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Incentivi in esaurimento. Ma il mercato contraddice la cura elettrica del governo

Redazione

I fondi per le auto euro 6 messi a disposizione con il decreto Agosto non arriveranno a venerdì, altro che fine anno. Perché non rinforzarli con le risorse (inutilizzate) destinate alle elettriche?

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Tra i settori più contagiati dall’epidemia di Covid-19 c'è sicuramente la filiera dell’auto, con il mercato del nuovo che da inizio anno segna una flessione di quasi il 39 per cento rispetto al 2019.

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Tra i settori più contagiati dall’epidemia di Covid-19 c'è sicuramente la filiera dell’auto, con il mercato del nuovo che da inizio anno segna una flessione di quasi il 39 per cento rispetto al 2019.

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Dopo mesi di accorati appelli da parte di tutta filiera, a luglio, in sede di conversione del decreto Rilancio, il governo ha stanziato 50 milioni per le vetture non elettriche. L’incentivo, benché modesto (750 euro, 1.500 in caso di rottamazione), è durato appena una settimana, un pannicello caldo che avrebbe dovuto suggerire ben più robuste cure, ma così non è stato. E infatti, nel decreto Agosto, per risollevare il mercato, sono stati stanziati altri 400 milioni (neanche il doppio di quelli per bici e monopattini), ripartiti per fasce di emissioni.  

       

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In particolare, 150 milioni sono stati destinati alle vetture con la spina, elettriche e ibride plug-in, le uniche oggi in grado emettere meno di 60 grammi di anidride carbonica (CO₂) per chilometro percorso, come misurati per l’omologazione. Per tutte le altre auto – comprese quindi quelle diesel e benzina, Gpl e metano – sono invece previsti 150 milioni per la fascia 61-90 g/km e 100 milioni per la fascia 91-110 g/km. Il guaio è che, in maniera inversamente proporzionale ai fondi previsti, queste ultime due fasce sono di gran lunga quelle popolate dalle automobili più richieste, visto che quelle con la spina sono lontane dall’arrivare al 3% delle vendite totali.

   

Così, come era scontato prevedere, i 100 milioni per la fascia 91-110 g/km, teoricamente destinati a durare fino a fine anno, non arriveranno a venerdì, mentre i fondi destinati alla fascia 61-90 non supereranno ottobre.

    

Ma cosa sono questi g/km di CO₂? In verità, si tratta solo di un altro modo per esprimere i litri di carburante consumati: più si consumano carburanti fossili, più CO₂ si emette. Un parametro non troppo noto agli acquirenti, ma conosciutissimo dalle case automobilistiche che, pena onerosissime sanzioni – note da un decennio (v. regolamento CE n. 443/2009) e confermate per il 2030 con obiettivi ancor più difficili (v. regolamento UE 2019/631) – sono di fatto costrette a immettere sul mercato vetture con emissioni più basse, quelle ibride ricaricabili oppure tutte elettriche, considerate a emissioni nulle. E questo perché, indipendentemente dal mix di fonti con cui è prodotta l'energia elettrica, che siano rinnovabili o centrali a carbone, in tutti i paesi l'elettricità viene convenzionalmente considerata a emissioni zero. Eppure, per inciso, le emissioni reali, al pari dei consumi, dipendono in ogni caso da quanti chilometri si percorrono e da come li si percorre. Una Panda, anche ibrida, che percorresse più 28 mila chilometri all’anno, emetterebbe più di una Ferrari Portofino che arriva a 9,7 mila (e con 5 mila chilometri la Portofino risulterebbe più inquinante anche di un Suv ibrido plug-in).

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Il mercato dell’auto italiano, come gli altri in Europa, sta già seguendo da tempo la cura elettrica prescritta dal governo e difesa strenuamente dal M5s. Tuttavia, continuare ad accantonare risorse che non verranno utilizzate – altri 200 milioni nel 2021 da aggiungersi ai 70 già previsti dalla Legge Bilancio 2019 – è come tenere da parte farmaci che scadranno: non è né lungimirante né efficace. I consumatori chiedono altri aiuti, quelli appunto per le autovetture popolari, di quasi tutte le case automobilistiche e di tutte le alimentazioni: benzina, diesel, ibride e non, Gpl e metano. E la velocità con cui si stanno esaurendo i fondi messi a disposizione per le ultime due fasce di emissioni ne è una dimostrazione. 

    

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Probabile che con ulteriori tira e molla in fase di conversione del decreto Agosto si racimolino un altro po’ di risorse da destinare al mass market. Ma questo, oltre a non permettere di pianificare decentemente neanche una campagna pubblicitaria, lascia irrisolte le questioni di equità, ormai anche intergenerazionale. Sia il decreto Rilancio sia il decreto Agosto sono, infatti, coperti con debito: è giusto che i giovani di domani paghino le auto elettriche di oggi, specie se – visti i prezzi – si aiuta chi quell’auto potrebbe comprarla comunque?

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