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“La Capital markets union è una leva per il post-Covid”. Parla Di Noia (Consob)

Le sfide della crisi pandemica, l’integrazione dei mercati europei, la Brexit, l’autonomia dalla politica. Intervista al commissario Consob

Luciano Capone

“Un mercato dei capitali più ampio e competitivo dà benefici sia alla domanda sia all’offerta, le banche non devono temere la Cmu”. Sulle pressioni politiche dal caso Nava in poi “la Consob ha dato prova di indipendenza quando è stata evitata la chiusura della Borsa”. E sul dossier Autostrade? “L’attenzione è massima”  

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“L’Europa sarà forgiata dalle sue crisi e sarà la somma delle soluzioni trovate per risolvere tali crisi” diceva Jean Monnet, il padre dell’europeismo funzionalista. E di certo in questo periodo, tra la Brexit e il Covid, gli choc alla struttura e al modello dell’Unione europea non mancano. Questo contesto critico, secondo il commissario della Consob Carmine Di Noia, sta dando un nuovo impulso al progetto della Capital markets union (Cmu) che negli anni ha subito vari stop and go. “Le accelerazioni arrivano circa ogni dieci anni e coincidono con i rapporti della Commissione europea, dal rapporto Lamfalussy a quello De Larosiere”, dice al Foglio. “Ora abbiamo l’action plan della Commissione, con un timing e un elenco di proposte, e il rapporto della Commissione Econ del Parlamento europeo. Nello sforzo di ripartenza post-Covid la Cmu è ancora più importante, perché amplia la gamma degli strumenti a disposizione delle imprese, anche piccole e piccolissime, per reperire denaro fresco e finanziarsi a prescindere dai canali tradizionali del credito bancario. Favorisce, quindi, l’accesso del risparmio al sistema produttivo, in linea con la nostra Costituzione”.


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“L’Europa sarà forgiata dalle sue crisi e sarà la somma delle soluzioni trovate per risolvere tali crisi” diceva Jean Monnet, il padre dell’europeismo funzionalista. E di certo in questo periodo, tra la Brexit e il Covid, gli choc alla struttura e al modello dell’Unione europea non mancano. Questo contesto critico, secondo il commissario della Consob Carmine Di Noia, sta dando un nuovo impulso al progetto della Capital markets union (Cmu) che negli anni ha subito vari stop and go. “Le accelerazioni arrivano circa ogni dieci anni e coincidono con i rapporti della Commissione europea, dal rapporto Lamfalussy a quello De Larosiere”, dice al Foglio. “Ora abbiamo l’action plan della Commissione, con un timing e un elenco di proposte, e il rapporto della Commissione Econ del Parlamento europeo. Nello sforzo di ripartenza post-Covid la Cmu è ancora più importante, perché amplia la gamma degli strumenti a disposizione delle imprese, anche piccole e piccolissime, per reperire denaro fresco e finanziarsi a prescindere dai canali tradizionali del credito bancario. Favorisce, quindi, l’accesso del risparmio al sistema produttivo, in linea con la nostra Costituzione”.


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Di Noia è commissario Consob dal 2016, è impegnato a livello internazionale in diversi comitati dell’Esma (l’autorità europea di vigilanza sui mercati finanziari) e dell’Ocse, è stato un dipendente Consob e ha avuto ruoli di vertice in Assonime e in Borsa. Conosce quindi i mercati da entrambi i lati della barricata e ritiene che l’Unione dei mercati dei capitali sia un passaggio fondamentale. Ma cos’è? E quali sono i benefici? “In generale avere mercati dei capitali efficienti, che consentano l’incrocio tra domanda e offerta di risorse finanziarie, è un bene. Averli a livello europeo è ancora più importante. I dati mostrano che in Italia sui conti correnti c’è una quantità di denaro pari al pil: abbiamo da una parte la necessità delle imprese di finanziarsi e dall’altra una grande liquidità, che però non si incontrano perché c’è ancora una frammentazione dei mercati”.

 

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Quali sarebbero i vantaggi di una maggiore integrazione dei mercati per le famiglie e le imprese? “Un mercato più ampio, con maggiore competizione, dà benefici sia alla domanda sia all’offerta. Il risparmiatore ha accesso a una diversificazione di strumenti e prodotti finanziari in cui investire; le imprese hanno la possibilità di raccogliere capitali da un pool più ampio di finanziatori. Per fare un esempio concreto: una gelateria di Catania, per sviluppare i suoi progetti potrà contare anche sugli investimenti del risparmiatore olandese, che a sua volta può diversificare il suo portafoglio investendo in una start up italiana”.

