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Un italiano al Mes (di nuovo): Nicola Giammarioli entra nel board

Angelica Migliorisi

Già segretario generale, ora diventa membro del consiglio di amministrazione del Fondo salva stati. Un argomento in meno per i sovranisti che gridano che "non c'è nessun italiano nelle stanze che contano"

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Una vita tra Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e ministero del Tesoro. Un master e un dottorato in economia. Nicola Giammarioli, 47 anni, umbro, è il nuovo membro del consiglio di amministrazione (management board) del Mes. Già segretario generale dell’organizzazione dal settembre 2019, sarà ora a capo della nuova segreteria generale, quindi della divisione Corporate governance e Politiche interne del Fondo, e del comparto Strategia politica e Relazioni istituzionali. La nomina entrerà in vigore a partire dal 18 settembre 2020.

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Una vita tra Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e ministero del Tesoro. Un master e un dottorato in economia. Nicola Giammarioli, 47 anni, umbro, è il nuovo membro del consiglio di amministrazione (management board) del Mes. Già segretario generale dell’organizzazione dal settembre 2019, sarà ora a capo della nuova segreteria generale, quindi della divisione Corporate governance e Politiche interne del Fondo, e del comparto Strategia politica e Relazioni istituzionali. La nomina entrerà in vigore a partire dal 18 settembre 2020.

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Repentina la benedizione di Klaus Regling, amministratore delegato (managing director) del Fondo salva stati: “Sono lieto che Nicola Giammarioli sia entrato a far parte del consiglio di amministrazione del Mes. È conosciuto e rispettato in Europa, soprattutto per il suo lavoro come capo della missione Mes in Grecia e per la partecipazione agli organi di governo del Mes e ai forum dell’Ue. La presenza di Nicola sarà una grande risorsa per il consiglio, e trarremo grande vantaggio dalla sua eccezionale conoscenza ed esperienza internazionale. Coordinerà importanti aree politiche, come il completamento del processo di riforma del Mes”.

 

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E chissà cosa avranno da dire ora quelli che amano ripetere che “nelle stanze che veramente contano, gli italiani non ci sono”; o che “120 miliardi degli italiani per salvare le banche tedesche”. Claudio Borghi, mente economica della Lega salviniana, ad esempio pochi mesi fa diceva: “La Francia e la Germania esprimono la dirigenza del Mes. Il managing director è tedesco, poi ci sono due tedeschi, due francesi, nessun italiano, nessuno spagnolo, nessun portoghese. Chissà come mai? Perché il Mes è uno strumento di distribuzione dei debiti e dei crediti secondo la convenienza di qualcuno”. Per dovere di cronaca, fino al settembre del 2019 nel board c’era un altro italiano, Cosimo Pacciani, che all’epoca era chief risk officer, uno dei ruoli più delicati nel Mes. Ora, dopo un anno esatto, entra Giammarioli, che già occupava un ruolo chiave come quello di segretario generale.

     

Insomma, tedeschi e francesi sono brutti e cattivi e noi, miseri e tapini, siamo solo bravi a sborsare denaro. E ovviamente ne sborsiamo più degli altri. 60 miliardi di euro, dicevano i sovranisti. Poco importa se poi si viene a scoprire che la somma versata dall’Italia al Mes ammonti a poco più di 14 miliardi di euro. E che il primo contribuente netto sia invece l’asse del male, quello franco-tedesco. Poi, Roma.

    

Ma quello che sovranisti e affini non sanno è che all’interno del Fondo salva stati il diritto di voto è proporzionale alla quota di capitale versata: più un paese versa contributi, più “pesa” sull’esito delle votazioni. E allora quella terza posizione a Roma fa anche un po’ comodo. Considerato soprattutto che sulle decisioni d’urgenza, per cui è richiesta una maggioranza qualificata dell’85 per cento, gode insieme a Parigi e Berlino di un vero e proprio diritto di veto.

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Ma non è finita qui. Nel consiglio dei governatori e in quello di amministrazione, “le stanze che veramente contano” quando si parla di Mes, Roma esprime gli stessi rappresentanti degli altri stati membri. Non uno in più, non uno in meno. Roberto Gualtieri, ministro dell’economia, siede tra i governors, Alessandro Rivera tra i directors, ovvero gli omologhi dei francesi Bruno Le Maire e Odile Renaud Basso. Tuttavia, a molti – troppi – conviene ripetere la bufala che l'Italia non è rappresentata in Europa. Ora che un italiano come Giammarioli siede nel board, i sovranisti avranno meno problemi a chiedere i fondi del Mes per rafforzare la sanità?

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