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Ambientalisti con le batterie scariche

Paola Peduzzi

Il Portogallo ha un sogno europeo per il litio, ma deve prima superare le forti resistenze dei soliti catastrofisti

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Milano. In Portogallo è scoppiata la “febbre da litio”, la smania di rendere concreta la promessa fatta dal governo già nel 2018 di diventare un centro imprescindibile per l’estrazione e la vendita di questo metallo che è diventato decisivo per la durata delle batterie: non soltanto dei nostri smartphone ovviamente, ma soprattutto delle batterie delle automobili elettriche. Il progetto continua a slittare perché manca una legge che stabilisca gli standard ambientali necessari per avviarlo, e come ha scritto il Financial Times si stanno scontrando due visioni diverse per la salvaguardia dell’ambiente. E’ un conflitto che si presenta e si presenterà con sempre maggiore frequenza: l’innovazione permette di salvare il pianeta o è destinata a sfruttare tutte le risorse finché ci sono per poi consegnarci a un declino irreversibile, e caldissimo? Siamo sempre qui: catastrofisti da una parte, eco-ottimisti dall’altra.

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Milano. In Portogallo è scoppiata la “febbre da litio”, la smania di rendere concreta la promessa fatta dal governo già nel 2018 di diventare un centro imprescindibile per l’estrazione e la vendita di questo metallo che è diventato decisivo per la durata delle batterie: non soltanto dei nostri smartphone ovviamente, ma soprattutto delle batterie delle automobili elettriche. Il progetto continua a slittare perché manca una legge che stabilisca gli standard ambientali necessari per avviarlo, e come ha scritto il Financial Times si stanno scontrando due visioni diverse per la salvaguardia dell’ambiente. E’ un conflitto che si presenta e si presenterà con sempre maggiore frequenza: l’innovazione permette di salvare il pianeta o è destinata a sfruttare tutte le risorse finché ci sono per poi consegnarci a un declino irreversibile, e caldissimo? Siamo sempre qui: catastrofisti da una parte, eco-ottimisti dall’altra.

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Nel villaggio del nord del Portogallo al confine con la Spagna, Covas do Barroso, il conflitto è vita quotidiana, scelte immediate, perché i giacimenti di litio sono a un passo da qui e costituiscono una risorsa che può cambiare il futuro di una zona povera del paese che ha patito lo choc finanziario di dieci anni fa e le difficoltà nel ritrovare una nuova stabilità. Il governo guidato dal socialista Antonio Costa – ha vinto le elezioni nell’ottobre scorso ma non ha siglato nessun patto con le forze di sinistra come aveva fatto nel suo primo mandato: ha scelto la strada del governo di minoranza perché ha giudicato troppo onerose le richieste dei suoi ex partner di coalizione – ha detto che il progetto sul litio porterà investimenti per oltre tre miliardi di dollari e sta cercando il sostegno europeo per diventare il principale esportatore di litio in Europa.

 

Al momento il fabbisogno di questo metallo per le batterie industriali è coperto dalle importazioni che provengono esclusivamente fuori dal continente (da Cina, Australia e America latina) e il Portogallo vuole rivoluzionare l’approvvigionamento con il litio “made in Europe”. Ma Costa ha dovuto rimandare già molte volte il suo progetto perché ci sono grandi proteste che vanno al di là delle comunità locali – che sono comunque agguerritissime – e che riguardano un approccio di lungo periodo a un problema che è imminente e urgente. L’azienda che si deve occupare dell’estrazione e della raffinazione del litio, la Savannah Resources (che è basata nel Regno Unito: questo potrebbe essere uno dei tanti casi in cui l’appartenenza all’Europa resiste nei fatti, nonostante le scelte di Londra), sostiene che con più litio a portata di mano si potranno progressivamente ridurre le emissioni di anidride carbonica, agevolando l’utilizzo di motori elettrici di basso impatto ambientale – e le comunità locali avrebbero un grande beneficio, più posti di lavoro, più investimenti, più chance di rinascita e di crescita. I movimenti locali, che stanno cercando e trovando appoggio anche fuori dal Portogallo, sostengono che la lavorazione del litio costituisce uno scempio ambientale che finirà per deprimere ulteriormente un’area già debole (oltre alla crisi economica qui gli incendi nel 2017 sono stati devastanti).

 

Il governo socialista sta lavorando a una legge che imponga alle aziende degli standard ambientali adeguati: era attesa per la fine del 2019, ora i ministri dell’Ambiente e dell’Energia dicono che entro la fine di marzo la questione sarà risolta. Ma le petizioni e le proteste continuano a crescere, c’è chi manifesta anche a Lisbona perché il rischio di distruzione a causa di questa febbre sciagurata, dicono i sostenitori, non riguarda un remoto villaggio di confine, ma l’intero sistema paese. Il governo, in collaborazione con le aziende interessate allo sfruttamento delle miniere, continua a pubblicare documenti di sostenibilità che mostrano come il risultato netto dell’operazione sia positivo anche a livello ambientale – oltre alla riduzione delle emissioni c’è l’abbattimento dell’inquinamento prodotto dal trasporto di litio da paesi extra europei – ma i manifestanti sostengono che l’esecutivo vede soltanto la rendita economica a discapito del benessere sociale: siamo di fronte al solito capitalismo rapace con gli occhi a forma di euro, dicono. Il conflitto è tutto qui, e intanto continuano ad arrivare richieste per avviare le esplorazioni, perché davvero il litio made in Europe può trasformare l’Europa, se ci si mette d’accordo.

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