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Modello Enel per Roma

Nunzia Penelope

"Riuniamo Ama e Atac in una holding quotata in Borsa, con governance alla tedesca. E la città attragga i capitali privati come Milano". Parla l'economista Marco Simoni 

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Dice Marco Simoni che Roma ormai è un problema nazionale. E il problema di Roma è la debolezza economica, che si trascina dietro quella sociale. Un tipico peso morto sono le municipalizzate: Atac e Ama in primo luogo. Da qui nasce una proposta che l'economista definisce ''modello Enel''. Romano cresciuto a Rebibbia, poi studente a Londra e per lavoro in giro per il mondo, oggi Simoni si divide tra la capitale, dove insegna alla Luiss, e Milano, come presidente di Human Technopole. Le sue idee per la città le ha spiegate in un saggio appena uscito sulla rivista Il Mulino. Col Foglio approfondisce la sua visione del ''modello Enel". L'azienda elettrica, in sintesi, è il simbolo del pubblico-privato che funziona, mentre i servizi romani sono la rappresentazione di tutto ciò che non va.  La ragione del non funzionamento di bus, spazzatura, manutenzione cittadina ecc, non sta però nella dittatura dei sindacati, o nell'incapacità dei manager: "Nemmeno un Marchionne, per come sono organizzate adesso queste società, riuscirebbe a rilanciarle. E' il modello aziendale che non funziona, e va cambiato''.

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Dice Marco Simoni che Roma ormai è un problema nazionale. E il problema di Roma è la debolezza economica, che si trascina dietro quella sociale. Un tipico peso morto sono le municipalizzate: Atac e Ama in primo luogo. Da qui nasce una proposta che l'economista definisce ''modello Enel''. Romano cresciuto a Rebibbia, poi studente a Londra e per lavoro in giro per il mondo, oggi Simoni si divide tra la capitale, dove insegna alla Luiss, e Milano, come presidente di Human Technopole. Le sue idee per la città le ha spiegate in un saggio appena uscito sulla rivista Il Mulino. Col Foglio approfondisce la sua visione del ''modello Enel". L'azienda elettrica, in sintesi, è il simbolo del pubblico-privato che funziona, mentre i servizi romani sono la rappresentazione di tutto ciò che non va.  La ragione del non funzionamento di bus, spazzatura, manutenzione cittadina ecc, non sta però nella dittatura dei sindacati, o nell'incapacità dei manager: "Nemmeno un Marchionne, per come sono organizzate adesso queste società, riuscirebbe a rilanciarle. E' il modello aziendale che non funziona, e va cambiato''.

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Il modello Enel, applicato ai servizi pubblici romani, si tradurrebbe in società con posti di lavoro di grande qualità e salari più alti della media, fortemente capitalizzate, con un controllo di mercato sul loro operato, in grado di acquistare e promuovere innovazione. Scartando l'ipotesi della bacchetta magica o del miracolo per trasformare i carrozzoni romani in un simile gioiello di efficienza, Simoni suggerisce, più concretamente, di riunire le società dei servizi pubblici, a partire da Ama e Atac, ma non solo, sotto una holding da quotare in Borsa, “realizzando così la più grande azienda del centro sud”. La governance potrebbe essere alla tedesca, con un consiglio di sorveglianza composto dai rappresentanti di banche, sindacati, e altri soggetti locali, affiancato da un consiglio di gestione guidato da manager indipendenti. Il controllo proprietario resterebbe pubblico, "per lasciare alla politica lo spazio di indirizzo che deve avere, anche in termini di costi per i cittadini con bassi redditi, ma sulla base di una gestione che deve essere efficiente, manageriale, indipendente".

 

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"Bisogna uscire da privatizzazione sì-privatizzazione no, è un dibattito vecchio che non ha senso -spiega Simoni- In certi settori la presenza pubblica è fondamentale: i trasporti, per esempio, vanno sussidiati, perché garantire il servizio a tutti produce perdite. La raccolta dei rifiuti, al contrario, può essere fonte di entrate. Se le aziende di servizi pubblici fossero sotto lo stesso tetto potrebbero compensarsi finanziariamente direttamente, e anche adottare strategie di produzione e di sviluppo sinergiche, cosa ovvia – dato che in principio tutte lavorano per la stessa città – ma che oggi è un miraggio”. E si può fare assai di più: "Roma ha tre milioni di abitanti, altri tre vi gravitano attorno. E' un piccolo Stato, una Danimarca. Una popolazione così ampia rappresenta un formidabile motore di sviluppo economico. Un cambio di modello potrebbe garantire alle municipalizzate le risorse per avviare progetti di lungo periodo, contando su un flusso finanziario di cassa costante, con cui movimentare altri capitali da investire in innovazione e tecnologia". Ostacoli di tipo giuridico non ce ne sarebbero. Gli unici ostacoli prevedibili sarebbero politici: ''tutti dicono che a Roma ci vuole un cambiamento: questo sarebbe un cambiamento vero. E' un'illusione pensare di risolvere i problemi della città spostando un assessore''. 

 

Nella visione di Simoni non ci sono però solo bus & monnezza, ma anche cultura, urbanistica, convegnistica, ricerca, scienza: tutto va ripensato, dice, in un'ottica di sviluppo economico e sociale. Troppe le occasioni perdute. "A Roma si è tenuta una delle conferenze mondiali di investitori di JP Morgan, mille persone tra le più finanziariamente interessanti del mondo, ma la citta non se n'e accorta, il Comune lo ha ignorato. Eppure, sarebbe stato un veicolo fortissimo di promozione internazionale. I soldi nel mondo ci sono, ma dormono. Svegliarli e indirizzarli su Roma non sarebbe così difficile". Simoni è convinto che anche il famoso "modello Milano" potrebbe essere replicato nella capitale: "Con Human Technopole abbiamo creato un polo di ricerca internazionale riuscendo ad attrarre nell’area 3 miliardi di capitali privati: perché a Roma no? Questa città ha una grandissima forza di attrazione, ma non la sfrutta. Netflix apre una sede, ma poi gli stranieri che arrivano per le produzioni non sanno a chi rivolgersi per i problemi di immigrazione. Il campus biomedico di Trigoria attrae scienziati da tutto il mondo, ma non esiste un collegamento facile con l'aeroporto o persino la stazione Termini. E potremmo proseguire con altri mille esempi di occasioni buttate. Per questo credo che evocare il cambiamento, senza declinare il come e il cosa, equivalga a una stasi. Il discorso pubblico sul futuro della città va fatto fino in fondo, ormai non può essere più rimandato: ognuno deve prendersi le sue responsabilità.

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