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Destinare i fondi europei alla Sanità italiana, ma come?

Giacinto della Cananea

Niente paura del privato. Tre idee concrete per costruire un piano non ideologico utile a tutelare la salute con i soldi del Next Generation EU

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Le risorse che l’Unione europea metterà a disposizione degli stati nel quadro della strategia Next Generation EU possono essere destinate a molte aree. Tra di esse, la sanità pubblica ha un’importanza speciale. La ha, prima ancora che per l’emergenza epidemiologica tuttora in corso, per la sua natura di fondamentale infrastruttura sociale, in una società che esprime nuovi bisogni, anche a causa dell’invecchiamento. Per corrispondere a questi bisogni occorre sgombrare il campo da due affermazioni da più parti ripetute negli ultimi tempi, ma infondate: che il problema di fondo, nell’Italia del Duemila, sia la riduzione costante della spesa sanitaria imposta dalle politiche dell’UE e che l’assetto istituzionale stabilito dalla legge del 1978 sia inadeguato e richieda una riforma, con il ritorno a una gestione accentrata.

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Le risorse che l’Unione europea metterà a disposizione degli stati nel quadro della strategia Next Generation EU possono essere destinate a molte aree. Tra di esse, la sanità pubblica ha un’importanza speciale. La ha, prima ancora che per l’emergenza epidemiologica tuttora in corso, per la sua natura di fondamentale infrastruttura sociale, in una società che esprime nuovi bisogni, anche a causa dell’invecchiamento. Per corrispondere a questi bisogni occorre sgombrare il campo da due affermazioni da più parti ripetute negli ultimi tempi, ma infondate: che il problema di fondo, nell’Italia del Duemila, sia la riduzione costante della spesa sanitaria imposta dalle politiche dell’UE e che l’assetto istituzionale stabilito dalla legge del 1978 sia inadeguato e richieda una riforma, con il ritorno a una gestione accentrata.

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La prima affermazione è priva di fondamento, perché se è vero che la spesa sanitaria ha avuto una flessione intorno alla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso, è pur vero che è poi tornata a crescere, malgrado la contrazione del prodotto interno lordo. La disciplina dei piani regionali di rientro dagli ingenti disavanzi accumulati da varie regioni ha contribuito alla loro riduzione. Ma ha comportato soprattutto una riduzione del numero degli addetti alla sanità, compresi i medici e gli infermieri. Inoltre, sono stati notevolmente decurtati gli investimenti, con il risultato che molte strutture sono inadeguate.

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E’ giusto, quindi, chiedere un incremento della spesa pubblica destinata alla sanità, che è tuttora inferiore rispetto alla media europea, com’è attestato dall’ultimo rapporto del CREA Sanità (2019). Una risposta adeguata, da parte delle forze politiche che hanno responsabilità di governo, deve quindi porre rimedio a questi problemi. Tale risposta va elaborata all’interno dell’attuale assetto istituzionale. Quanti lo criticano, anche all’interno dell’attuale maggioranza, dimenticano che esso realizza un ragionevole bilanciamento tra diverse esigenze, tutte meritevoli di tutela: l’importante ruolo operativo delle regioni e quello dello Stato, garante dell’uniformità dei livelli essenziali dei servizi; l’universalismo delle prestazioni e, al tempo stesso, gli incentivi per gli amministratori che ottengono miglioramenti nei servizi erogati, per esempio riducendo i tempi di attesa. Non è giustificato, quindi, un ritorno della sanità allo stato, che oltre tutto richiederebbe una nuova revisione costituzionale.

 

Vi è invece bisogno, e molto, d’una buona amministrazione, estesa all’intero territorio nazionale. Per ottenerla, in modo da soddisfare le aspettative di tutti, occorre agire su più versanti, all’interno di un piano unitario, da annunciare e attuare senza indugio. Il primo è quello delle risorse. Esse vanno incrementate, attingendo a tutte le fonti. Il secondo versante d’azione è d’importanza fondamentale, anche per le ricadute positive sull’economia: si tratta degli investimenti. Essi devono tornare a crescere nelle infrastrutture, nelle attrezzature (come quella acquistata dal Veneto per analizzare i campioni), nei materiali di consumo. L’Italia deve avere più posti disponibili nelle strutture ospedaliere; deve destinare più risorse alla ricerca, l’unica in grado di migliorare la capacità di reazione alle pandemie. L’utilizzo delle risorse finanziarie dev’essere programmato e realizzato con procedure di appalto trasparenti e seguite da collaudi rigorosi

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Il terzo versante concerne le risorse umane: i medici ma anche gli infermieri, i biologi, i tecnici di laboratorio, senza dimenticare gli amministratori consapevoli di gestire strutture che servono a salvare vite e a migliorarne la qualità. Insieme alla ripresa delle assunzioni, tramite adeguati meccanismi selettivi, è indispensabile un’impostazione lungimirante dell’accesso ai corsi universitari, alle specializzazioni, il varo di nuovi dottorati di ricerca. Se i responsabili politici si attarderanno nel dare seguito ai tanti progetti che giacciono nei cassetti degli uffici, senza impostare un programma di medio periodo consono alle esigenze del nostro tempo, la loro azione non soddisferà l’Europa, con conseguenze negative sull’ammontare delle risorse che potranno affluire all’Italia, né i suoi cittadini, i quali non tarderanno a chiederne conto.

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