto è previsto solo un giro di ristori per le 53 categorie di imprese definite secondo codici Ateco, che dovrebbero essere erogati entro metà novembre.

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Con la curva dei contagi che cresce in modo esponenziale, il virus potrebbe superare per velocità il decreto ristori, pubblicato in fretta e furia nella notte tra mercoledì e giovedì in Gazzetta ufficiale. Perché se nuove misure restrittive dovessero colpire altre categorie produttive, allora si dovrà mettere mano a nuove risorse. Un’ipotesi che resta valida anche nel caso in cui l’assetto attuale delle attività chiuse – cinema, teatri, bar e ristoranti – dovesse prolungarsi oltre il mese di novembre, dal momento che l’orizzonte temporale dei ristori stanziati è limitato alla durata delle misure introdotte con il Dpcm del 25 ottobre. Ci sono tre mesi di credito di imposta cedibile per gli affitti e le due mensilità in più che estendono il reddito di emergenza fino a dicembre, ma con i 2,4 miliardi a fondo perduto è previsto solo un giro di ristori per le 53 categorie di imprese definite secondo codici Ateco, che dovrebbero essere erogati entro metà novembre.

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Un primo cuscinetto per eventuali modifiche del perimetro – che oggi riguarda 466.657 soggetti beneficiari – è già previsto nello stesso decreto, che tiene da parte 50 milioni di euro nel caso in cui servisse individuare nuovi settori economici. Il vincolo previsto è che le imprese devono rispondere a codici Ateco direttamente colpiti dall’ultimo Dpcm. Un gruzzoletto che torna utile per modificare in corso d’opera un provvedimento nato e scritto con estrema rapidità e che secondo certe associazioni di categoria porta con sé alcuni buchi. Per esempio quello nei confronti delle imprese delle ristorazione che svolgono attività senza somministrazione, vale a dire pizzerie a taglio, gastronomie, gelaterie e simili, che secondo la Cna sono circa 100 mila, tutte escluse dalle misure del decreto. Ci sono poi gli enti non commerciali del terzo settore che chiedono il conto dello stop alle loro attività e anche Confesercenti, più morbida, pone il tema delle categorie escluse dai ristori ma penalizzate dal semi lockdown.

 

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Se invece il quadro dei divieti e delle limitazioni dovesse cambiare e al Dpcm del 25 ottobre dovesse seguirne un altro, allora il governo dovrebbe lavorare a un decreto “Ristori bis” e ragionare soprattutto sulla disponibilità di ulteriori risorse. Finora le misure previste restano nei limiti di indebitamento autorizzati per il 2020, grazie a un’operazione chirurgica del Mef che è riuscito a riunire stanziamenti non utilizzati di vecchie misure. In particolare, come spiega la relazione tecnica, diversi crediti di imposta, fra cui quelli relativi alla fiscalità differita attiva, ai canoni di locazione degli immobili non residenziali, all’acquisto di veicoli a bassa emissione, il bonus per i lavoratori presenti in azienda nel mese di marzo e le misure di integrazione salariale, per un totale di 5,4 miliardi. Così facendo il governo è riuscito a tenere la stima dell’indebitamento netto a un livello inferiore rispetto a quello previsto nella Nadef, pari al 10,8 per cento.

 

Ma di spazio per fare altro debito, nel quadro di finanza pubblica previsto da questo governo, ce n’è ancora. Tra lo scostamento di bilancio approvato il 23 luglio scorso dal parlamento e le previsioni della Nadef c’è circa un punto percentuale di pil su cui poter contare, un “tesoretto” di circa 15 miliardi che apre uno spazio di manovra importante in caso la pandemia dovesse imporre altri sacrifici al tessuto economico e produttivo. Lo scostamento da 25 miliardi autorizzato per gli anni dal 2020 al 2026 porta infatti il livello di indebitamento all’11,9 per cento del pil, e cioè 1,1 per cento in più di quanto previsto dalla Nadef al 2020. C’è solo un caso in cui i conti della Nota di aggiornamento al Def e quelli dello scostamento coincidono, ed è lo scenario avverso di cui la nota tiene conto in caso di peggioramento dei contagi. Proprio quello scenario, che stima un deficit pari al 11,5 del pil e un pil a -10,5 per cento, sembra quello che oggi il governo sta cercando con tutti gli sforzi di evitare.

 

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