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Ragioni per una ripartenza non tardiva

L’effetto possibile sul lockdown delle previsioni di Confindustria sul 2020

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L’appello di Confindustria a preservare il tessuto produttivo con un’azione di politica economica tempestiva ed efficace, ha messo al centro un interesse generale, che è quello di evitare che la recessione profonda di questi mesi distrugga anche solo parte del potenziale economico dell’Italia e si traduca in una depressione prolungata, con un aumento drammatico della disoccupazione e il crollo del benessere sociale. Posta così la questione, non solo diventa difficile obiettare che si sta barattando la salute delle persone con il profitto, ma fa riflettere sul fatto che forse è arrivato il momento di separare l’aspetto sanitario da quello economico, per quanto sia difficile. Per provare a uscire da questa situazione è, infatti, necessario uno sguardo prospettico, che inevitabilmente arriva fino alla ripartenza produttiva che dovrà essere graduale, ma neanche troppo lenta, perché, spiega il rapporto del Centro studi di Confindustria, se il blocco termina entro maggio è inevitabile che l’Italia perda almeno sei punti di prodotto interno lordo quest’anno, ma se si va oltre maggio bisognerà contare uno 0,75 per cento di pil in meno per ogni settimana in più che le aziende resteranno ferme. Il che opporrebbe alla riduzione del contagio pandemico l’aumento esponenziale della mortalità delle aziende. Come si fa a evitare tutto questo? Confindustria ha avanzato diverse proposte al governo per garantire liquidità alle imprese, che per la verità scarseggiava anche prima dell’epidemia, e a livello europeo ha elaborato un piano, con la collaborazione delle omologhe associazioni di Francia e Germania, che potrebbe far recuperare da 1,9 a 2,5 punti di pil, ma non si spinge fino al punto da ipotizzare una regia logistico-organizzativa per gestire il graduale e disciplinato ritorno delle persone al lavoro in condizioni di sicurezza. Più la ripresa delle produzioni e delle attività lavorative in generale sarà veloce più ci sarà bisogno di un piano in questo senso per rafforzare nelle persone la convinzione che si stia facendo la cosa giusta. Ma non è detto che qualcuno non ci stia già pensando.

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L’appello di Confindustria a preservare il tessuto produttivo con un’azione di politica economica tempestiva ed efficace, ha messo al centro un interesse generale, che è quello di evitare che la recessione profonda di questi mesi distrugga anche solo parte del potenziale economico dell’Italia e si traduca in una depressione prolungata, con un aumento drammatico della disoccupazione e il crollo del benessere sociale. Posta così la questione, non solo diventa difficile obiettare che si sta barattando la salute delle persone con il profitto, ma fa riflettere sul fatto che forse è arrivato il momento di separare l’aspetto sanitario da quello economico, per quanto sia difficile. Per provare a uscire da questa situazione è, infatti, necessario uno sguardo prospettico, che inevitabilmente arriva fino alla ripartenza produttiva che dovrà essere graduale, ma neanche troppo lenta, perché, spiega il rapporto del Centro studi di Confindustria, se il blocco termina entro maggio è inevitabile che l’Italia perda almeno sei punti di prodotto interno lordo quest’anno, ma se si va oltre maggio bisognerà contare uno 0,75 per cento di pil in meno per ogni settimana in più che le aziende resteranno ferme. Il che opporrebbe alla riduzione del contagio pandemico l’aumento esponenziale della mortalità delle aziende. Come si fa a evitare tutto questo? Confindustria ha avanzato diverse proposte al governo per garantire liquidità alle imprese, che per la verità scarseggiava anche prima dell’epidemia, e a livello europeo ha elaborato un piano, con la collaborazione delle omologhe associazioni di Francia e Germania, che potrebbe far recuperare da 1,9 a 2,5 punti di pil, ma non si spinge fino al punto da ipotizzare una regia logistico-organizzativa per gestire il graduale e disciplinato ritorno delle persone al lavoro in condizioni di sicurezza. Più la ripresa delle produzioni e delle attività lavorative in generale sarà veloce più ci sarà bisogno di un piano in questo senso per rafforzare nelle persone la convinzione che si stia facendo la cosa giusta. Ma non è detto che qualcuno non ci stia già pensando.

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