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Thiel, il “veggente” della Silicon Valley sbarca a Wall Street e scarica Trump

Ugo Bertone

Il miliardario libertario tra l’ipo di Palantir e il rapporto sempre più freddo con il presidente degli Stati Uniti

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Milano. Sarà la più ricca Ipo dell’anno. Ma anche la più originale e “scorretta”. Come si conviene al genio di uno dei suoi creatori, Peter Thiel, il miliardario libertario già vicino a Donald Trump da cui, pare, ha preso le distanze perché critico con le scelte del presidente in materia di Covid-19. Martedì, infatti, al Nasdaq verranno offerte le azioni di Palantir Technologies, la più “vecchia” start up di Silicon Valley che dalla nascita nel 2003 non ha realizzato un solo euro di utile, circostanza che non impedisce ai soci di puntare a una valutazione al debutto di 22 miliardi di dollari. Ma non è solo questo che rende unico e rivoluzionario l’offerta Palantir, azienda proiettata nel futuro ma con una governance degna della vecchia Bulgaria: chi comprerà le azioni dai fondatori (Alex Karp e Stephen Cohen oltre che maestro Thiel) avrà sì diritto al dividendo, ma non alla parola. Il potere resterà sempre e comunque in mano ai fondatori, anche in caso di cessione delle loro azioni. Grazie a una bizzarra distribuzione dei diritti di voto, Cohen potrebbe conservare il controllo di Palantir con lo 0,5 per cento del capitale.

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Milano. Sarà la più ricca Ipo dell’anno. Ma anche la più originale e “scorretta”. Come si conviene al genio di uno dei suoi creatori, Peter Thiel, il miliardario libertario già vicino a Donald Trump da cui, pare, ha preso le distanze perché critico con le scelte del presidente in materia di Covid-19. Martedì, infatti, al Nasdaq verranno offerte le azioni di Palantir Technologies, la più “vecchia” start up di Silicon Valley che dalla nascita nel 2003 non ha realizzato un solo euro di utile, circostanza che non impedisce ai soci di puntare a una valutazione al debutto di 22 miliardi di dollari. Ma non è solo questo che rende unico e rivoluzionario l’offerta Palantir, azienda proiettata nel futuro ma con una governance degna della vecchia Bulgaria: chi comprerà le azioni dai fondatori (Alex Karp e Stephen Cohen oltre che maestro Thiel) avrà sì diritto al dividendo, ma non alla parola. Il potere resterà sempre e comunque in mano ai fondatori, anche in caso di cessione delle loro azioni. Grazie a una bizzarra distribuzione dei diritti di voto, Cohen potrebbe conservare il controllo di Palantir con lo 0,5 per cento del capitale.

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Questa e altre singolarità servono a spiegare che Palantir non è un’azienda come un’altra bensì la frontiera avanzata nell’uso dei dati personali di un utente o di una collettività. Una sorta di Grande Fratello che il più delle volte lavora al servizio di Qu-tel, il braccio della Cia che si è occupa di investimenti, o dell’Ice, l’ente federale che vigila sull’immigrazione clandestina. Senza alcun pudore o remora buonista: “Non siamo ipocriti come quelli della Silicon Valley che fingono regole morali ma obbediscono alle leggi della pubblicità – ha detto Karp –. Siamo orgogliosi di lavorare per l’interesse del paese, e non solo del denaro” che comunque non manca. Thiel, lo scopritore di Mark Zuckerberg e di PayPal nonché primo padrino di Elon Musk, governa un impero di quasi 3 miliardi di dollari, dividendosi tra California e Nuova Zelanda, patria cinematografica del Signore degli Anelli, l’opera del suo amato Tolkien. Anche il termine Palantir, che dà il nome ai servizi di software che aggregano dati personali anche a partire dalle informazioni presenti sulla rete deriva dalla saga tolkeniana.

 

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I Palantir, infatti, rappresentano le pietre veggenti create dagli Elfi che permettono di comunicare anche a grande distanza. Come vuole Thiel, in freddo con Trump probabilmente per come il tycoon ha affrontato l’epidemia. Poco male. Wall Street s’accinge a offrire a Palantir l’occasione della rivincita in attesa di nuovi business. Ancor prima di ottobre, intanto, è stato battuto il record delle Ipo: sono stati raccolti finora 95 miliardi di dollari contro 84 dell’anno Duemila grazie anche alla voglia di matricole da parte del mercato. Esemplare il caso di Snowflake, una piattaforma attiva nel campo dei big data sul cloud. Il titolo ha battuto ogni record al suo esordio il 16 settembre scorso: a fronte di un prezzo iniziale di 33 miliardi di dollari, primato assoluto per un’azienda di software, a fine giornata la quotazione era salita a 70 miliardi coinvolgendo anche Warren Buffett. Attenzione, dicono gli analisti, non è per ora una bolla. Semmai il mercato dei database è l’ultima, per ora, miniera della rivoluzione digitale. O forse la penultima: Palantir, la pietra veggente che scandaglia il web alla ricerca dei dati, sta per infrangere l’ultimo tabù. Attenti alla matricola che vìola le leggi del capitale, fondate sul confronto tra maggioranza e minoranza. Non è un bluff, per questo fa un po’ paura.

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