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Un nuovo grosso caso Fca

Redazione

Si riapre lo scontro Aspi-M5s sulla garanzia. Ora serve una soluzione definitiva

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C’è un nuovo caso Fca per il governo. Ma più complicato. Stavolta il problema non è la sede legale, perché questa azienda è italiana e la sua holding è a Roma. Il problema è un vecchio contenzioso, che si era aperto in epoca gialloverde e mai concluso, solo messo per un po’ sotto al tappeto grazie alle doti dell’avvocato-mediatore-premier Giuseppe Conte. E’ il caso Autostrade, che covava sotto la cenere e ora torna a divampare anche a causa del Covid. La holding Atlantia, che ha come azionista principale i Benetton, attacca il governo: minaccia di sospendere gli investimenti e “valuta tutte le iniziative legali necessarie per la tutela della società”. Atlantia ha convocato un cda straordinario, mettendo una linea di credito da 900 milioni, per far fronte alla crisi di Aspi che, nel periodo del lockdown, ha subìto un tracollo del traffico “con punte dell’80 per cento, generando una perdita di ricavi stimata in oltre 1 miliardo di euro per il solo 2020”. Aspi si è inoltre vista negare da Cdp la richiesta di 200 milioni all’interno di una linea di finanziamento da 1,3 miliardi aperta nel 2017: il motivo del niet di Cdp è anche la norma nel dl Milleproroghe con cui il governo ha modificato le regole per la revoca della concessione, riducendo l’indennizzo dovuto dai 23 miliardi previsti dalle condizioni della convenzione a circa 7 miliardi.

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C’è un nuovo caso Fca per il governo. Ma più complicato. Stavolta il problema non è la sede legale, perché questa azienda è italiana e la sua holding è a Roma. Il problema è un vecchio contenzioso, che si era aperto in epoca gialloverde e mai concluso, solo messo per un po’ sotto al tappeto grazie alle doti dell’avvocato-mediatore-premier Giuseppe Conte. E’ il caso Autostrade, che covava sotto la cenere e ora torna a divampare anche a causa del Covid. La holding Atlantia, che ha come azionista principale i Benetton, attacca il governo: minaccia di sospendere gli investimenti e “valuta tutte le iniziative legali necessarie per la tutela della società”. Atlantia ha convocato un cda straordinario, mettendo una linea di credito da 900 milioni, per far fronte alla crisi di Aspi che, nel periodo del lockdown, ha subìto un tracollo del traffico “con punte dell’80 per cento, generando una perdita di ricavi stimata in oltre 1 miliardo di euro per il solo 2020”. Aspi si è inoltre vista negare da Cdp la richiesta di 200 milioni all’interno di una linea di finanziamento da 1,3 miliardi aperta nel 2017: il motivo del niet di Cdp è anche la norma nel dl Milleproroghe con cui il governo ha modificato le regole per la revoca della concessione, riducendo l’indennizzo dovuto dai 23 miliardi previsti dalle condizioni della convenzione a circa 7 miliardi.

 

Una modifica unilaterale che ha “determinato il downgrade del rating a livello sub investment grade di Atlantia e Aspi”, rendendo difficile l’accesso al mercato. In questo contesto critico, Aspi ha avviato l’istruttoria per chiedere al governo la garanzia Sace – proprio come Fca, secondo quanto previsto dal decreto liquidità – su un prestito da 1,25 miliardi. Ma l’azienda ha accolto con preoccupazione le dichiarazioni del vice al Mise, il grillino Stefano Buffagni, secondo cui ad “Aspi dovrebbe essere precluso l'accesso alla garanzia pubblica”. A rischio ci sono decine di migliaia di dipendenti e azionisti. Il governo non deve per forza favorire il “big business”, ma neppure può affossare le imprese per pregiudizi ideologici o bandierine di partito. Risolva presto – in qualsiasi senso – il contenzioso con Aspi, perché per fare impresa e investimenti serve innanzitutto certezza del diritto.

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