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Parisi burning

Luciano Capone

Il cda boccia per la terza volta il piano industriale del presidente dell’Anpal. Ancora problemi con i rimborsi spese

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Roma. Nuova fumata nera per Mimmo Parisi. Il professore del Mississippi venuto in Italia per volere di Luigi Di Maio si è visto respingere per la terza volta dal cda di Anpal il piano industriale. Ormai accade con una frequenza mensile. Era già successo nel cda del 26 marzo, convocato per approvare (in ritardo) il piano industriale triennale 2020-2022 dell’Agenzia nazionale per le politiche attive, a cui Parisi aveva lavorato per 13 mesi. Il progetto era ritenuto debole e insufficiente a rispondere all’emergenza Covid dagli altri due membri del cda, uno in rappresentanza del ministero del Lavoro e l’altro delle regioni. La scena si è ripetuta il 29 aprile, quando i due membri hanno richiesto il rinvio del cda per non approvare il piano del presidente. Infine, il 22 aprile, il cda di Anpal si è di nuovo rifiutato di votare, per la terza volta, il piano di Parisi. Che, nonostante tutto, resta incollato alla poltrona.

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Roma. Nuova fumata nera per Mimmo Parisi. Il professore del Mississippi venuto in Italia per volere di Luigi Di Maio si è visto respingere per la terza volta dal cda di Anpal il piano industriale. Ormai accade con una frequenza mensile. Era già successo nel cda del 26 marzo, convocato per approvare (in ritardo) il piano industriale triennale 2020-2022 dell’Agenzia nazionale per le politiche attive, a cui Parisi aveva lavorato per 13 mesi. Il progetto era ritenuto debole e insufficiente a rispondere all’emergenza Covid dagli altri due membri del cda, uno in rappresentanza del ministero del Lavoro e l’altro delle regioni. La scena si è ripetuta il 29 aprile, quando i due membri hanno richiesto il rinvio del cda per non approvare il piano del presidente. Infine, il 22 aprile, il cda di Anpal si è di nuovo rifiutato di votare, per la terza volta, il piano di Parisi. Che, nonostante tutto, resta incollato alla poltrona.

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L’agenzia che, in un periodo delicato come questo e di trasformazione del mondo del lavoro, dovrebbe occuparsi delle politiche attive è senza alcun piano sul futuro immediato e più remoto. E il suo presidente, l’italoamericano Parisi, è completamente delegittimato: sia all’interno dell’agenzia, visto che non riesce a far passare il piano industriale, sia all’esterno, visto che è in conflitto aperto con il ministero del Lavoro (che vigila su Anpal) e che il governo non ha ritenuto di dover inserire Parisi in nessuna delle tante task force che si occupano dell’emergenza. Praticamente l’agenzia è in uno stato vegetativo e il suo presidente itinerante, che fa la spola tra Roma e il Mississippi a spese dell’ente, non è considerato da nessuno.

 

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Parisi, dal canto suo, continua a fare buon viso a cattivo gioco: “Anche se mi rendo conto che i tempi sono stati più lunghi di quanto ci eravamo prefissi, la buona notizia è che stiamo procedendo nella direzione giusta”, ha scritto in una lettera ai suoi dipendenti dopo l’ennesima figuraccia rimediata in cda. In Anpal, dove sono abbastanza sconcertati dalla situazione drammatica in cui versa l’agenzia, ancora non riescono a capire se Parisi “ci è o ci fa”. Pochi giorni prima del cda, il 20 maggio, Parisi ha avuto un confronto con le regioni per assicurarsi che tutto filasse liscio. Dall’incontro era emerso che le regioni erano molto insoddisfatte del piano industriale tanto da richiedere profonde modifiche. Incredibilmente Parisi era uscito entusiasta dall’incontro, convinto che l’esito fosse positivo. E invece due giorni dopo è arrivata la terza bocciatura. In tanti erano convinti che Parisi fingesse di avere la situazione sotto controllo (“Ci fa”), ma dopo gli sviluppi anche ridicoli della vicenda cresce il partito di quelli che credono che non ci sia alcuna dissimulazione (“Ci è”).

 

Oltre all’adozione del piano strategico e del piano industriale triennale, l’ordine del giorno del cda prevedeva anche un punto molto delicato: “Approvazione della ripartizione delle spese degli Organi collegiali Anpal-Anpal servizi spa”. Neppure questo punto è stato approvato.

 

E questo complica molto la situazione di Parisi, ormai impantanato nel problema delle sue note spese da decine di migliaia di euro, che non sa a chi far pagare (se Anpal di cui è presidente o la controllata Anpal servizi, di cui è amministratore unico). Un problema che si trascina da un anno e che nessuno vuole assumersi la responsabilità di risolvere. L’uomo scelto dal M5s per rivoluzionare il mondo del lavoro, da quando guida l’Anpal ha speso decine di migliaia di euro in voli per gli Stati Uniti in business class (“per motivi di salute: ho mal di schiena”, ha detto), grazie a un regolamento che si è scritto da solo e che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ritiene illegittimo. Ma c’è un ulteriore problema. A prescindere dalla legittimità del regolamento che Parisi si è scritto a dicembre 2019, restano scoperte tutte le spese sostenute fino a quella data, di cui il ministero ha chiesto conto ma che il presidente ancora si rifiuta di rendicontare. Nonostante avesse preso un impegno pubblico, anche in Parlamento in audizione, di pubblicare in dettaglio sul sito tutte le spese sostenute per rispettare le norme sulla trasparenza. Niente di fatto. Parisi non rende conto al ministero del Lavoro e neppure al Parlamento, ma resta al suo posto proseguendo come se nulla sia successo. Ma sul tema dei soldi non ci sono dubbi: il partito del “Ci fa” prevale nettamente su quello del “Ci è”.

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