PUBBLICITÁ

In Confindustria si va verso la sfida Bonomi-Mattioli (con le partecipate decisive)

Renzo Rosati

Lo sblocco dei cantieri è nei programmi di entrambi i candidati, mentre sul terreno fiscale e di bilancio l’intesa per l’esecutivo appare più facile con il vicepresidente uscente

PUBBLICITÁ

Roma. Lontano dall’attenzione mediatica del passato, la campagna per l’elezione del presidente della Confindustria va avanti. La scadenza resta fissata al consiglio generale del 26 marzo, che designerà il nome da ratificare successivamente all’assemblea dei delegati del 20 maggio. Il primo appuntamento è però molto più ravvicinato, lunedì 9 marzo, quando i tre saggi incaricati delle consultazioni indicheranno chi rimarrà in corsa per la fase finale. Al momento la situazione è questa: il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi è in testa con 60-62 voti di associazioni di categoria, territoriali e imprese; Licia Mattioli, vicepresidente uscente per l’internazionalizzazione, napoletana trapiantata a Torino, imprenditrice orafa e già a capo degli industriali torinesi, lo segue con 50-52. Giuseppe Pasini, presidente degli industriali bresciani, di voti ne ha 25-26. Sarà dunque una partita tra i primi due, e i supporter di Mattioli confidano che i voti di Pasini non vadano all’altro lombardo per una certa rivalità tra i due (Pasini che è a capo di Feralpi, gruppo dell’acciaio, considererebbe Bonomi un imprenditore minore, e Brescia mal sopporta la milanese Assolombarda).

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Lontano dall’attenzione mediatica del passato, la campagna per l’elezione del presidente della Confindustria va avanti. La scadenza resta fissata al consiglio generale del 26 marzo, che designerà il nome da ratificare successivamente all’assemblea dei delegati del 20 maggio. Il primo appuntamento è però molto più ravvicinato, lunedì 9 marzo, quando i tre saggi incaricati delle consultazioni indicheranno chi rimarrà in corsa per la fase finale. Al momento la situazione è questa: il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi è in testa con 60-62 voti di associazioni di categoria, territoriali e imprese; Licia Mattioli, vicepresidente uscente per l’internazionalizzazione, napoletana trapiantata a Torino, imprenditrice orafa e già a capo degli industriali torinesi, lo segue con 50-52. Giuseppe Pasini, presidente degli industriali bresciani, di voti ne ha 25-26. Sarà dunque una partita tra i primi due, e i supporter di Mattioli confidano che i voti di Pasini non vadano all’altro lombardo per una certa rivalità tra i due (Pasini che è a capo di Feralpi, gruppo dell’acciaio, considererebbe Bonomi un imprenditore minore, e Brescia mal sopporta la milanese Assolombarda).

PUBBLICITÁ

   

Ma al momento il consenso geografico non vede i bresciani schierati neppure con Licia Mattioli. Che ha invece dalla sua Piemonte, Liguria, Val d’Aosta, Toscana sud e in Lombardia i settori moda-tessile, nel Veneto ha Verona e Belluno, in Emilia punta al supporto dell’alimentare e della meccanica. Bonomi, oltre al grosso di Lombardia e Veneto, e a un consistente gruppo di imprenditori laziali, ha Abruzzo e Basilicata mentre sempre al sud Mattioli conta su Puglia, Calabria e parte della Campania. La Piccola industria è divisa tra i due, così come i giovani industriali nonostante la linea bonomiana del loro presidente Alessio Rossi. Poi c’è il solito enigma delle partecipate pubbliche, che al momento sono orientate verso Mattioli, tranne Eni (dove conta il parere della presidente Emma Marcegaglia) e Poste. Molti vertici di queste controllate del Tesoro sono in scadenza, con l’orientamento di confermarne gli Ad modificando qualche presidenza. E guardano anche all’opinione del governo, che forse in questa fase preferirebbe più un interlocutore nel segno di una certa continuità come Licia Mattioli che un personaggio carismatico e mediatico, ma molto più “nordico”, come Bonomi.

 

PUBBLICITÁ

Rispetto a un anno fa, quando erano in sella i gialloverdi e il blocco padano protestava violentemente per lo stop alla Tav (proteste comunque sempre condivise anche da Mattioli) tira una certa aria di patto sociale, che echeggia anche nel documento congiunto tra associazioni imprenditoriali e sindacati di qualche giorno fa. Lo sblocco dei cantieri è ovviamente nei programmi di entrambi i candidati, mentre sul terreno fiscale e di bilancio l’intesa per l’esecutivo appare più facile con Mattioli che non con Bonomi, il quale ha molti sostenitori tra gli imprenditori più vicini alla Lega pur non essendo leghista. Sia Bonomi sia Mattioli sono ovviamente europeisti, con qualche esperienza in più per la vicepresidente uscente che ha appunto avuto la delega per l’internazionalizzazione, ha più forti legami con Bruxelles e con le associazioni industriali francesi e tedesche.

 

La stessa emergenza coronavirus e le ricadute economiche sembrerebbero chiedere più un clima di concordia che non di ruvida dialettica. Ma come è quasi sempre accaduto in passato, queste considerazioni possono essere smentite. Tutti e due i candidati hanno negli ultimi tempi adottato un profilo politico basso e Bonomi si presenta al rush finale in vantaggio. Dopo l’uscita da Confindustria di Fca (decisa da Sergio Marchionne) e della Luxottica di Leonardo Del Vecchio, mancano i grandi player dell’industria privata in grado di orientare voti. La mano pubblica può fare la differenza, versa alla Confindustria molti contributi ma fin qui non è apparsa molto interessata a chi comanda in viale dell’Astronomia.

PUBBLICITÁ