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La sentenza francese che riscriverà il rapporto tra Google e giornali

Ugo Bertone
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Domani andrà in scena alla Corte d’appello di Parigi l’ennesimo confronto tra Davide, il mondo dei giornali, e Google, il supereditore planetario dai costi modici. Il gigante di Mountain View ha infatti citato in giudizio l’autorità della Concorrenza francese contestando la decisione che, sulla base dell’articolo 15 della direttiva europea sul diritto d’autore, impone al motore di ricerca di negoziare “in buona fede” un accordo che riconosca agli editori un compenso per le notizie pubblicate sul motore di ricerca, un diritto che il gruppo Usa contesta replicando che proprio la pubblicazione su Google garantisce un’efficace diffusione al lavoro giornalistico. Secondo Matt Brittin, presidente di Google Europe, “milioni di persone ogni giorno utilizzano il motore di ricerca per trovare informazioni”.

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Domani andrà in scena alla Corte d’appello di Parigi l’ennesimo confronto tra Davide, il mondo dei giornali, e Google, il supereditore planetario dai costi modici. Il gigante di Mountain View ha infatti citato in giudizio l’autorità della Concorrenza francese contestando la decisione che, sulla base dell’articolo 15 della direttiva europea sul diritto d’autore, impone al motore di ricerca di negoziare “in buona fede” un accordo che riconosca agli editori un compenso per le notizie pubblicate sul motore di ricerca, un diritto che il gruppo Usa contesta replicando che proprio la pubblicazione su Google garantisce un’efficace diffusione al lavoro giornalistico. Secondo Matt Brittin, presidente di Google Europe, “milioni di persone ogni giorno utilizzano il motore di ricerca per trovare informazioni”.

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È un po’ la scoperta dell’acqua calda, ma i numeri fanno impressione: Google già oggi indirizza lettori sulla Rete otto miliardi di volte al mese. Ma l’esito della causa parigina promette di avere conseguenze di un certo rilievo anche al di là dei confini francesi, specie se il tribunale ribadirà i diritti della carta stampata rispetto al colosso Usa, che può contare su un giro d’affari di 162 miliardi di dollari (e su utili per 3,4 miliardi). Certo, un’eventuale sconfitta del motore di ricerca, già contestato un po’ ovunque, dall’Australia alla Germania, non chiuderà la partita. Ma, più per motivi d’immagine che di conto economico, Google ha deciso di tendere una mano a Davide. Ma a modo suo.

 

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Ha così preso il via Google News Showcase “un nuovo prodotto che andrà a vantaggio sia degli editori che dei lettori” garantisce Sundar Pichai, il ceo del motore di ricerca che sul blog della società, tanto per sottolineare il suo amore per la carta stampata, si dilunga nei ricordi d’infanzia, quando per il nonno ed il papà il giornale a colazione era necessario quanto il caffè. Per questo motivo Google News, più volte contestato dagli editori per i contenuti “succhiati” a gratis, avrà una nuova funzionalità che si chiamerà Showcase: uno spazio dedicato ai singoli editori, che saranno i soli a decidere autonomamente quali storie riportare e come presentarle al pubblico. Showcase fornirà una vetrina composta da più pannelli a scorrimento laterale dove verranno piazzate le news, senza impatto sull'indicizzazione delle notizie. Per questo servizio Google, a regime, pagherà in tre anni un miliardo di dollari da distribuire tra editori che “producano e distribuiscano prodotti di alta qualità”.  

All’iniziativa, già operativa da pochi giorni in Brasile (dove ha debuttato il primo ottobre in collaborazione assieme a Folha de San Paulo) e in Germania grazie ad accordi, circa 200, con gli editori locali tra cui Der Spiegel e Die Zeit è destinata ad espandersi in altri Paesi, dall’Argentina al Canada, dal Regno Unito all’Australia. All’elenco manca l’Italia, per ora ma è facile prevedere che l’iniziativa del motore di ricerca arriverà anche da noi. L’Italia si accinge del resto a recepire con un disegno di legge delega la direttiva sul copyright che tra l’altro prevede la possibilità per gli editori di chiedere il pagamento per l’uso degli snipper (brevi frammenti di testo) e l’obbligo per i siti che ospitano contenuti pubblicati dagli utenti di prevenire la pubblicazione non autorizzata di contenuti protetti da copyright.

   

C’è da chiedersi, però, perché Google ha cambiato radicalmente posizione nel giro di pochi mesi. Ancora in primavera, il gigante Usa aveva riposto picche alle richieste dei media australiani. Una conversione? Più facile che Google abbia accettato un saggio compromesso come dimostra la scelta di partire dalla Germania, il Paese ove la lotta tra giornali e motori di ricerca è stata particolarmente aspra. Gli editori francesi, peraltro, non intendono ancora abbassare la guardia. “Noi vogliamo un’effettiva condivisione dei valori e delle scelte – dichiara a Les Echos Pierre Petillault, direttore dell’Alliance de la presse d’information – E non intendiamo più dipendere da prodotti che Google può decidere di modificare o d’abbandonare per la strada senza vincoli”.

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