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Il cielo secondo Spinetta

Stefano Cingolani

Ricordate il n. 1 di Air France noto in Italia per le trattative su Alitalia? Il settore martoriato dal Covid, la convivenza con lo stato e le vie per ripartire. Una chiacchierata

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"Catastrofica" Non c’è altro modo per definire la situazione del trasporto aereo, spiega al Foglio Jean-Cyril Spinetta. Per due volte (dal 1997 al 2009 e ancora dal 2011 al 2013) Pdg, cioè Presidente e direttore generale, dell’Air France che prima ha privatizzato e poi sposato con la olandese KLM, consigliere di amministrazione dell’Alitalia dal 2002 al 2009, il manager francese di origine corsa, è uno dei maggiori esperti in questa branca fondamentale dell’economia moderna, un ramo che rischia di cadere prima e più fragorosamente di molti altri. La pandemia ha inferto un colpo durissimo a tutte le compagnie, alcune soffrono di più, altre dovranno combattere una dura battaglia per la sopravvivenza e molte, le più piccole, le più deboli, le più isolate, sono condannate a perire.

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"Catastrofica" Non c’è altro modo per definire la situazione del trasporto aereo, spiega al Foglio Jean-Cyril Spinetta. Per due volte (dal 1997 al 2009 e ancora dal 2011 al 2013) Pdg, cioè Presidente e direttore generale, dell’Air France che prima ha privatizzato e poi sposato con la olandese KLM, consigliere di amministrazione dell’Alitalia dal 2002 al 2009, il manager francese di origine corsa, è uno dei maggiori esperti in questa branca fondamentale dell’economia moderna, un ramo che rischia di cadere prima e più fragorosamente di molti altri. La pandemia ha inferto un colpo durissimo a tutte le compagnie, alcune soffrono di più, altre dovranno combattere una dura battaglia per la sopravvivenza e molte, le più piccole, le più deboli, le più isolate, sono condannate a perire.

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Tra queste non c’è l’Alitalia secondo Spinetta, a condizione non solo che venga risanata finanziariamente, ma che entri a far parte di una grande alleanza europea. “Il ritorno alla normalità sarà più rapido in alcuni settori dell’economia e più lento in altri, per il trasporto aereo sarà comunque molto debole”, prevede Spinetta. “È una situazione che s’impone e le compagnie la subiscono con estrema violenza; non è colpa loro, tuttavia è vero che il trasporto aereo è stato a lungo deficitario. Grazie alle riforme compiute il settore stava per sfuggire a questa maledizione, ora il Covid-19 lo riporta indietro alla situazione precedente. Gli investitori, i quali avevano cominciato a riprendere fiducia, si ritirano.

 

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L’elemento positivo è che i governi hanno deciso rapidamente di sostenere le compagnie aeree mobilizzando risorse considerevoli, lo hanno fatto per ragioni sociali, ma anche perché hanno preso coscienza che si tratta di una infrastruttura essenziale, nessun paese può immaginare di vivere senza comunicazioni, senza strade e senza voli aerei, ciò giustifica l’importanza dei salvataggi. Tuttavia, se la crisi si prolunga saranno insufficienti e si porrà molto rapidamente soprattutto in Europa il problema di ricostituire il capitale”. Da parte di chi, dei governi o del mercato? “Da parte degli stati, perché gli investitori di lungo termine oggi non hanno interesse a impegnarsi nel trasporto aereo. Prenda ad esempio Warren Buffett. Prima aveva detto che non avrebbe messo un centesimo in questo settore, poi ha investito ampiamente in diverse compagnie e adesso ammette di aver fatto una sciocchezza. Troppo complicato, troppo instabile, troppo rischioso. Ancor più in questa fase. Di qui ai prossimi anni, l’incertezza domina e la situazione resterà caotica”.

 

Una volta che la pandemia sarà passata “i trasporti personali riprenderanno più velocemente, al contrario il traffico d’affari resterà colpito in modo durevole per due ragioni: innanzitutto una assicurazione naturale, tutte le imprese dovranno ridurre i costi e i viaggi saranno colpiti per primi; in secondo luogo c’è una componente strutturale perché la pandemia ha fatto da acceleratore alla trasformazione del modo di lavorare in forma digitale. Ciò costringerà le compagnie aeree a rivedere il traffico d’affari”. Chi vince e chi perde in questa sorta di selezione darwiniana? “Tutti perderanno, ma le compagnie low cost soffriranno meno e si riprenderanno prima delle altre. Usciranno vincitrici le compagnie sostenute da un grande mercato interno, quelle cinesi che hanno già ripreso in modo quasi normale e quelle americane.

