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Sofferenze in banca

Mariarosaria Marchesano

Visco contraddice Nagel sulle regole per gli Npl. Resta aperta l’ipotesi bad bank, ma a che prezzo?

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Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto, durante un intervento all’Abi, di non essere d’accordo con l’ipotesi di una banca pubblica che finanzi la crescita delle aree deboli e acquisti strutturalmente crediti in sofferenza. In pratica, è contrario alla proposta avanzata da alcuni componenti del M5s convinti che questa sia l’unica via percorribile per rilanciare il Mezzogiorno e dare un futuro (statale) a Mps. Visco ha anche detto che le attuali regole europee sui crediti deteriorati non si cambiano e che, perciò, le banche devono fare tutti gli accantonamenti necessari per tenere i bilanci in ordine. Il che è l’esatto opposto di quanto auspicato dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che la scorsa settimana davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulle Banche, presieduta dalla grillina Carla Ruocco, ha paragonato le sofferenze che si prevede saranno generate dalla crisi Covid a una “potenziale bomba” per il sistema e ha suggerito un cambiamento di norme che ritiene essere “sbagliate”.

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Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha detto, durante un intervento all’Abi, di non essere d’accordo con l’ipotesi di una banca pubblica che finanzi la crescita delle aree deboli e acquisti strutturalmente crediti in sofferenza. In pratica, è contrario alla proposta avanzata da alcuni componenti del M5s convinti che questa sia l’unica via percorribile per rilanciare il Mezzogiorno e dare un futuro (statale) a Mps. Visco ha anche detto che le attuali regole europee sui crediti deteriorati non si cambiano e che, perciò, le banche devono fare tutti gli accantonamenti necessari per tenere i bilanci in ordine. Il che è l’esatto opposto di quanto auspicato dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che la scorsa settimana davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulle Banche, presieduta dalla grillina Carla Ruocco, ha paragonato le sofferenze che si prevede saranno generate dalla crisi Covid a una “potenziale bomba” per il sistema e ha suggerito un cambiamento di norme che ritiene essere “sbagliate”.

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Insomma, il governatore ha espresso una posizione in contrasto con l’orientamento politico di ambienti del governo e un'altra divergente dalle osservazioni di un autorevole esponente del mondo finanziario. In realtà, mentre sulla banca pubblica la sua posizione è di chiaro scetticismo perché, come ha argomentato, in passato le banche statali sono state inefficienti nell’allocare le risorse, per cui sarebbe più utile far funzionare meglio la pubblica amministrazione, sul tema delle sofferenze, invece, Visco è più vicino di quanto appaia al punto di vista di Nagel. Il governatore sa che cambiare regole che sono il frutto di intense negoziazioni a livello europeo non è fattibile proprio ora che basterebbe poco per far ripartire lo scontro tra i paesi del nord e quelli del sud, tra i quali c’è l’Italia.

 

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Tra l’altro, il “calendar provisioning”, che da gennaio imporrà una gestione ancora più severa dei crediti insoluti, è stato appena approvato e così ai regolatori si può chiedere di introdurre qualche margine di flessibilità ma non di mettere in discussione tutto l’impianto. Dicendo questo, però, Visco ammette indirettamente che la vigilanza bancaria, e quindi la Bce, può fare ben poco mentre la palla è nelle mani delle istituzioni che hanno il potere di legiferare e cioè il Parlamento europeo e la Commissione. Quindi, eventuali richieste di alleggerimento delle norme dovrebbero arrivare dal governo italiano, tanto più che questo va ripetendo di voler aiutare imprese e famiglie in difficoltà (le sofferenze altro non sono che prestiti erogati a queste due categorie di soggetti).

 

E qui torniamo a Nagel, che quando ha lanciato l’allarme alla commissione d’inchiesta sulle Banche puntava proprio a fare arrivare un messaggio alla politica. Uno scaricabarile? Forse si tratta più di un invito alla classe dirigente di esercitare le sue prerogative in sede europea, tanto più che il problema delle sofferenze non è solo italiano ma di tutti i paesi che stanno affrontando una grave crisi economica. Come hanno fatto notare alcuni osservatori, non siamo più nel 2017 quando l’Italia era al primo posto in Europa per ammontare di crediti in sofferenza e dal Fondo monetario internazionale, oltre che dalle autorità di vigilanza, arrivava l’invito a scaricare questa zavorra e a far decollare il mercato privato degli Npl. Le banche europee rischiano oggi tutte di indebolirsi almeno fino a quando l’economia non ripartirà grazie alle misure di stimolo.

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Ed è per questo che, come ha confermato il governatore Visco, si è aperta la discussione sulla creazione delle bad bank nazionali senza ripartizione degli oneri come eccezione al burden sharing (il 25 settembre è prevista una riunione su questo tema tra tutti i potenziali operatori europei). In Italia la candidata naturale a questo ruolo è la società Amco, l’ex Sga controllata dal Mef che però, proprio di recente, è incappata in una denuncia del commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, per l’intervento a favore del prosciutto Ferrarini che potrebbe essere considerato aiuto di stato. Il nodo è lo stesso del 2017: a quale prezzo queste bad bank pubbliche possono comprare i crediti o convertirli in capitale come nel caso di Ferrarini? Quattro anni fa il governo Renzi dovette rinunciare alla bad bank pubblica per assorbire le sofferenze ereditate dalla grande crisi del 2008 proprio per questo motivo. Solo successivamente fu negoziata la possibilità per Amco di operare in questo settore a patto che lo facesse a condizioni di mercato. Ora lo scenario è profondamente cambiato e in Europa si respira aria di intervento pubblico nell’economia a vari livelli.

 

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Ma quello del prezzo resta il bivio tra un sistema statalista di gestione delle sofferenze bancarie con un costo a carico delle casse pubbliche e un sistema di mercato in cui fondi specializzati comprano questi asset per fare business ma, di certo, non sono propensi a comprare ai valori auspicati dalle banche. Il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, suggerisce di distinguere tra interventi di risanamento per istituzioni in difficoltà (crisi bancarie) e interventi che avvengono al di fuori di quest’ambito e per cui le transazioni dovrebbero assicurare pari trattamento nell’acquisto e nella gestione dei portafogli di crediti deteriorati tra operatori bancari e soggetti privati. Ma chi decide quando si è di fronte a un salvataggio e quando no? Questo è il dilemma.

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