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Il plot Mediobanca

Stefano Cingolani

Da dove nasce il nuovo progetto patriottico per difendere la banca al centro di infinite operazioni

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La Mediobanca va considerata un campione nazionale e deve essere protetta. Un campione ancor più grande e forte è il Leone di Trieste, alias Assicurazioni Generali delle quali la Mediobanca è azionista numero uno; di conseguenza bisogna salvaguardare anche lui.

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La Mediobanca va considerata un campione nazionale e deve essere protetta. Un campione ancor più grande e forte è il Leone di Trieste, alias Assicurazioni Generali delle quali la Mediobanca è azionista numero uno; di conseguenza bisogna salvaguardare anche lui.

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E Borsa Italiana? Che domande, lo dice la parola stessa, se la Borsa di Londra la vende come sembra, dovrebbe essere rimpatriata. Guarda caso, proprio Mediobanca sta lavorando anche a questo, si parla di una cordata italiana, finanziario-industriale, più una bella spruzzata di Cassa depositi e prestiti che non sta mai male, garantisce lo stato, la politica, i partiti oltre, ça va sans dire, all’interesse nazionale.

 

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Ma di che cosa stiamo parlando? Di un progetto patriottico che matura dentro e fuori il governo e ha come obiettivo immediato sostenere la banca d’affari creata da Enrico Cuccia la quale parla un eccellente inglese, però di questi tempi si è fatta sempre più italiana: ha portato a casa con successo l’offerta pubblica di Intesa Sanpaolo sulla Ubi Banca, ha in mano il riassetto di Tim con tutta l’annosa e irrisolta vicenda della rete unica, la sistemazione di Atlantia dopo l’annunciato taglio di Autostrade per l’Italia, la fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot, un matrimonio di Montepaschi con qualche buon partito che consentirebbe al Tesoro di uscire leccandosi le ferite.

 

Ciò vuol dire che non andrebbe sovvertita la plancia di comando a cominciare dall’amministratore delegato Alberto Nagel e dal presidente Renato Pagliaro che sono alla guida dalle dimissioni di Vincenzo Maranghi nel 2003. Dunque, la stabilità della Mediobanca sta a cuore anche a quella parte del governo che non ama nuove avventure nazional-stataliste.

Il paradosso è che la protezione non riguarda solo eventuali manine e manone straniere, ma anche il secondo uomo più ricco d’Italia, cioè Leonardo Del Vecchio esaltato finora come emblema dell’italico valore imprenditoriale da quegli stessi che adesso lo sospettano di essere il cavallo di Troia di una colonizzazione francese ordita dal Pd e da Emmanuel Macron.

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Complottismi di ferragosto? Il fatto è che Del Vecchio ha fuso la Luxottica con la Essilor (il nuovo gruppo si chiama Essilux ed è guidato da un francese), opera dal Lussemburgo con la sua holding Delfin, è azionista rilevante di Generali con il 4,84 per cento.

 

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Il secondo socio di Mediobanca con il 5,7 per cento è ancora il bretone Vincent Bolloré a sua volta primo azionista di Tim e di Mediaset subito dopo la Fininvest di Berlusconi con la quale sono avviati negoziati di pace per riprendere insieme il progetto di una tv che sfidi Netflix.

 

La Banca centrale europea nella persona dell’italiano Andrea Enria capo della vigilanza, dovrebbe dare il via libera all’aumento della quota di Del Vecchio il quale vorrebbe salire al 20 per cento, dunque il tempo stringe e suonano campanelli d’allarme a piazzetta Cuccia, a Trieste, ma anche a Roma, in parlamento e nel governo. Mentre la Borsa, che si rimpinza di retroscena, ha fatto salire la quotazione della banca d’affari del 5,9 per cento l’altro ieri e di un altro 1,66 per cento ieri.

 

La finanza passa la palla alla politica. Il decreto d’agosto varato “salvo intese tecniche” conteneva una norma per consentire alla Consob di bloccare scalate ostili nelle banche anche da parte di società facenti parte dell’Unione europea e dell’area euro, concepita guardando soprattutto a quel che succede dentro e attorno alla Mediobanca, oltre a impedire la candidatura di Euronext per acquisire Borsa Italiana.

 

Il provvedimento, caldeggiato dal Movimento 5 stelle, ma appoggiato all’esterno anche dalla Lega, è stato bloccato dalla opposizione dei renziani e dalle obiezioni di merito del Pd: in particolare Vincenzo Amendola, ministro delle Politiche comunitarie ha eccepito in nome della concorrenza e delle norme comunitarie.

Secondo Giulio Centemero, capogruppo della Lega nella commissione finanze della Camera dei deputati, “il governo sta svendendo Mediobanca e Borsa Italiana, anzi sta svendendo l’Italia. Non volere che Consob abbia gli stessi poteri della Financial Conduct Authority, la Consob inglese, e non voler proteggere le nostre infrastrutture finanziarie come fanno ad esempio altri paesi a noi vicini territorialmente, è anacronistico oltre che deleterio. Una cosa è acconsentire al subentro di altro attore al posto del London Stock Exchange, dando alle autorità di vigilanza strumenti migliori di controllo e moral suasion di quelli attuali. Un'altra cosa è cedere non solo Borsa ma anche i presidi necessari di vigilanza”.

 

Per Centemero il Pd prepara lo scambio con Macron: alla Francia i gioielli di famiglia (Mediobanca e Generali), all’Italia il Recovery fund. I grillini sono sulla stessa lunghezza d’onda soprattutto riguardo alla Borsa considerata “di importanza strategica”.

 

Dunque, i due comma usciti dalla finestra del decreto rientrerebbero comunque dalle finestre del parlamento. Quanto a Del Vecchio, il compromesso riguarda l’impegno a non sostituire i vertici di Mediobanca e a non espandere la sua presenza nel consiglio di amministrazione. Oggi ci sono due consiglieri per i piccoli azionisti, Delfin potrebbe prenderne uno o addirittura rinunciare. Ma Del Vecchio spenderebbe oltre mezzo miliardo di euro per raddoppiare la propria quota accontentandosi di fare l’investitore passivo? Pochi sono disposti a crederlo.

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