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reddito di cittadinanza ed evasione

Perché la risposta dell'Inps sul Rdc smentisce più Tridico che Boeri

Luciano Capone

Che sia per evasione fiscale o perché la misura è fatta male, il Centro studi dell'Inps conferma che un assegno su due non va ai poveri e che solo un povero su sette lo percepisce. È una sconfessione di ciò che afferma il presidente dell'Inps

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Nella polemica tra il presidente dell’Inps Pasquale Tridico e il suo predecessore Tito Boeri interviene il direttore della “Direzione studi e ricerche” dell’Inps Daniele Checchi, sostenendo che chi come Boeri dice che la metà dei percettori di Reddito di cittadinanza (Rdc) possa essere di evasori possa “aver equivocato” i dati di un seminario tenuto all’Inps: “Non è possibile fare nessuna deduzione scientificamente affidabile circa l’inclusione di possibili evasori nella platea” del Rdc, dice Checchi. È un fatto rilevante, perché è la prima volta che il Centro studi dell’Inps diffonde un comunicato stampa di chiarimento. Ma quella che appare come una smentita delle affermazioni di Boeri lo è solo parzialmente e, se letta nel dettaglio, quella nota è una smentita molto più netta di quanto Tridico dice sul Rdc

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Nella polemica tra il presidente dell’Inps Pasquale Tridico e il suo predecessore Tito Boeri interviene il direttore della “Direzione studi e ricerche” dell’Inps Daniele Checchi, sostenendo che chi come Boeri dice che la metà dei percettori di Reddito di cittadinanza (Rdc) possa essere di evasori possa “aver equivocato” i dati di un seminario tenuto all’Inps: “Non è possibile fare nessuna deduzione scientificamente affidabile circa l’inclusione di possibili evasori nella platea” del Rdc, dice Checchi. È un fatto rilevante, perché è la prima volta che il Centro studi dell’Inps diffonde un comunicato stampa di chiarimento. Ma quella che appare come una smentita delle affermazioni di Boeri lo è solo parzialmente e, se letta nel dettaglio, quella nota è una smentita molto più netta di quanto Tridico dice sul Rdc

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Cerchiamo di spiegare perché. Il modello di microsimulazione dell’Inps oggetto della polemica tra Boeri e Tridico compara l’insieme dei percettori di Rdc all’insieme dei poveri relativi definiti dall’Ocse (45 per cento del reddito mediano), utilizzando diverse banche dati (dichiarazioni fiscali, patrimoniali e catastali, indagine Istat-Silc) che consentono una ricostruzione reddituale e patrimoniale più veritiera. Incrociando questi dati con i due insiemi (percettori di Rdc e poveri) emergono due dati che segnalano il grande grado di inefficienza della misura: tra i circa 9 milioni di poveri, i percettori di Rdc sono solo 1,3 milioni; e tra i 2,8 milioni di percettori di Rdc, quasi 1,5 milioni non sono poveri. In pratica vuol dire che solo il 14% di chi avrebbe bisogno prende il Rdc e che oltre il 50% di chi prende il Rdc non ne avrebbe bisogno. È in questa seconda area che, come afferma esplicitamente il dirigente Inps autore dello studio, in un paese come l’Italia “fortemente caratterizzato da evasione e sommerso una quota significativa di non poveri potrebbe beneficiare del Rdc”. Ed è questo ciò che ha detto Boeri, chiedendo maggiori controlli preventivi patrimoniali (e non solo sui redditi dichiarati).

 

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Nella sua nota di chiarimento, il direttore degli studi e ricerche Inps Checchi fa alcune precisazioni per spiegare che non è detto che tutto questo 50 per cento di percettori di Rdc sia composto da evasori:

1) la prima specificazione è che “l’analisi compara due insiemi di individui che per definizione sono molto diversi”, i percettori del Rdc individuati secondo i criteri stabiliti dalla legge e i poveri relativi definiti dall’Ocse o dall’Istat. Questo elemento non cambia nulla rispetto a ciò che afferma Boeri (ma è importante ricordarlo perché, come vedremo poi, smentisce ciò che afferma da tempo Tridico), perché l’obiettivo dello studio è proprio vedere quanto i due insiemi – percettori e poveri – coincidano: tanto più sono lontani tanto più la misura è inefficiente.