 

E’ una strada per superare il bancocentrismo su cui si fonda il sistema finanziario e produttivo italiano? “E’ un fatto che in Italia nel finanziamento alle imprese ci sia un ruolo molto importante delle banche. Gli studi sembrano mostrare una maggiore resilienza e capacità di assorbire gli choc dei sistemi più equilibrati e mercatocentrici rispetto a quelli bancocentrici. Non vedo una contrapposizione degli interessi delle banche rispetto al mercato. Accompagnare un’impresa verso nuove fonti di finanziamento non significa perderla. Il settore bancario non deve temere la Cmu”.


Se si va verso mercati integrati bisognerà anche delegare più poteri a livello europeo. Non sarebbe contraddittorio creare un mercato comune e mantenere la vigilanza a livello nazionale? “Penso che per il mercato dei capitali sia troppo presto per parlare di un’autorità di vigilanza solo centrale in Europa, ma anche che sia troppo tardi per restare con autorità di vigilanza esclusivamente nazionali. L’Esma già oggi vigila e ha poteri esclusivi ad esempio sulle agenzie di rating. Non c’è da ‘trasferire’ poteri, perché l’Europa siamo noi. In un sistema federale le autorità nazionali vengono valorizzate”. 


 

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Quali sono le conseguenze della Brexit? “E’ una scelta democratica che va rispettata. Da un lato è l’uscita di un mercato finanziario importante; l’Europa perde un know how importante di persone molto competenti in ambito regolatorio e di questo si parla poco. Però è anche un’importante opportunità, sia in modo diretto per le relocation nei paesi dell’Unione degli intermediari sia per motivi regolamentari. Senza Londra da un lato dobbiamo mantenere un’Europa molto competitiva perché per il post Covid avremo bisogno di capitali che provengono anche da fuori dell’Ue, ma dall’altro non dobbiamo partecipare a una gara al ribasso delle regole di tutela degli investitori”.


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Brexit significa anche la vendita della Borsa Italiana dal London stock exchange ad Euronext, in cui partecipa Cdp. Cosa cambia? “Stiamo seguendo l’evoluzione dell’operazione, la Consob è neutrale rispetto agli assetti proprietari. Le nostre priorità sono che la vigilanza non venga limitata dagli effetti di cambi di proprietà e che il gruppo Borsa Italiana mantenga strutture tecnologiche, governance, competenze professionali e flussi di investimento adeguati”. 


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Recentemente la Consob ha subìto un passaggio traumatico, come il cambio di presidenza dovuto alle dimissioni di Mario Nava a causa delle forti pressioni politiche. La politica inoltre interviene spesso, a gamba tesa, su società quotate. C’è, insomma, sia una forte pressione sull’autorità di vigilanza sia un interventismo nell’ambito in cui essa opera. La Consob ha la forza di resistere alla politica e restare autonoma?
 “L’Italia ha mostrato negli ultimi anni una grande capacità delle strutture e delle autorità di vigilanza in senso lato di essere stabili, indipendentemente dall’evoluzione dell’esecutivo e della politica. La Consob è un’autorità indipendente per definizione. Abbiamo un vertice con un mandato non rinnovabile, cosa che allenta pressioni o conflitti d’interessi. Tutti i commissari, inoltre, hanno mandati con scadenze differenziate e anche questo rafforza l’indipendenza. Credo che nell’emergenza Covid, Consob abbia dato prova di autonomia, quando è stata evitata la chiusura della Borsa, chiesta da più parti. Quanto all’intervento dello stato nel capitale delle società è importante che avvenga con il rispetto formale e sostanziale delle regole delle società quotate. Peraltro non è una novità, lo stato è già l’azionista più importante, insieme alle famiglie, nelle società quotate: noi non facciamo sconti a nessuno”. 


 

L’operazione più rilevante, sia dal punto politico che economico, dove si concentrano tanti interessi e pressioni è il passaggio di Autostrade (Aspi) alla cordata guidata da Cdp. In una vicenda del genere, quale interesse pubblico tutela Consob? “La Consob tutela l’interesse del mercato. Guardiamo a tutte le operazioni, all’evoluzione degli assetti proprietari, agli azionisti attuali e agli azionisti potenziali. L’attenzione è massima. La Consob non è uno spettatore indifferente né di parte e neppure ha la necessità di essere visibile”.

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