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Salvini, Orsina e il Fattore €

Redazione

Come il Recovery fund, anche il piano Marshall aveva condizionalità politiche

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Il prof. Giovanni Orsina è uno storico e politologo di scuola liberale e realista, con uno sguardo attento tendente al benevolo sui “barbari” sovranisti. In un commento all’accordo sul Recovery fund, pubblicato sulla Stampa, scrive che “l’entusiasmo degli europeisti italiani è esagerato” perché i finanziamenti sono “subordinati a condizioni molto stringenti”. E questo, non solo è cosa vera, ma anche giusta. L’Europa non concede jackpot da spendere a piacimento, per fortuna. Ma il prof. Orsina aggiunge un’altra critica salviniana all’accordo: “Le conclusioni del Consiglio contengono un ricatto nemmeno troppo velato agli elettori della Penisola: non vi azzardate a mandare al governo i sovranisti, altrimenti…”. E, dice Orsina, “non bisogna essere Salvini per ritenere che questa parte dell’accordo sia quantomeno discutibile”.

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Il prof. Giovanni Orsina è uno storico e politologo di scuola liberale e realista, con uno sguardo attento tendente al benevolo sui “barbari” sovranisti. In un commento all’accordo sul Recovery fund, pubblicato sulla Stampa, scrive che “l’entusiasmo degli europeisti italiani è esagerato” perché i finanziamenti sono “subordinati a condizioni molto stringenti”. E questo, non solo è cosa vera, ma anche giusta. L’Europa non concede jackpot da spendere a piacimento, per fortuna. Ma il prof. Orsina aggiunge un’altra critica salviniana all’accordo: “Le conclusioni del Consiglio contengono un ricatto nemmeno troppo velato agli elettori della Penisola: non vi azzardate a mandare al governo i sovranisti, altrimenti…”. E, dice Orsina, “non bisogna essere Salvini per ritenere che questa parte dell’accordo sia quantomeno discutibile”.

   

Non si capisce il motivo di questo giudizio. I paesi europei danno solidarietà in cambio di responsabilità, mettono risorse in comune per un progetto comune. E’ logico e pienamente legittimo porre dei limiti economici e politici a chi ha un progetto opposto, quello di disintegrazione delle istituzioni comunitarie. Se Salvini vuole sfasciare l’euro non lo farà con i nostri euro, è la posizione degli altri stati membri. D’altronde è ciò che è accaduto con il tanto ricordato (e sempre invocato) Piano Marshall, il catalizzatore del mercato comune europeo e della Nato. Neppure l’aiuto degli americani nel Dopoguerra era incondizionato e disinteressato. Alla base dell’“European recovery program”, così si chiamava, vi erano stringenti condizionalità economiche e forti vincoli politici, come l’esclusione dei comunisti dal governo. I soldi arrivavano perché gli americani si fidavano di De Gasperi ed Einaudi, ma se alle elezioni avesse vinto il Fronte popolare gli aiuti sarebbero stati sospesi. E infatti il Pci si opponeva al Piano Marshall con argomenti simili a quelli usati da Salvini (la sovranità nazionale, l’asservimento a Washington, etc.). E’ anche con questo “ricatto” che è nata e si è rafforzata la nostra democrazia. Certo, i tempi sono cambiati e le condizioni sono diverse. Ma se per Washington era fondamentale il fattore K, è naturale che a Bruxelles diano importanza al fattore €.

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