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editoriali

Territorio, comunità e (anche) l’Europa

Redazione

Messina presenta grandi numeri e chiarisce la logica di crescita Intesa

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Diventata ormai di gran lunga la prima banca italiana (il suo valore azionario con 30 miliardi di euro supera di circa 12 miliardi Unicredit) Intesa Sanpaolo punta alla pole position in Europa scavalcando Bnp Paribas e tallonando il Banco Santander. E’ un obiettivo ambizioso, ma “con Ubi saremo vicini”, ha detto ieri l’amministratore delegato Carlo Messina presentando agli analisti un bilancio del primo semestre che ha superato le aspettative: il migliore utile dal 2008 pari a 2,6 miliardi di euro nonostante la pandemia, un obiettivo di 3 miliardi realistico alla fine dell’anno anche senza l’acquisizione di Ubi, costi operativi per 2,230 miliardi di euro appena sopra le previsioni di 2,2 miliardi, un patrimonio di vigilanza del 14,9 per cento. Il titolo ha fatto un balzo in Borsa del 4,75 per cento non appena le agenzie hanno battuto le cifre. “Nei prossimi anni in Italia così come sul piano comunitario e transfrontaliero, ci sarà un’accelerazione dei processi di fusione e acquisizione – ha aggiunto Messina – Ovviamente non vogliamo essere deboli all’interno di questi processi, ma allo stesso tempo l’ipotesi di un consolidamento a livello europeo per noi non è una priorità”. Dunque, “grande attenzione al territorio e alle comunità”. Il rafforzamento interno è fondamentale anche per affrontare il prevedibile aumento dei crediti deteriorati dalla crisi. La scelta strategica, insomma, è “creare un campione nazionale in grado di competere con successo a livello europeo”. Intesa è troppo grande in patria? Concorrenza o monopolio sono condizioni da valutare in uno scenario che con la crisi cambia ancor più rapidamente e spinge per aumentare la taglia e rafforzare il capitale, non a caso la Bce ha dato il via libera all’acquisizione della Ubi. La crescita fuori dai confini non viene esclusa, tuttavia andrà perseguita secondo una logica industriale, cogliendo le occasioni che si presentano per rafforzare i mestieri complessi di una banca moderna. L’obiettivo resta aumentare il valore per gli azionisti e, dice Messina, “oggi non vedo questa possibilità in una diversificazione geografica pura e semplice”. Standing alone. Per ora.

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Diventata ormai di gran lunga la prima banca italiana (il suo valore azionario con 30 miliardi di euro supera di circa 12 miliardi Unicredit) Intesa Sanpaolo punta alla pole position in Europa scavalcando Bnp Paribas e tallonando il Banco Santander. E’ un obiettivo ambizioso, ma “con Ubi saremo vicini”, ha detto ieri l’amministratore delegato Carlo Messina presentando agli analisti un bilancio del primo semestre che ha superato le aspettative: il migliore utile dal 2008 pari a 2,6 miliardi di euro nonostante la pandemia, un obiettivo di 3 miliardi realistico alla fine dell’anno anche senza l’acquisizione di Ubi, costi operativi per 2,230 miliardi di euro appena sopra le previsioni di 2,2 miliardi, un patrimonio di vigilanza del 14,9 per cento. Il titolo ha fatto un balzo in Borsa del 4,75 per cento non appena le agenzie hanno battuto le cifre. “Nei prossimi anni in Italia così come sul piano comunitario e transfrontaliero, ci sarà un’accelerazione dei processi di fusione e acquisizione – ha aggiunto Messina – Ovviamente non vogliamo essere deboli all’interno di questi processi, ma allo stesso tempo l’ipotesi di un consolidamento a livello europeo per noi non è una priorità”. Dunque, “grande attenzione al territorio e alle comunità”. Il rafforzamento interno è fondamentale anche per affrontare il prevedibile aumento dei crediti deteriorati dalla crisi. La scelta strategica, insomma, è “creare un campione nazionale in grado di competere con successo a livello europeo”. Intesa è troppo grande in patria? Concorrenza o monopolio sono condizioni da valutare in uno scenario che con la crisi cambia ancor più rapidamente e spinge per aumentare la taglia e rafforzare il capitale, non a caso la Bce ha dato il via libera all’acquisizione della Ubi. La crescita fuori dai confini non viene esclusa, tuttavia andrà perseguita secondo una logica industriale, cogliendo le occasioni che si presentano per rafforzare i mestieri complessi di una banca moderna. L’obiettivo resta aumentare il valore per gli azionisti e, dice Messina, “oggi non vedo questa possibilità in una diversificazione geografica pura e semplice”. Standing alone. Per ora.

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