Claudio Descalzi (foto LaPresse)

Descalzi disegna la "nuova Eni" dei prossimi trent'anni

Mariarosaria Marchesano

Il colosso italiano ridurrà le emissioni dell'80 per cento entro il 2050, oltre la soglia prevista dagli accordi di Parigi. Titolo in profondo rosso in un'altra giornata di panico per Piazza Affari

Milano. A inizio febbraio British Petroleum ha sbalordito gli investitori con la promessa di azzerare le emissioni di carbonio entro il 2050 se non prima. Sono seguite le mosse di Royal Dutch Shell e di Repsol con annunci analoghi. E adesso anche il colosso italiano Eni, guidato da Claudio Descalzi, accelera sulla strada della transizione energetica con un doppio piano strategico che, in sostanza, disegna l’evoluzione del gruppo nei prossimi 30 anni. Il cane a sei zampe vuole ridurre dell’80 per cento le emissioni entro il 2050, ben oltre, quindi, la soglia del 70 per cento prevista dagli accordi di Parigi. Ma prima si passerà per una tappa intermedia: la produzione di idrocarburi continuerà a crescere raggiungendo il picco nel 2025, dopodiché ci sarà un “calo flessibile, principalmente per il petrolio” e sarà la produzione di gas a costituire circa l’85 per cento del totale nel 2050. E nelle energie rinnovabili saranno investiti 32 miliardi di euro.

 

L’idea di Descalzi, che stamattina ha illustrato il piano alla comunità finanziaria, è quella di coniugare l’obiettivo di continuo sviluppo del mercato dell’energia con una “significativa riduzione dell’impronta di carbonio in portafoglio”. Un connubio ritenuto da molti quasi impossibile, come lo stesso amministratore delegato ha ammesso, ma che diventa realizzabile se si considerano la qualità degli asset, le tecnologie e le competenze che ci sono all’interno del gruppo. Insomma, l’Eni vuole diventare la “Nuova Eni”. Ed è proprio questa doppia sfida che rende necessaria la continuità gestionale nei prossimi anni, che –  molto probabilmente – terrà Descalzi al suo posto nella tornata di nomine che si prepara per le società a partecipazione pubblica, secondo quanto riferito dall’agenzia Reuters che cita fonti governative.

 

L’impegno di Eni e degli altri produttori dimostra quanto sia forte la pressione sulle compagnie petrolifere affinché agiscano sui cambiamenti climatici, non solo da parte di attivisti ambientali, ma anche di un numero sempre maggiore di investitori, come i fondi pensione. “Abbiamo progettato una strategia che combina sostenibilità economica con la sostenibilità ambientale. Ciò consentirà a Eni di essere leader nel mercato della fornitura di prodotti energetici decarbonizzati”, ha affermato l’amministratore delegato confermando così la tendenza in atto tra i grandi produttori mondiali di energia a espandersi nelle rinnovabili, a far leva su tecnologie in grado di catturare e immagazzinare carbonio e prevedere il ritiro di combustibili fossili più inquinanti.

 

Secondo gli analisti di Equita, il cambio di rotta significativo nel business model annunciato oggi, in linea con un trend già impostato da un paio d’anni da Eni stessa, potrebbe avere un duplice effetto. Da un lato, renderà più appetibile il titolo in Borsa dopo che aveva risentito del sentiment negativo degli investitori più sensibili alle tematiche ambientali e, dall’altro, favorirà possibili partnership con altri operatori per assecondare la crescita aggressiva nel settore delle rinnovabili.

 

In una nuova giornata di panico per Piazza Affari a causa dell’emergenza coronavirus, il titolo Eni registra una perdita del 3,5 per cento in tarda mattinata, quasi un punto percentuale superiore rispetto all’indice Ftse Mib, a causa dei conti del quarto trimestre 2019, annunciati contestualmente al piano industriale e risultati inferiori alle attese degli analisti. Il periodo ha chiuso con una perdita netta di 1,9 miliardi, ma con un utile di 0,15 miliardi nell’anno (contro 4,1 miliardi nel 2018) e debiti balzati a 11 miliardi. In crescita anche quest’anno la cedola per gli azionisti (+3,5 per cento a 0,89 euro per azione).