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O la Borsa o la Cassa

Redazione

C’è un tema di conflitto di interessi se Cdp si compra Piazza Affari? Parliamone

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In una nota il cda di Cassa depositi e prestiti ha annunciato di aver deliberato “di procedere congiuntamente con Euronext alla presentazione di un’offerta non vincolante per Borsa Italiana in relazione al processo di cessione avviato dal London stock exchange group”. In pratica Cdp, insieme alla società che già controlla le Borse di Parigi, Amsterdam e Bruxelles, sta per comprarsi Piazza Affari e Mts (il mercato delle obbligazioni). Si tratta di una soluzione appoggiata dal governo che considera la Borsa un “asset strategico” e, come capita in questi casi, per questo interviene Cdp. Dell’operazione si discute da tempo, ma stranamente nel dibattito pubblico non è stato affatto sollevato un aspetto che tutto sommato non andrebbe trascurato. Quello di un potenziale conflitto di interessi. Non è certo ignoto ai più che Cdp abbia molte partecipazioni in società quotate, alcune rilevanti come il 9,89 per cento di Telecom Italia e altre di controllo come il 25,96 per cento di Eni, solo per citare due tra le più importanti. Non sarà passato inosservato che attualmente Cdp è impegnata in diverse operazioni finanziarie e industriali su società quotate (ad esempio la rete unica), o che porteranno a una quotazione (ad esempio lo scorporo e l’acquisizione di Aspi-Autostrade).

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In una nota il cda di Cassa depositi e prestiti ha annunciato di aver deliberato “di procedere congiuntamente con Euronext alla presentazione di un’offerta non vincolante per Borsa Italiana in relazione al processo di cessione avviato dal London stock exchange group”. In pratica Cdp, insieme alla società che già controlla le Borse di Parigi, Amsterdam e Bruxelles, sta per comprarsi Piazza Affari e Mts (il mercato delle obbligazioni). Si tratta di una soluzione appoggiata dal governo che considera la Borsa un “asset strategico” e, come capita in questi casi, per questo interviene Cdp. Dell’operazione si discute da tempo, ma stranamente nel dibattito pubblico non è stato affatto sollevato un aspetto che tutto sommato non andrebbe trascurato. Quello di un potenziale conflitto di interessi. Non è certo ignoto ai più che Cdp abbia molte partecipazioni in società quotate, alcune rilevanti come il 9,89 per cento di Telecom Italia e altre di controllo come il 25,96 per cento di Eni, solo per citare due tra le più importanti. Non sarà passato inosservato che attualmente Cdp è impegnata in diverse operazioni finanziarie e industriali su società quotate (ad esempio la rete unica), o che porteranno a una quotazione (ad esempio lo scorporo e l’acquisizione di Aspi-Autostrade).

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Inoltre, la Cassa è anche il principale attore italiano di venture capital, un tipo di investimento che ha generalmente come sbocco o obiettivo la quotazione. Nessuno si è fermato a riflettere sul fatto che la Borsa Italiana, oltre a gestire alcuni mercati come l’Aim, svolge anche una funzione di regolatore: stabilisce gli standard per le quotazioni e può decidere la sospensione delle negoziazioni di un titolo. Si tratta di funzioni regolamentate, ma alcuni interventi hanno margini di discrezionalità. Cdp sta assumendo un ruolo sempre più proteiforme, in alcuni casi tentacolare, fino ad arrivare ad avere più parti in commedia che sono potenzialmente in conflitto d’interessi. Forse è il caso di discuterne, rifletterci e magari prevedere dei contrappesi. Soprattutto in un paese che storicamente non è famoso per l’efficienza dell’Autorità di vigilanza sui mercati.

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