 

Ciò vuol dire che patiranno di più i grandi vettori europei (Lufthansa, Air France Klm, British Airways), i quali usciranno da questa crisi estremamente indeboliti proprio perché non possono contare sul mercato interno e sono più esposti sul traffico per affari”. Gettando uno sguardo a lungo termine Spinetta è convinto che “il trasporto aereo resterà un settore a rischio per gli investitori privati e questo dovrebbe dare un colpo di freno alla concentrazione capitalistica. Quindi le alleanze avverranno prevalentemente nella forma di cooperazione commerciale tra le compagnie. Il ventennio 2000-2020 era stato già segnato da un grande processo di consolidamento soprattutto in Europa (Air France Klm, British Airways, Iberia, Lufthansa ecc.).

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Sono colpito dal fatto che per uscire da questa crisi gli stati scelgono le compagnie nazionali. Gli aiuti non vanno per esempio al gruppo Air France-Klm, ma alla compagnia francese e a quella olandese. Bene, è necessario; tuttavia è chiaro che questa rinazionalizzazione rappresenta un cambiamento strutturale rispetto ai primi due decenni di questo secolo. È una rinazionalizzazione di fatto, non di diritto”, precisa Spinetta. Ma non si tratta di un passo indietro? Restano irrisolti i problemi dei costi, dell’efficienza, della produttività, della razionalizzazione del servizio. “Infatti, stiamo assistendo proprio a tutto questo”.

 

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Il trasporto aereo un tempo alfiere della libertà di movimento su scala mondiale sta diventando una industria meno globalizzata. E torna la vecchia compagnia di bandiera. Così il governo italiano ha deciso di investire molto denaro in una Alitalia profondamente in crisi e da molto tempo. “In Italia accade lo stesso che negli altri paesi. Air France e Lufthansa sono state aiutate con risorse statali. Ma sono persuaso che l’avvenire della compagnia italiana sia in un'integrazione su scala continentale. Non ci sono alternative a un ensemble europeo (forse con una fusione, ma questo lo decideranno gli azionisti) all’interno di una grande rete internazionale. L’Italia ha alcuni grandi atout, come il dinamismo della sua economia e un patrimonio artistico e turistico senza equivalenti, ma anche alcuni handicap, come la sua posizione geografica in Europa e la disconnessione tra la capitale economica e la capitale politica, Milano e Roma”.

 

La guerra tra Malpensa e Fiumicino nonché la concorrenza tra Malpensa e Linate hanno inciso profondamente sull’Alitalia e all’epoca nessun governo è stato in grado di compiere una scelta radicale. Spinetta delinea il rischio di un circolo vizioso: un grande ensemble europeo è fondamentale per realizzare le necessarie sinergie, esse però implicano di accettare un elevato livello di integrazione. Le sinergie riguardano non solo il risparmio sui costi dei servizi (dalle prenotazioni al catering per esempio), ma anche e soprattutto l’espansione dei ricavi. Se il futuro è nell’integrazione, allora diventa più forte il rammarico per il matrimonio mancato tra Alitalia e Air France-Klm, a favore del quale si è molto speso il Pdg francese.

 

Dopo il fallito accordo tra Alitalia e Klm la compagnia italiana si era rivolta all’Air France guidata da Spinetta che nel 2001 prese contatto con Francesco Mengozzi, amministratore delegato della compagnia italiana, con l’obiettivo di realizzare un forte legame commerciale con uno scambio azionario del due per cento, insieme all’ingresso di Alitalia in Skyteam. “Ho sempre pensato che un’alleanza tra Alitalia ed Air France fosse la strada giusta. Per questo una volta nominato Pdg il mio primo viaggio fuori dalla Francia fu nel 1997 a Roma per incontrare Domenico Cempella. All’epoca Alitalia doveva scegliere tra Air France e KLM per costruire un grande gruppo europeo. Alla fine la scelta cadde su KLM, cosa che mi è ovviamente dispiaciuta, ma ne riconosco la coerenza strategica.

 

La stessa coerenza e chiarezza strategica continuò con Francesco Mengozzi, dopo il fallimento dell’integrazione con KLM. Con lui abbiamo costruito una sorta di società comune virtuale con tutti gli scambi tra l’Italia e la Francia”, racconta Spinetta. “Ogni anno si trattava di verificare l’andamento e quel che bisognava fare. Dal momento che si accetta una fusione, occorre condurla fino in fondo, non si può restare a metà. Era chiaro per entrambi fin dall’inizio: né io né Mengozzi avevamo dubbi che l’avvenire fosse nel costituire un leader europeo composto da Air France, KLM e Alitalia.

