Matteo Salvini (foto LaPresse)

Il caos è rimandato a settembre e solo quota 105 può salvare Salvini

Mariarosaria Marchesano

Scampata la procedura d’infrazione bisognerà rivedere la misura leghista per far tornare i conti della manovra. Parla Codogno

Milano. Essere rimandati a settembre non è un dramma se durante l’estate si studia e si fanno tutti i compiti assegnati. Così, per l’Italia avere ottenuto dalla Commissione europea una promozione con riserva sui conti pubblici potrebbe essere l’occasione per presentarsi alla prossima valutazione con un progetto di bilancio per il 2020 in linea con la richiesta di una progressiva riduzione del deficit. Ma tutto questo rischia di non accadere perché il governo gialloverde ha fatto promesse elettorali che non può disattendere. Promesse che, come fa notare Lorenzo Codogno, per vari anni capo economista del ministero dell’Economia e fondatore della società di consulenza indipendente LC Macro Advisors, hanno consentito alla Lega di continuare a crescere nei consensi anche dopo le elezioni europee. E proprio questo rafforzamento avrebbe, secondo Codogno, reso molto meno probabile uno scenario di elezioni anticipate a settembre poiché “Matteo Salvini appare più propenso a prolungare l’attuale limbo, in cui condivide il governo con il M5S, e a spostare al prossimo anno il momento in cui potrebbe staccare la spina”.

 

Questa premessa è indispensabile per capire in quale clima si svolgerà il confronto sull’aggiornamento al documento di programmazione economica in autunno. All’appuntamento la Lega si presenterà forte del suo crescente consenso, ma bisognerà vedere se sarà responsabile al punto da fare l’unica mossa che, secondo Codogno, potrà garantire sostenibilità ai conti pubblici dell’Italia nel medio-lungo periodo e scongiurare un nuovo confronto con Bruxelles sul bilancio 2020: “Occorre modificare la misura sulle pensioni trasformandola progressivamente in quota 105”, dice Codogno. Non si tratta di una battuta, ma della stima fatta da chi di saldi di finanza pubblica se ne intende e ha calcolato che spostando in avanti di cinque anni il ritiro dal lavoro, la riforma cara alla Lega potrebbe stare in piedi. “Negoziando con l’Unione europea, il governo dovrebbe aver imparato la lezione. Scampato il pericolo di una procedura d’infrazione, a settembre bisognerà mettere nero su bianco le cifre della legge di Bilancio pensando a una prospettiva di sostenibilità. Con l’attuale Quota 100 si mandano i lavoratori in pensione a 62 anni e conti non tornano”, dovranno andarci a 67. La misura voluta dalla Lega si è rivelata alla fine il vero anello debole della politica fiscale del governo gialloverde, poiché “fa aumentare la spesa pensionistica in modo permanente, mentre per il reddito di cittadinanza, pur essendo stato attuato in modo sbagliato, almeno vi è la speranza che con il tempo possa diventare uno strumento di politica attiva sul mercato del lavoro in linea con il resto d’Europa”.

 

Ma trasformare quota 100 in quota 105 non equivale a un ritorno alla legge Fornero, cosa che difficilmente la Lega riuscirebbe a spiegare al suo elettorato? “In termini di sostenibilità, si, sarebbe un ritorno all’equilibrio, anche se quota 105 presenterebbe margini di flessibilità che la Fornero non aveva e una maggiore omogeneità nei trattamenti pensionistici”. Codogno pensa che i numeri di finanza pubblica del governo per il 2019 siano credibili e l’Italia possa essere non lontana dagli obiettivi fissati. “Tuttavia, la maggior parte dei risparmi che il governo è riuscito a ottenere con l’assestamento di bilancio sono una tantum e non migliorano molto il deterioramento strutturale previsto a partire dal 2020”. Se questa volta si è riusciti a trovare all’ultimo secondo 7,6 miliardi per ridurre il deficit evitando la procedura d’infrazione, non è detto che la manovra riesca anche il prossimo anno perché il fondo del barile è già raschiato e l’unica alternativa resta l’indesiderato aumento dell’Iva, che per questo governo sarebbe l’ultima spiaggia.