2) L’altra specificazione è che è stata scelta come misura per definire la povertà relativa la metodologia dell’Ocse “cioè calcolata come percentuale del reddito mediano”, scrive Checchi, e non quella dell’Istat che invece è basata sui consumi. Anche in questo caso la sostanza non cambia molto perché secondo entrambe le metodologie, Ocse e Istat, i poveri relativi sono circa 9 milioni (quindi i due insiemi sono quasi identici o comunque largamente sovrapponibili).

3) C’è una specificazione che invece corregge quanto affermato da Boeri. Perché nel gruppo dei circa 1,5 milioni di percettori di Rdc che non sono poveri, scrive Checchi, “oltre a lavoratori in nero e a fenomeni di evasione/elusione fiscale, vi sono proprietari della casa nella quale vivono ai quali viene attribuito un affitto figurativo”. Visto che i proprietari di casa in Italia sono in media l’80%, sostiene Checchi, questi redditi impliciti da affitti imputati potrebbero “avere un impatto significativo sull’inclusione di non poveri nella platea di percettori”. Sebbene quindi una larga parte di percettori di Rdc molto probabilmente sia a vario modo fatta di evasori, non si può dire sia il 50%. Questo punto consentirebbe di fare un passo avanti: basterebbe al Centro studi Inps fare una stima dei fitti figurativi e scomputarli, in questo modo rimarrebbe prevalentemente la quota di sommerso che sarebbe comunque rilevante (come dice Boeri).

 

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In ogni caso, dalle precisazioni della “Direzione studi e ricerche” – che avevamo ripetutamente contattato senza successo prima di scrivere l’articolo dell’altroieri emerge un quadro non proprio bello del Rdc, e comunque molto diverso da quello dipinto negli anni dal presidente Tridico. Se un percettore di Rdc su due non è povero vuol dire che c’è un impressionante livello di inefficienza allocativa: il Rdc va a chi non dovrebbe riceverlo e non va a chi invece ne ha bisogno. L’assegno viene preso da chi non dovrebbe per due possibili motivazioni: o raggiunge illegittimamente una quota significativa di evasori (quindi mancano i controlli patrimoniali), oppure raggiunge legittimamente una quota significativa di non poveri. Nel primo caso vorrebbe dire che la misura è stata pensata bene ma applicata male, nel secondo caso che è stata pensata male e applicata bene. A quale livello tra questi due estremi si collochi il Rdc dipende da quanto una delle due inefficienze sia prevalente. Ma comunque c'è da ricordare che il presidente Tridico ha partecipato a entrambe le fasi: quella di disegno e scrittura della legge quando era consigliere del ministro del Lavoro Luigi Di Maio e poi quella di attuazione quando è diventato su indicazione del M5s presidente dell’Inps.

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Inoltre, come dicevamo all’inizio, la nota del direttore del “Centro studi e ricerche” Checchi corregge parzialmente l’affermazione di Boeri ma smentisce in radice quanto affermato da Tridico in questi mesi e anni sul Rdc. Punto primo: è palesemente falso, come ha più volte affermato Tridico, che il Rdc abbia ridotto del 60% la povertà assoluta (come avevamo scritto e come peraltro hanno poi dimostrato i dati ufficiali dell’Istat). Punto secondo: è anche palesemente falsa la seconda versione, più volte affermata da Tridico, secondo cui con il Rdc è stato raggiunto il 60% dei poveri assoluti (circa 3 milioni sui 5 indicati dall'Istat). Come scrive Checchi, questi due insiemi – percettori e poveri – non sono sovrapponibili e sono molto diversi. E lo si vede proprio dal lavoro del Centro studi dell’Inps: oltre il 50% dei percettori di Rdc non è povero e appena il 14% dei poveri relativi percepisce il Rdc. Va peraltro precisato che in questa simulazione l’Inps considera l’insieme dei “poveri relativi”, che è molto più ampio (quasi il doppio) dei “poveri assoluti” di cui parla Tridico. Questo è il primo comunicato stampa della “Direzione centrale studi e ricerche” dell’Inps, dovrebbe farne più spesso. Magari per correggere le numerose affermazioni equivoche o false dell’attuale presidente dell'Inps, non quelle dell’ex.

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