 

La compagnia italiana si è impegnata in un processo di riduzione dei costi seguendo l’esempio di tutti i grandi concorrenti internazionali: affidare ad operatori esterni i servizi deficitari, come per esempio i servizi charter di Eurofly; tagliare le rotte in perdita; rinegoziare i rapporti di lavoro; rinnovare la flotta, eliminando aerei obsoleti anche per ridurre i consumi di carburante; e, successivamente, esternalizzare i servizi di terra, compresa la manutenzione, attraverso l’operazione Alitalia Servizi. In quanto consigliere di amministrazione di Alitalia ho sostenuto le scelte senza esitazione, l’insieme di questi sforzi ha generato consistenti benefici di natura economica e finanziaria e ha così permesso all’Alitalia nel 2005 di portare a termine la ricapitalizzazione da un miliardo di euro fornito da investitori privati; la loro fiducia testimonia che le decisioni prese erano necessarie”.

 

Nel 2008 l’Air France si impegnò a investire in Alitalia due miliardi di euro finalizzati a un ammodernamento della flotta edein cambio di una riduzione dei costi del personale. “La decisione – racconta Spinetta – venne presa riconoscendo la serietà del percorso compiuto. Abbiamo chiesto un ulteriore sforzo ai sindacati che sfortunatamente lo hanno rifiutato”. Romano Prodi, allora presidente del consiglio, sosteneva l’accordo per una fusione tra la compagnia italiana e il gruppo franco-olandese. Era un anno elettorale e la vicenda Alitalia divenne immediatamente politica. Silvio Berlusconi si schierò contro “la svendita ai francesi”, vinse alle urne e tutto venne rimesso in discussione. Il fattore politico è stato dunque determinante? Secondo Spinetta ha giocato senza dubbio un ruolo importante, ma l’ostacolo principale è stato quello sindacale.

 

“Se i sindacati avessero approvato l’accordo saremmo andati fino in fondo e non credo che il governo si sarebbe messo di traverso”, sostiene il manager. Nel 2009 la ripartenza della nuova compagnia, quella dei “capitani coraggiosi” guidati da Roberto Colaninno, “è stata sfortunata” sostiene Spinetta, in particolare sul piano economico, perché ha cominciato le sue operazioni nel 2009, cioè all’inizio della peggiore crisi economica e finanziaria che il mondo aveva conosciuto dopo il 1929. “Dopo qualche anno, in quanto amministratore ho dovuto fare una scelta drastica con grande rincrescimento perché credevo nel progetto, ricordo che abbiamo investito 300 milioni di euro nella compagnia gestita da Colaninno”.

 

Da allora è tutto un valzer degli addii. Adesso, diventa inevitabile in Europa riprendere il cammino interrotto. Ma in che modo? “L’ipotesi più probabile è un consolidamento ulteriore delle compagnie con la scomparsa delle più fragili, quelle che avevano problemi seri anche prima della pandemia”. Tra queste c’è anche l’Alitalia? “No, penso ad altri vettori che hanno una taglia molto inferiore. O alle low cost che sono già in difficoltà, come ad esempio Norwegian”. Insomma, l’Alitalia può sopravvivere se mette a posti i conti e se trova un alleato, ma non uno qualsiasi, piuttosto un partner all’intero di questo progetto europeo. Si può andare più lontano, fino a una sorta di Airbus del trasporto aereo?

 

“Con i principi che guidano le autorità europee antitrust è completamente escluso - risponde Spinetta - È vero che si pone un problema perché le grandi compagnie cinesi e americane hanno una taglia superiore e cresceranno ancora. Tuttavia penso che legami capitalistici saranno difficili salvo che le regole attuali non evolvano e molto francamente non lo credo”. Insomma, la commissaria Ue Margrete Vestager dovrebbe cambiare idea. “E’ difficile”, sorride Spinetta. Ma allora come si può strutturare un insieme europeo, come una confederazione di compagnie diverse legate da accordi commerciali e produttivi?

 

Il dibattito resta aperto, non c’è un modello dominante, quel che conta è accettare un'integrazione che permetta di sfruttare tutte le sinergie possibili: “L’idea che il futuro sia in un grande ensemble è ampiamente condivisa, ma è bloccata dal timore che ciascun partner perda la propria autonomia - conclude Spinetta - Eppure realizzare le sinergie derivate da un progetto e da un accordo comune è la condizione stessa per la sopravvivenza. Dovrebbe essere chiaro a tutti e dovrebbe andare in tal senso l’impegno delle autorità, dei governi nazionali e delle istituzioni europee”.

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