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La Cgil non ha fatto ricorso alla Cig, dice Landini. Ma i numeri dicono altro

Valeria Manieri

Il segretario nega (e non si capisce perché), ma i documenti parlano chiaro sulla cassa integrazione: la Cgil ha usufruito degli ammortizzatori sociali. Perché il sindacato non rende pubblici i dati?

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E’ stato un periodo difficile per tutti, per le aziende, per la pubblica amministrazione poco abituata alla tecnologia e al telelavoro, periodo di scelte complesse per diverse organizzazioni di categoria, parti sociali e corpi intermedi. Molti sono dovuti ricorrere a smart working, ferie forzate, riorganizzazioni lavorative, stravolgimento degli abituali ruolini di marcia, a volte con una riduzione delle attività previste (per alcuni), altre volte con un surplus di attività che si concentrava solo su alcuni comparti produttivi e lavorativi.

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E’ stato un periodo difficile per tutti, per le aziende, per la pubblica amministrazione poco abituata alla tecnologia e al telelavoro, periodo di scelte complesse per diverse organizzazioni di categoria, parti sociali e corpi intermedi. Molti sono dovuti ricorrere a smart working, ferie forzate, riorganizzazioni lavorative, stravolgimento degli abituali ruolini di marcia, a volte con una riduzione delle attività previste (per alcuni), altre volte con un surplus di attività che si concentrava solo su alcuni comparti produttivi e lavorativi.

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Sono tantissime le richieste di cassa integrazione per le imprese che rientrano nei requisiti e sono molte anche quelle che hanno fatto ricorso al Fondo di integrazione salariale (Fis). Il Fondo di fatto comprende tutti i datori di lavoro (anche non organizzati in forma d’impresa), che occupano mediamente più di 5 dipendenti e che non rientrano nel campo di applicazione della Cassa integrazione guadagni (Cig) ordinaria e straordinaria. Il Fis racchiude quindi anche le categorie sindacali. Alcuni di essi vi hanno fatto ricorso, con la specifica causale “Covid”.

  

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Nulla di strano, se non fosse che qualche sera fa, nel programma “In onda” su La7, a specifica domanda fatta dal direttore del Foglio Claudio Cerasa, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha risposto che “al momento di lavoratori in cassa integrazione in Cgil non ce ne sono, in questo periodo non ce n’è”. Non è chiaro a quale periodo si riferisse, ma quel che è certo è che fino a pochi giorni fa certamente ve ne fossero diversi. Che si tratti di Cig o Fis, la sostanza non cambia, Landini sembra aver nicchiato. Del resto per i sindacati sembra essere un terreno molto delicato, anche al proprio interno, e non troppo trasparente verso l’esterno. Dopo numerose telefonate di persone che ci hanno contattato o che abbiamo cercato, con garanzia di anonimato, è emerso che il ricorso al Fis non sia stato una roba da poco. Ci sono dipendenti che ne hanno usufruito e con buona probabilità continuano a fruirne. E’ noto agli addetti ai lavori che la Fiom-Cgil usi il Fis una settimana al mese per tutti i lavoratori assunti dal sindacato mentre quelli in distacco versano un contributo pari a quanto perderebbero con una retribuzione erogata dal fondo di solidarietà.

  

Inoltre, al di là delle informazioni e delle telefonate riservate, esiste una delibera della segreteria nazionale Cgil che in data 6 aprile stabiliva: “La segreteria nazionale, anche a seguito della discussione effettuata in video conferenza con i segretari generali, assume i seguenti indirizzi e decisioni: al 30 giugno 2020, come prevede il regolamento del personale, le ferie pregresse al 31.12.2019 vanno fruite e dal 1 luglio i residui saranno comunque cancellati; la Cgil nazionale avanzerà la richiesta di poter usufruire del Fis per riduzione dell’attività lavorativa con causale ‘Covid-19’ per il periodo massimo previsto di 9 settimane, riservandosi poi di programmare mensilmente l’effettivo ricorso; con esclusione dei componenti della segreteria confederale, dei distacchi delle leggi 300, tutte le compagne e i compagni del centro confederale nel mese di aprile saranno posti in Fis per 9 giornate, secondo un programma articolato su 3 settimane; le compagne e i compagni non inclusi nel ricorso al Fis nel mese di aprile sono tenuti a versare un contributo perequativo equivalente alla decurtazione salariale posta a carico di chi dovrà usufruire dell’ammortizzatore: l’erogazione dei ticket restaurant è riconosciuta solo ed esclusivamente in base alla effettiva presenza”. Insomma, è scritto nero su bianco.

  

Vi sono poi comunicati della Cgil Reggio Emilia che ad aprile annunciava sui propri social: “Per la prima volta nella sua storia la Cgil ha disposto la cassa integrazione per i suoi lavoratori. Nelle giornate di sabato 4-11-18 e giovedì 30 aprile e sabato 2-9-16-23-30 maggio e lunedì 1° giugno tutte le sedi della Cgil provinciali saranno chiuse”. E Ivano Bosco, segretario provinciale Cgil di Reggio Emilia, tra marzo e aprile dichiarava giustamente e con trasparenza: “La cassa integrazione che riguarda più di 200 dipendenti nella nostra provincia e tutti i dipendenti della Cgil in Italia, è partita dal 4 aprile e terminerà il 1° giugno. Faremo tutti dieci giorni di cassa in due mesi. E’ stato necessario, perché, oramai, non viene più nessuno al sindacato dato che la gente non si può più spostare. Così, in questa fase di stanca, abbiamo pensato di attivare questo ammortizzatore”.

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Non sappiamo quanti lavoratori o lavoratrici su tutto il territorio nazionale siano ancora in regime di integrazione salariale, visto che la delibera sopracitata della segreteria nazionale Cgil tecnicamente lasciava spazio anche al prolungamento del Fis oltre le nove giornate stabilite per tutti verso possibili nove settimane. Queste nove settimane sono state attivate, ma non è noto se siano state fruite dall’organizzazione sindacale, mese per mese, come il documento indicava. La Cgil non è chiaramente l’unica forza sindacale ad aver fruito del Fis, sembra sia così anche per la Cisl e la Uil. Sarebbe un segnale di trasparenza e di responsabilità collettiva rendere pubblici i numeri della gestione straordinaria di integrazione ai salari di molti dipendenti interni alle forze sindacali. Sarebbe giusto, visto che dipendono dalla fiscalità generale e sono pagati dall’Inps, che questi numeri fossero noti. Anche perché è l’estensione del fenomeno a rendere più o meno necessario il ricorso a questo strumento.

 

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Il sindacato non potrebbe che guadagnare credibilità nel rivelare questi numeri, con una grande operazione di trasparenza e buon senso in tempi in cui a tutti è richiesta buona volontà, impegno, maggiore trasparenza sull’utilizzo delle risorse pubbliche, che non sono infinite. Sappiamo bene che per una buona fetta di lavoratori e lavoratrici la cassa integrazione non è ancora arrivata. Sarebbe interessante anche sapere se il Fis alle forze sindacali sia arrivato celermente o meno, o se anche esse lamentino ritardi nell’erogazione come buona parte delle aziende.

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