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Il mezzo bazooka della Bce

Mariarosaria Marchesano

L’intervento di Francoforte è potente, ma permangono rigidità che possono frenarne l’efficacia

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Milano. E’ un vero bazooka il Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp) messo in campo dalla Bce? Le opinioni sono discordanti e la reazione prima contrastata, poi positiva, ma non euforica delle borse europee ieri – solo Atene ha registrato un vero exploit perché il paese sarà ammesso, in deroga, a partecipare – è il segnale che c’è qualcosa che non convince. Oppure che il messaggio che le borse cercano – cioè di un intervento congiunto di politica monetaria e fiscale per affrontare questa grave emergenza – non è arrivato del tutto forte e chiaro. Dal punto di vista degli investitori è lecito domandarsi se questo Quantitative easing pandemico sarà sufficiente a evitare il crollo economico della zona euro e la sua frammentazione. “E’ un passaggio importante e positivo che ha subito calmierato gli spread allentando la pressione sui titoli di stato italiani – spiega al Foglio Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs WM per l’Italia –. Ma permangono alcune regole che potrebbero frenarne l’efficacia come il fatto che l’entità degli acquisti per ciascun paese sarà decisa in base al pil e non alle sue reali necessità”. Questo vuol dire che sebbene l’Italia sia al momento il paese più colpito dalla pandemia, riceverebbe meno aiuti di Francia e Germania, che hanno un pil più elevato. “Su tali aspetti ci sono valutazioni in corso e qualcosa potrebbe essere migliorato, ma intanto l’annuncio non sembra avere lo stesso peso di quello fatto negli Stati Uniti da Federal Reserve e governo”, prosegue Ramenghi aggiungendo che un altro elemento che frena i mercati è il fatto che “non si vede ancora il picco della pandemia e che, anche se si vedesse per l’Italia, la ripresa potrebbe essere rallentata dagli altri paesi con cui intrattiene rapporti economici e commerciali che si trovano ancora all’inizio della crisi”.

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Milano. E’ un vero bazooka il Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp) messo in campo dalla Bce? Le opinioni sono discordanti e la reazione prima contrastata, poi positiva, ma non euforica delle borse europee ieri – solo Atene ha registrato un vero exploit perché il paese sarà ammesso, in deroga, a partecipare – è il segnale che c’è qualcosa che non convince. Oppure che il messaggio che le borse cercano – cioè di un intervento congiunto di politica monetaria e fiscale per affrontare questa grave emergenza – non è arrivato del tutto forte e chiaro. Dal punto di vista degli investitori è lecito domandarsi se questo Quantitative easing pandemico sarà sufficiente a evitare il crollo economico della zona euro e la sua frammentazione. “E’ un passaggio importante e positivo che ha subito calmierato gli spread allentando la pressione sui titoli di stato italiani – spiega al Foglio Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs WM per l’Italia –. Ma permangono alcune regole che potrebbero frenarne l’efficacia come il fatto che l’entità degli acquisti per ciascun paese sarà decisa in base al pil e non alle sue reali necessità”. Questo vuol dire che sebbene l’Italia sia al momento il paese più colpito dalla pandemia, riceverebbe meno aiuti di Francia e Germania, che hanno un pil più elevato. “Su tali aspetti ci sono valutazioni in corso e qualcosa potrebbe essere migliorato, ma intanto l’annuncio non sembra avere lo stesso peso di quello fatto negli Stati Uniti da Federal Reserve e governo”, prosegue Ramenghi aggiungendo che un altro elemento che frena i mercati è il fatto che “non si vede ancora il picco della pandemia e che, anche se si vedesse per l’Italia, la ripresa potrebbe essere rallentata dagli altri paesi con cui intrattiene rapporti economici e commerciali che si trovano ancora all’inizio della crisi”.

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Insomma, a differenza della Cina, l’Europa potrebbe soffrire di una asincronia nei tempi di recupero dal coronavirus e il temuto effetto domino potrebbe indebolire qualsiasi intervento che manchi degli strumenti necessari. Bisogna riconoscere, però, che rispetto a una settimana fa, quando la presidente della Bce, Christine Lagarde, aveva gelato i mercati con la sua famosa gaffe sugli spread, sono stati fatti passi da gigante. A seguito di quell’errore di comunicazione – se solo di questo si è trattato – il Consiglio direttivo dell’Eurotower ha affermato che “farà qualunque cosa serva” ed “è pienamente preparato ad aumentare le dimensioni dei suoi programmi di acquisto di attività e ad adeguare la loro composizione, per quanto necessario e per tutto il tempo necessario”. Insomma, il consiglio esplorerà tutte le opzioni e tutte le contingenze per sostenere l’economia attraverso questo choc. L’impegno, dunque, c’è, ma bisognerà vedere, come suggerisce Ramenghi se e in che modo la Bce è disponibile a rivedere alcuni limiti che si autoimpone. 

  

 

Nella nota che accompagna l’annuncio del Pepp, il Consiglio direttivo dice che “valuterà di rivederli nella misura necessaria a rendere la sua azione proporzionata ai rischi che affrontiamo”. Secondo l’ex capo economista del Mef, Lorenzo Codogno (LC Advisors) in conclusione si tratta di un “vero bazooka” e la Bce avrebbe dovuto introdurlo giovedì scorso o anche prima. “Ma meglio tardi che mai”. Codogno spiega che il programma di acquisto titoli “è effettivamente un Omt – cioè un prestito della Bce (ndr) – senza condizionalità”. Tuttavia, non è specifico per un paese, perché se lo fosse stato si sarebbe dovuto conformare alla regola che prevede l’imposizione di severe condizioni al paese che lo riceve (austerity stile Grecia). Un altro elemento importante è che il programma potrà continuare fino a quando l’impatto del Covid-19 sarà terminato e che il suo raggio d’azione è stato ampliato rispetto all’attuale Qe. “La Bce – precisa Codogno – ha deciso di estendere gli acquisti alle attività commerciali”. Del resto, le aziende che rischiano il blocco totale sono in gran parte alberghi, ristoranti e vendita al dettaglio di prodotti non alimentari o essenziali, mentre quelli che saranno fermi in modo parziale sono il manifatturiero e i trasporti.

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Secondo un’analisi di BofA (Bank of America), questo choc richiede un’azione audace e urgente. “La liquidità è la prima linea di difesa per evitare che le aziende falliscano e le famiglie perdano reddito e lavoro”. La banca d’affari americana ha ridotto di nuovo le previsoni di crescita dell’area euro, poiché la maggior parte del continente si è mosso verso misure restrittive di quarantena solo all’inizio di questa settimana. “Prevediamo che il pil dell’Eurozona si ridurrà dell’1,7 per cento”, afferma. Questo significa -1,5 per cento in Francia, -1,7 per cento in Germania, -1,9 per cento in Spagna, -2,2 per cento in Italia. “Ci sono grandi rischi per queste previsioni”, conclude. In questo contesto il nostro paese, nel migliore dei casi, avrà una lieve recessione che porterebbe il rapporto debito/pil oltre il 140 per cento nei prossimi due anni, mentre nel peggiore, cioè di recessione accentuata, tale rapporto potrebbe ulteriormente salire.

 

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Secondo una ricerca dell’istituto tedesco Flossbach von Storch Research Institute, “con un rapporto debito/pil che si avvicina al 150 per cento, è improbabile che l’Italia possa accedere ai mercati finanziari senza aiuti esterni. Data la limitata capacità di finanziamento del Meccanismo europeo di stabilità, sembra inevitabile che la Bce debba assumere il ruolo di prestatore di ultime istanza al governo italiano”.

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