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Oltre 6 miliardi sulla Borsa di Tokyo. Così Buffett festeggia il suo compleanno

Ugo Bertone

Berkshire Hathaway compra il 5 per cento dei cinque più importanti conglomerati giapponesi. Ecco cosa c'è dietro alla mossa del più grande investitore di tutti i tempi, che ha appena compiuto 90 anni 

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L’immancabile lattina di Coca Cola più una fetta della torta preferita in compagnia dell’amico Bill Gates. Ieri, in occasione del suo compleanno numero novanta Warren Buffett, un patrimonio di 79 miliardi di dollari, non ha tradito la dieta che segue con scrupolo da decenni ogni domenica, frequentando il Mac Donald’s di Omaha, Nebraska. “Ho gli stessi gusti di un bambino di sei anni“, ama ripetere l’eroe di Wall Street. Ma il vero regalo Buffett se l’è fatto lunedì mattina lanciando una serie di operazioni mai viste sulla Borsa giapponese.

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L’immancabile lattina di Coca Cola più una fetta della torta preferita in compagnia dell’amico Bill Gates. Ieri, in occasione del suo compleanno numero novanta Warren Buffett, un patrimonio di 79 miliardi di dollari, non ha tradito la dieta che segue con scrupolo da decenni ogni domenica, frequentando il Mac Donald’s di Omaha, Nebraska. “Ho gli stessi gusti di un bambino di sei anni“, ama ripetere l’eroe di Wall Street. Ma il vero regalo Buffett se l’è fatto lunedì mattina lanciando una serie di operazioni mai viste sulla Borsa giapponese.

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Nel giro di poche ore Berkshire Hathaway, il braccio finanziario di Buffett, ha acquistato partecipazioni attorno al 5 per cento in cinque blue chips del Sol Levante: Mitsubishi, Mitsui, Itochu, Sumitomo e Marubeni. Una mossa dal sapore storico che va assai al di là dei 6,7 miliardi di dollari investititi da Buffett. Primo, il finanziere ha confermato il suo talento per le operazioni contrarian: nel corso degli ultimi 32 mesi, a mano a mano che si spegneva l’entusiasmo per la politica dell’Abenomics, i gestori occidentali hanno ridotto di 132 miliardi di dollari gli investimenti in Giappone, visto il declino dei risultati della politica economica di Tokyo. Secondo, sono ben pochi gli investitori occidentali che hanno avuto fortuna sul listino giapponese, che quest’anno ha del resto assistito alle traversie della new economy nipponica. Terzo, l’investimento cade all’indomani delle dimissioni del premier e nel bel mezzo di un braccio di ferro tra Usa e Cina che rischia di danneggiare nel profondo l’import export della terza economia del pianeta.

   

A prima vista, insomma, il blitz di Buffett cade in un momento difficile, frutto più della volontà di trovare alternative a Wall Street che non a una reale convinzione. Ma così si fa torto al talento del più grande investitore di tutti i tempi. L’ingresso sul mercato giapponese risponde sia a valutazioni di lungo termine che a un’analisi almeno decennale delle potenzialità del mercato più difficile del mondo, in cui si mescolano rituali antichi (Sumitomo è al centro del business dal XVII secolo) e un’atavica diffidenza per il capitalismo occidentale. Ma Buffett ha saputo individuare i compagni di viaggio con la consueta abilità. Le società scelte dal finanziere hanno una caratteristica particolare: si tratta delle cinque più importanti Sogo Shosha, che stanno a indicare società commerciali nate assieme al Giappone moderno che poi sono evolute come banche d’investimenti e finanziarie che hanno rappresentato la culla dei Keiretsu, i conglomerati che hanno garantito al capitalismo nipponico i mezzi per la formidabile ascesa economica nella prima metà del XX secolo, grazie all’intreccio tra le grandi famiglie e l’esclusione dagli affari che contano degli estranei. La formula dei Keiretsu, combinata con la potenza del ministero del commercio, il Miti, è stata una delle chiavi dell’affermazione di Tokyo almeno fino agli anni 80, per poi andare progressivamente in crisi: per molti osservatori il monopolio dei commerci e delle materie prime esercitato da questi circoli molto riservati è una delle ragioni del declino relativo di Tokyo.

   

Nel mondo di Amazon, si dice, non ha più senso un circuito commerciale chiuso, per sua natura più costoso e inefficiente. E così i Sogo Sosho si sono ridotti a essere una formula per garantire energia petrolifera a prezzo contenuto a danno del dinamismo imprenditoriale. Warren Buffett, che in Giappone ci è arrivato la prima volta nel 2011, ha subito colto le opportunità presentate da queste società che operano in un’ampia varietà di prodotti e di materiali, attraverso più di 1.100 uffici disseminati in oltre 200 città nel mondo con più di 20.000 specialisti che hanno in mano le chiavi del commercio giapponese. Grazie agli acquisti di lunedì e alla volontà di salire fino al 10 per cento nelle varie società, in pieno accordo con i soci di maggioranza giapponesi, ben lieti di aver individuato un compagno di viaggio abituato alle navigazioni a lungo termine, Buffett si qualifica così come la chiave di accesso al business nipponico che soffre i rischi di un conflitto Usa-Cina. Non è quindi solo un’operazione commerciale, o tantomeno una speculazione finanziaria, bensì il prodotto di quella visione a lungo termine che rappresenta il metodo tipico del più grande operatore borsistico del pianeta. Un ragazzino di 90 anni, che si accontenta di una fetta di torta e di una Coca Cola. Ovviamente di sua proprietà. 

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