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Anno nuovo, fiducia in calo

Redazione

Scende l’indice Pmi. Le discontinuità che servono con il governo gialloverde

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L’indice di dicembre Pmi (Purchasing manager index) della manifattura italiana scende a 46,2 punti, un calo brusco rispetto sia al 47,6 di novembre sia alle attese degli analisti di un 47,2. Diffuse contemporaneamente in tutta Europa, sono le previsioni dei responsabili acquisti delle imprese, e sono il maggior indicatore di fiducia del mondo imprenditoriale. L’Italia è al 17 mese consecutivo di calo con un trend che torna al livello del 2013. Nell’eurozona l’indice Pmi è scivolato da 46,9 a 46,3, meglio però delle aspettative poste a 45,9. Ad eccezione dell’Austria (indice stabile) tutti i paesi sono in negativo, in particolare la Germania (43,7) con un ribasso per il dodicesimo mese consecutivo. Le altre economie registrano minimi trimestrali; solo l’Italia, assieme ai Paesi Bassi (48,3), va indietro di sei anni.

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L’indice di dicembre Pmi (Purchasing manager index) della manifattura italiana scende a 46,2 punti, un calo brusco rispetto sia al 47,6 di novembre sia alle attese degli analisti di un 47,2. Diffuse contemporaneamente in tutta Europa, sono le previsioni dei responsabili acquisti delle imprese, e sono il maggior indicatore di fiducia del mondo imprenditoriale. L’Italia è al 17 mese consecutivo di calo con un trend che torna al livello del 2013. Nell’eurozona l’indice Pmi è scivolato da 46,9 a 46,3, meglio però delle aspettative poste a 45,9. Ad eccezione dell’Austria (indice stabile) tutti i paesi sono in negativo, in particolare la Germania (43,7) con un ribasso per il dodicesimo mese consecutivo. Le altre economie registrano minimi trimestrali; solo l’Italia, assieme ai Paesi Bassi (48,3), va indietro di sei anni.

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È evidente che la frenata internazionale – peraltro è arrivata la conferma della firma della fase uno dell’accordo sui dazi Usa-Cina, che si è riflesso sulla performance di Piazza Affari – influisca fino a un certo punto. C’è un pessimismo tutto italiano del mondo imprenditoriale che non vede una così netta discontinuità sulle ragioni di fondo della crescita economica tra governo gialloverde e giallorosso. Solo per fare un esempio il 19 dicembre il Foglio aveva registrato il malessere del nuovo presidente di Confindustria Veneto, Mario Carraro, critico ieri dell’esecutivo populista-sovranista e oggi di quello populista-europeista.

 

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La disillusione, che poi determina il delta negativo di crescita tra Italia e resto d’Europa, coincide con la manovra di bilancio: mentre i grillo-leghisti attuarono due misure assistenziali, Reddito di cittadinanza e Quota 100, Pd e 5S si sono mossi in continuità: mantenimento delle leggi simbolo di spesa e un po’ di microtasse per far quadrare i conti con un deficit in crescita ma non troppo (unica discontinuità: il risparmio di spesa per interessi dovuta al calo dello spread). Si moltiplicano i richiami etici, le minacce giudiziarie e di revoche, mentre nessuna misura pro-crescita è in cantiere. “Il partito del Pil è uno slogan, nessuno se ne occupa” ha detto al Foglio Carraro. C’è il rischio che dopo il tonfo del 2019, anche il 2020 si riveli un altro anno non proprio “bellissimo”.

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