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Editoriali

Tira buon vento al Salone di Genova

Redazione

Il populismo non ha affondato il settore nautico, che dà segnali di ripresa

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Uno scialo di oratoria nelle cerimonie di apertura, tra Genova centro del mondo e tutto il mondo che la guarda, ma una volta tanto va perdonata l’enfasi e si può, senza essere tifosi né detrattori, godere lo spettacolo del Salone nautico inaugurato ieri e aperto fino al 6 ottobre. E’ il primo salone in Europa ad aprire, per un settore che funziona, cresce, dà lavoro e genera indotto. Doppia occasione di riscatto, perché la nautica era incappata nella precedente crisi mondiale, come una vittima casuale, un danno collaterale. Perché con le casse dello stato in crisi, nel 2011, il governo Monti chiamato in fretta e furia a mettere un freno allo spread e a stoppare le vendite di titoli italiani a rotta di collo, finì per accanirsi, come su un simbolo dell’evasione fiscale, proprio sui beni galleggianti, tassandone non solo la proprietà ma anche lo stesso sbarco nei porti italiani, si direbbe la stessa esistenza. Errori fatti nella fretta e in stato di necessità, cui si è rimediato con anni di fatica, perché sia la nautica sia il turismo avevano accusato il colpo e si sono rialzati solo in cinque o sei anni da quella crisi.

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Uno scialo di oratoria nelle cerimonie di apertura, tra Genova centro del mondo e tutto il mondo che la guarda, ma una volta tanto va perdonata l’enfasi e si può, senza essere tifosi né detrattori, godere lo spettacolo del Salone nautico inaugurato ieri e aperto fino al 6 ottobre. E’ il primo salone in Europa ad aprire, per un settore che funziona, cresce, dà lavoro e genera indotto. Doppia occasione di riscatto, perché la nautica era incappata nella precedente crisi mondiale, come una vittima casuale, un danno collaterale. Perché con le casse dello stato in crisi, nel 2011, il governo Monti chiamato in fretta e furia a mettere un freno allo spread e a stoppare le vendite di titoli italiani a rotta di collo, finì per accanirsi, come su un simbolo dell’evasione fiscale, proprio sui beni galleggianti, tassandone non solo la proprietà ma anche lo stesso sbarco nei porti italiani, si direbbe la stessa esistenza. Errori fatti nella fretta e in stato di necessità, cui si è rimediato con anni di fatica, perché sia la nautica sia il turismo avevano accusato il colpo e si sono rialzati solo in cinque o sei anni da quella crisi.

 

Questa volta succede l’opposto. Le barche diventano il segno visibile di un’industria che non si è fermata e di una creatività che non ha subìto il lockdown, anzi forse ne ha approfittato per elaborare nuove idee. Il salone apre anche grazie a uno sforzo di sistema di tutte le autorità impegnate, come se lo spirito di collaborazione di cui ci si è giovati nella ricostruzione del ponte sul Polcevera avesse continuato a informare atti e comportamenti. Le attese sono positive, si rivedono compratori e le aziende sono fiduciose. Perfino l’estate della pandemia ha visto numeri discreti per il mercato dei charter e del turismo nautico. I manifesti con barche alla fonda e ricchi che devono piangere non si fanno più. Il populismo grillino (piccolo miracolo) non è anti nautico. Il fisco, soprattutto, è impegnato su riforme, digitalizzazione e lettura intelligente dei dati, anziché nell’abbordaggio di ciò che galleggia. E’ un progresso generale, a Genova lo sanno e festeggiano col mondo che li guarda.

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