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Come negoziare il Mes

Pier Carlo Padoan

Va bene riformare l’euro con approcci “a pacchetto”. Ma per cambiare le regole bisogna prima rispettarle

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Il “gran dibattito” sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) ha portato alla ribalta l’approccio “del pacchetto” al negoziato sull’architettura dell’Unione monetaria europea. L’idea di base è semplice (e condivisibile). Ciò che serve per rafforzare l’euro non è (solo) il Mes ma una serie di misure, o strumenti, che nel loro insieme possano servire allo scopo di accrescere la stabilità dell’euro e la resilienza dell’economia europea. L’elenco è noto. Oltre al rafforzato Mes occorre completare l’Unione bancaria con l’introduzione del meccanismo di assicurazione dei depositi. Ma evitando di introdurre fragilità nei bilanci delle banche ove si adottassero criteri di ponderazione dei rischi dei titoli di stato. Occorre avviare il percorso verso uno strumento europeo di politica fiscale, magari a partire dallo stesso bilancio dell’Unione, che comprenda un meccanismo di stabilizzazione, magari costituito da un sistema di assicurazione contro la disoccupazione ciclica. Bisogna avviare il percorso verso l’introduzione di un titolo europeo, un “safe asset” che permetta di superare i problemi legati alla diversità dei rischi sui titoli nazionali e ponga le basi per l’emissione di un debito europeo. 

 

I benefici di un pacchetto sono duplici: sostanziali e negoziali. Sostanziali perché una volta attivate tutte le componenti del pacchetto la solidità dell’Unione monetaria ne sarebbe fortemente rafforzata con conseguenze positive su crescita e occupazione. Negoziali perché nel percorso verso il completamento del pacchetto può risultare più facile un negoziato che affronti un tema alla volta, ma che leghi il risultato della trattativa individuale al mantenimento di una “road map” che tenga conto delle esigenze di tutte le parti in causa. Aggiungerei una terza ragione per privilegiare un pacchetto. I benefici politici legati alla possibilità di aggiustare il tiro del processo di integrazione europea, eventualmente anche rivendendo le priorità. Per chiarire, l’agenda per la riforma dell’euro dovrebbe prendere in maggiore considerazione il tema della crescita e dell’occupazione. Anche in questo modo si potrebbe offrire una risposta concreta a quanti sono scontenti dell’Europa e delle sue politiche.

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Ma un pacchetto corre anche rischi non marginali di implementazione. Una volta concluso l’accordo su una componente del pacchetto ci potrebbe essere la tentazione, da parte di chi ha ottenuto risultati vantaggiosi, di non accettare il negoziato sul passo successivo se questo richiedesse concessioni sostanziali a chi (la controparte) ha, a sua volta, fatto concessioni in passato. Ci sarebbe, in altri termini, sempre il rischio del “comportamento opportunistico” (free riding) ai danni di chi ha fatto concessioni per primo e/o ai danni di chi si mostra più debole al tavolo del negoziato o ai danni di chi viene percepito come “diverso”, cioè come qualcuno che non appartiene “al club” e di cui quindi non ci si può fidare. L’esperienza insegna infatti che per cambiare le regole del club bisogna in primo luogo rispettare le regole in vigore per acquisire la fiducia degli altri partecipanti. Questo vale per l’Italia come per gli altri partner europei. Il nostro paese dunque fa bene a proporre un approccio “pacchetto” ma deve chiarire, prima di tutto a se stessa, che tipo di comportamento seguire nel “negoziato ripetuto” che il pacchetto prevede. L’Italia può decidere di minacciare un voto contrario, o nel caso di un accordo intergovernativo, può decidere di non parteciparvi. Nel caso del trattato Mes (accordo intergovernativo) il beneficio atteso della non partecipazione sarebbe quello di non dovere rispettare le regole di accesso alle risorse. Il costo sarebbe ovviamente quello di non potere disporre delle risorse medesime. Ma ci sarebbe anche il costo reputazionale di chi non accetta di partecipare al club e il costo istituzionale di essere probabilmente escluso da futuri negoziati sulla costruzione istituzionale.

 

Viceversa, l’Italia può decidere di ratificare il trattato sul Mes ponendo, allo stesso tempo, condizioni molto chiare sulla non accettabilità di meccanismi di ponderazione del rischio dei titoli sovrani che rappresenterebbe una grave fonte di rischio per le banche e per i risparmi degli italiani e di cui, invece, si parla assai poco.

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