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Guardare la Green economy per capire come non usare il Recovery

Chicco testa

Strade, ponti e persino piste ciclabili: il nostro programma ha ottime cose, ma con la cultura del rifiuto a ogni opera e i poteri di veto non andremo da nessuna parte. E il dl Semplificazioni non basta 

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Se si vuole provare a immaginare quali saranno le difficoltà per implementare il Recovery fund italiano basta dare un’occhiata a un episodio recente. Certo, prima vanno decisi i programmi e per il momento il rumore di fondo non consente di capire in maniera compiuta le intenzioni del governo italiano. Ma intanto…. Una delle direzioni di marcia, è noto, dovrebbe essere la green economy e con essa un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili. Anche perché sia la Ue che l’Italia si sono dotati di obbiettivi ambiziosi e di target che continuano ad essere ritoccati verso l’alto. Per raggiungerli la capacità fotovoltaica dovrebbe essere triplicata rispetto all’attuale e quella eolica raddoppiata. Bene. Misure a sostegno di questi progetti esistono già, anche senza Recovery, e sono congruenti. Perfettamente allineati con quello che potrebbe essere disegnato nel Recovery.

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Se si vuole provare a immaginare quali saranno le difficoltà per implementare il Recovery fund italiano basta dare un’occhiata a un episodio recente. Certo, prima vanno decisi i programmi e per il momento il rumore di fondo non consente di capire in maniera compiuta le intenzioni del governo italiano. Ma intanto…. Una delle direzioni di marcia, è noto, dovrebbe essere la green economy e con essa un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili. Anche perché sia la Ue che l’Italia si sono dotati di obbiettivi ambiziosi e di target che continuano ad essere ritoccati verso l’alto. Per raggiungerli la capacità fotovoltaica dovrebbe essere triplicata rispetto all’attuale e quella eolica raddoppiata. Bene. Misure a sostegno di questi progetti esistono già, anche senza Recovery, e sono congruenti. Perfettamente allineati con quello che potrebbe essere disegnato nel Recovery.

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Nelle scorse settimane, per esempio, si è svolta l’asta per assegnare quote di sviluppo di fonti rinnovabili, assistita da incentivi che tutti gli operatori ritengono congrui. Un’occasione ghiotta. Senonché l’asta è andata quasi deserta. Solo una parte minoritaria della nuova capacità in gioco, meno di un terzo di quella disponibile, è stata assegnata. Il motivo è molto semplice. Giustamente all’asta sono ammessi impianti che abbiano già ottenuto le necessarie autorizzazioni per poi essere realizzati, onde evitare che le risorse siano assegnate a progetti velleitari o con poche possibilità di vedere poi a luce. E le autorizzazioni mancano perché il combinato disposto prodotto dalla meravigliosa situazione italiana lavora esattamente in direzione opposta.

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Un combinato disposto che è fatto dalla somma dei soliti comitati che inneggiando la mattina presto alla green economy, di pomeriggio e la sera montano ridicole opposizioni che per un motivo o per l’altro bocciano ogni proposta. C’è sempre una falda acquifera che può essere inquinata, un volatile che potrebbe incappare in qualche pala eolica, una trota in pericolo. Senza dimenticare l’ormai mantrica “vocazione agricola-turistico-alimentare” che copre ormai il 100 per cento del territorio nazionale. Ma purtroppo a questi comitati si aggiungono imperterriti spesso gli amministratori locali e , cosa assai più grave, il ministero dell’Ambiente e quello dei Beni culturali con le sue splendide e immarcescibili Sovrintendenze. Infine il colpo mortale arriva poi da Tar e Tribunali riuniti. Con il ritmo attuale si è calcolato che sarebbero necessari più di 70 anni per raggiungere gli obbiettivi stabiliti.

 

Due dei settori decisivi della transizione verde, fonti rinnovabili ed economia circolare, in particolare il settore dei rifiuti, non avrebbero nemmeno bisogno di incentivi. Progetti ce ne sono tanti e nel 90 per cento dei casi in grado di autofinanziarsi a fronte di un quadro regolatorio chiaro e stabile. Ma il collo di bottiglia è sempre quello. Enel si è impegnata a chiudere per tempo le sue centrali a carbone. Chiede, giustamente , anche per garantire la stabilità del sistema elettrico italiano di realizzare invece in quei siti moderni cicli combinati a gas , assai meno inquinanti e molto più efficienti. Uno si immaginerebbe che proposte di questo genere siano accolte con entusiasmo. E invece accade esattamente i contrario . Le aree liberate, aree da sempre destinate all’industrializzazione e ben infrastrutturate cozzano , con l’ aiuto del combinato disposto, contro la vocazione “agricolo-turistico-alimentare”.

 

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Ora, potremo riempire il nostro programma per la ripartenza di ottime cose. Strade, ponti, ferrovie, metropolitane, tranvie, impianti per energie rinnovabili, sistemi per il riciclaggio dei rifiuti e persino piste ciclabili. Ma senza una drastica rivisitazione prima di tutto di questa ormai infestante cultura del rifiuto di ogni opera e una drastica potatura dei poteri di veto non andremo letteralmente da nessuna parte. Il decreto “Semplificazioni” or ora approvato, rispetto alla bisogna è un pannicello caldo. Ne riparliamo fra cinque anni. Sono pronto a scommettere.

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