PUBBLICITÁ

Grane per Big Tech. Dal Congresso Usa l'accusa di monopolio

Ugo Bertone

Il j’accuse di Washington contro le pratiche del settore tecnologico appare come il primo atto per dettare le regole dell’età digitale. Ma le conseguenze reali del rapporto antitrust dipenderanno anche dall'esito delle elezioni presidenziali 

PUBBLICITÁ

La parola monopolio viene citata 120 volte. E’ uno dei primati del rapporto della sottocommissione Antitrust, pubblicato dalla Commissione giustizia della Camera Usa, un voluminoso malloppo di 449 pagine frutto di 16 mesi di lavoro in cui sono stati esaminati più di un milione di documenti e ascoltato la testimonianza dei nuovi potenti, chiamati a sfilare davanti ai parlamentari. Anche con un certo imbarazzo, come è emerso dalla deposizione di fronte alle telecamere di Jeff Bezos, il creatore di Amazon, piuttosto che di Mark Zuckerberg, Tim Cook o Sundar Pichai, il leader di Google. Un lavoro imponente che, in caso di vittoria democratica alle elezioni, potrebbe diventare un testo centrale della nuova America post Trump. Altrimenti, in caso di successo del tycoon, il lavoro potrebbe finire fino da subito nelle cantine del Congresso, a giudicare dall’esibito disinteresse del presidente nel giorno della sua pubblicazione. Ma anche in quel caso l’atto d’accusa contro i monopoli è destinato a prolungare una lunga storia che affonda le sue radici nella lotta contro i “Robben Barons”, i capitalisti senza scrupoli così come emergono da un fortunato saggio di un giornalista, Matthew Josephson. Nel 1934, in piena depressione, volle raccontare a modo suo le gesta e le malefatte del signori del denaro, dal signore dell’acciaio Andrew Carnegie a JP Morgan, finanziere e filantropo fino all’impero della Standard Oil di John Rockefeller, smembrato dalla Corte Suprema dopo un’aspra battaglia nel 1911 in 34 distinte società con un proprio capitale sociale.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La parola monopolio viene citata 120 volte. E’ uno dei primati del rapporto della sottocommissione Antitrust, pubblicato dalla Commissione giustizia della Camera Usa, un voluminoso malloppo di 449 pagine frutto di 16 mesi di lavoro in cui sono stati esaminati più di un milione di documenti e ascoltato la testimonianza dei nuovi potenti, chiamati a sfilare davanti ai parlamentari. Anche con un certo imbarazzo, come è emerso dalla deposizione di fronte alle telecamere di Jeff Bezos, il creatore di Amazon, piuttosto che di Mark Zuckerberg, Tim Cook o Sundar Pichai, il leader di Google. Un lavoro imponente che, in caso di vittoria democratica alle elezioni, potrebbe diventare un testo centrale della nuova America post Trump. Altrimenti, in caso di successo del tycoon, il lavoro potrebbe finire fino da subito nelle cantine del Congresso, a giudicare dall’esibito disinteresse del presidente nel giorno della sua pubblicazione. Ma anche in quel caso l’atto d’accusa contro i monopoli è destinato a prolungare una lunga storia che affonda le sue radici nella lotta contro i “Robben Barons”, i capitalisti senza scrupoli così come emergono da un fortunato saggio di un giornalista, Matthew Josephson. Nel 1934, in piena depressione, volle raccontare a modo suo le gesta e le malefatte del signori del denaro, dal signore dell’acciaio Andrew Carnegie a JP Morgan, finanziere e filantropo fino all’impero della Standard Oil di John Rockefeller, smembrato dalla Corte Suprema dopo un’aspra battaglia nel 1911 in 34 distinte società con un proprio capitale sociale.

PUBBLICITÁ

 

Non meno clamoroso fu lo scioglimento, sempre in base allo Sherman Act del 1890, decretato dalla Corte Suprema della Northern Securities, la, compagnia ferroviaria che univa le tre più grandi aziende di trasporto ferroviario del Midwest. La fusione aveva creato quella che all’epoca era l’azienda più ricca del mondo e rischiava di monopolizzare il trasporto ferroviario nella regione. Stesso esito ci fu nel caso Stati Uniti contro American Tobacco del 1911, accusata di aver monopolizzato tramite pratiche anticoncorrenziali l’industria del tabacco. Nel corso degli anni non sono mancate altre occasioni storiche, dallo “spezzatino” di At&t allo scontro con Microsoft a fine millennio. Ma nel rapporto al Congresso si fa un esplicito riferimento "all’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie”. Non a caso, perché molti segnali accomunano le due epoche: la straordinaria ricchezza dei magnati di fine ‘800, che ricorda da vicino la smisurata forza dei padroni del digitale, così come i disagi sociali dell’America dell’epoca – e ancor di più quelli della Grande Depressione – che possono essere accostati all’emergenza attuale, che minaccia la sopravvivenza di una moltitudine di piccoli e medi business messi a rischio dalla crisi ma anche dall’avanzata del modello Amazon che ha messo alle strette l’America main street.

 

PUBBLICITÁ

In questa cornice si sta per aprire il ricorso contro Google e la sua posizione dominante tra i motori di ricerca. In questa cornice il j’accuse anti monopolio in arrivo da Washington contro le pratiche del settore tecnologico appare come il primo atto per dettare le regole dell’età digitale, compreso il ricorso agli spezzatini per evitare che i nuovi monopoli soffochino la libertà d’impresa, secondo gli insegnamenti di Louis Brandeis, mitico giudice federale che Trump non avrebbe mai votato. 

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